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CANTONE«Basta che un paziente fraintenda per trovarsi al banco degli imputati»

04.12.17 - 19:12
La difesa ha chiesto l’assoluzione dell’ergoterapista e un risarcimento di oltre 600mila franchi
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«Basta che un paziente fraintenda per trovarsi al banco degli imputati»
La difesa ha chiesto l’assoluzione dell’ergoterapista e un risarcimento di oltre 600mila franchi

LUGANO - Ha passato 266 giorni in carcere, tra carcerazione preventiva e di sicurezza. Trascorrendo 23 ore al giorno in cella, anzi 24, perché spaventato da cosa gli avrebbero potuto fare gli altri carcerati scoprendo i reati di cui è accusato. La sua carriera sarebbe per sempre rovinata anche in caso di piena assoluzione, per il clamore suscitato da questo procedimento. È per questo che gli avvocati del 52enne ergoterapista, a processo per presunti abusi su sei pazienti, oltre all’assoluzione hanno chiesto un risarcimento di oltre 600mila franchi, tra torto morale, ingiusta carcerazione, perdita di guadagno e spese legali.

Secondo la difesa, promossa dagli avvocati Daniele Iuliucci e Simone Creazzo, l’imputato è vittima di un errore giudiziario. Il suo caso potrebbe costituire un precedente che, dicono, sta preoccupando numerosi professionisti in tutto il Cantone. «Bastano un paziente che fraintende una manipolazione e un procuratore particolarmente sensibile a determinati temi per trovarsi seduti al banco degli imputati», ha detto Iuliucci. Ed è proprio ciò che sarebbe accaduto a «un ergoterapista stimato e rispettato», a causa di un’inchiesta «condotta con superficialità».

La difesa ha contestato dapprima le accuse riguardanti i quattro pazienti che non accusano il terapista. Questi non si sarebbero mai sentiti in condizione di inferiorità né vittime di alcun atto sessuale. «È un bravo terapista, dal carattere gentile ed empatico, nulla più», ha detto la difesa, cercando di contestualizzare tutte le pratiche contestategli, giustificandone il fine terapeutico. L’ergoterapista avrebbe invece usato tecniche di stimolazione dei «trigger point», la pressione di alcuni punti nevralgici in grado di curare alcuni sintomi e riflettersi così sullo stato generale di salute.

Contestato, in larga parte, anche il reato di pornografia. Secondo la difesa sono assenti le prove di visione di filmati o immagini pedopornografiche. Ammessa invece la visione, per curiosità, di cinque filmati di pornografia con animali, ma di questi solo due sarebbero stati riprodotti per oltre 10 secondi (1 minuto e 43 in totale). E anche il gran numero di porno consumati (20mila link) non sarebbero sintomo di una sessualità distorta dell’imputato. L’avvocato Creazzo ha spiegato come una singola seduta di pornografia su internet, tra pop up e rimandi forzati, possa registrare in cronologia fino a 30/40 link: la cifra di 20mila link in un periodo di oltre 4 anni non può quindi essere giudicata anormale per un cinquantenne divorziato. 

I difensori si sono infine impegnati a smontare le versioni dei due pazienti che hanno denunciato il terapista. Le loro versioni sono state definite non lineari e piene di incongruenze e contraddizioni. Più volte gli avvocati hanno rimarcato le sensibili differenze nelle dichiarazioni che i pazienti hanno fornito negli interrogatori e quelle invece fornite quando sono stati messi a confronto con l’imputato. Versioni confuse, dovute anche allo stato di salute di una delle vittime, che ha causato una percezione distorta della realtà. Versioni dalle quali «è anche difficile capire quali fatti costituenti reato sono contestati». 

Per questo motivo i legali hanno chiesto il proscioglimento dai reati contestati (tranne in minima parte quello di pornografia, per cui si chiede l’esenzione della pena), chiedendo un indennizzo di oltre 600mila franchi (73mila per il torto morale e l’ingiusta carcerazione, 420mila per la perdita di guadagno e circa 130mila per le spese legali). In caso di condanna, in ogni caso, i difensori hanno chiesto una pena che comunque preveda la liberazione immediata del terapista. Il quale si è rivolto infine alla Corte ringraziandola per averlo «ascoltato senza pregiudizi». Aggiungendo: «In coscienza mia ho fatto il massimo per il bene dei miei pazienti».

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