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CANTONEStrage di pecore: «Le Autorità si devono dare una mossa»

30.01.17 - 16:46
Il presidente dell'Associazione ticinese per un territorio senza grandi predatori chiede una soluzione: «Altrimenti sarà la fine per il nostro allevamento di bestiame»
Strage di pecore: «Le Autorità si devono dare una mossa»
Il presidente dell'Associazione ticinese per un territorio senza grandi predatori chiede una soluzione: «Altrimenti sarà la fine per il nostro allevamento di bestiame»

LUGANO - La strage di pecore in Leventina non ha lasciato indifferenti gli allevatori. E qualcuno chiede che vengano presi provvedimenti. «Se uno alleva i propri animali per passione, di fronte a questo episodio i sentimenti che prova non possono che essere due: un grande senso di scoraggiamento e di frustrazione, ma anche di impotenza di fronte a un fenomeno incontrollabile che ti fa dire "basta, il mio ideale di allevatore di montagna è finito. In una notte si è spezzato tutto. Vendo tutto e cambio vita"». A parlare è Armando Donati, presidente dell'Associazione ticinese per un territorio senza grandi predatori che non nasconde un altro sentimento, quello della rabbia. «nei confronti del lupo, ma anche di coloro che continuano a sostenere, senza essere allevatori, che la convivenza tra lupo e allevamento è possibile», prosegue.

Di fronte all'impossibilità di uccidere il lupo Donati rievoca casi del passato (a Cerentino, nel 2013 con 14 capi predati anche se allora le pecore non erano in un recinto, a Magadino, nello stesso anno, 7 capi predati) e prosegue: «Ne capiteranno ancora. Come questo e anche peggiore di questo».

Da qui la sua critica contro le Autorità, «federali e cantonali, ben coscienti che vi è a rischio l’esistenza dell’allevamento tradizionale di montagna, poichè l’espansione del lupo è sempre più forte. Si limitano a esprimere sostegno e comprensione per gli allevatori colpiti, a proporre palliativi inutili, a spendere denaro pubblico per degli studi inconcludenti».

Il Gran Consiglio ticinese nel 2010 aveva deciso che “oltre al risarcimento dei capi predati, vanno risarciti i costi derivanti dalla ricerca e dal recupero dei resti delle carcasse, nonchè la perdita di prodotto conseguente”. «Sono trascorsi 6 anni e il Consiglio di Stato non ha ancora emanato il relativo regolamento per cui di risarcimenti, nemmeno l’ombra», incalza Donati. Che cita il caso vallesano: «È l’unico cantone che ha osato agire: nel novembre 2014 ha inoltrato un’iniziativa cantonale per chiedere al Consiglio federale di “denunciare la Convenzione di Berna e negoziare una nuova adesione introducendo però una riserva che escluda la protezione del lupo, analoga a quella ottenuta da 12 dei 27 Stati contraenti”; iniziativa che è stata avversata dal Consiglio federale, è stata rigettata dal Consiglio degli Stati nel 2015 ed è stata accolta dal Consiglio nazionale nel novembre 2016. Fra qualche mese ritornerà agli Stati, ma anche se fosse accettata, trascorreranno ancora anni prima che ci sia una decisione definitiva. E intanto i lupi aumentano, le predazioni pure e l’allevamento muore».

Donati chiude con un appello che suona quasi come un ultimatum: «Se le autorità non si danno una mossa per cercare di contenere il fenomeno, sarà la fine del nostro allevamento di bestiame».

 

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