La risposta della Scuola dell’Infanzia: «Non è possibile. La refezione è parte integrante dell’attività educativa
LUMINO - «Abito a due passi dalla scuola, perché non posso portare mia figlia a casa per l’ora di pranzo?». È questa, in estrema sintesi, la richiesta fatta da una famiglia di Lumino alla direzione della Scuola dell’Infanzia in via Bertè. Una domanda semplice, all’apparenza, ma che ha generato un polverone.
Il rifiuto - «La vostra richiesta non può essere accolta», risponde alla famiglia, su richiesta dell’istituto scolastico chiamato in causa, l’Ispettorato scolastico del circondario di Bellinzona. La ragioni del rifiuto sono diverse e articolate, ma in estrema sintesi «nella scuola d’infanzia la refezione è parte integrante dell’attività educativa». Di conseguenza imprescindibile salvo gravi motivi di salute o di ordine familiare.
La famiglia non ci sta - Una risposta, questa, che la famiglia non digerisce. «La fortunata vicinanza tra casa e scuola, e la condizione di casalinga di mia moglie, ci sembrano già di per sé ragioni valide, ma non sono le sole», ci spiega il padre della piccola. Che ci tiene a sottolineare le specifiche esigenze alimentari dietro la volontà di togliere la loro bambina dalla refezione scolastica. O almeno di limitarla a pochi giorni la settimana. «Siamo flexitariani. A casa mangiamo carne una volta ogni tre settimane, contro carne o pesce tre volte su quattro alla mensa scolastica. E la scegliamo di produzione biologica. Preferiamo anche un uso il più limitato possibile di zuccheri e dolci industriali. Mentre a scuola danno il gelato».
Paura della qualità del cibo, ma non solo - È il padre, in particolare, a premere perché sua figlia possa mangiare a casa: «Tra lavoro e studio parto la mattina alle 07:30 e torno alle 22:15. L’unico momento disponibile per vedere mia figlia è il mezzogiorno». Ed infine c’è pure una questione economica: «Quei 70 franchi al mese potremmo risparmiarceli. Fare da mangiare per due e per tre non fa differenza».
Il ricorso - Da queste considerazioni al ricorso il passo è breve. E qui accade che il Governo risponde non dando ragione a nessuno. O meglio, il Consiglio di Stato trova un vizio di forma nella decisione dell’Istituto che rende nulla la risposta. «Il ricorso è irricevibile - spiega - in quanto la decisione circa la partecipazione alla refezione è stata emanata da un’autorità incompetente. Quindi nulla». Il motivo? Non doveva essere l’Ispettorato scolastico a rispondere ai familiari, ma la Direzione dell’istituto stesso. Spetta alla Scuola dell’Infanzia valutare il singolo caso e prendere posizione.
La decisione resta la stessa - E l’Istituto, in effetti, ha preso posizione, rimanendo sulla stessa linea. «Al momento non possiamo esprimerci. Siamo in attesa della nuova decisione del Consiglio di Stato», spiega Efrem Pedrazzi, direttore della Scuola d’infanzia, che resta fermo sulle sue posizioni: «La refezione, come indica la legge, è parte integrante dell'insegnamento. Non è possibile bypassare le leggi e i regolamenti della scuola», sottolinea.
Pedrazzi non è assolutista, ma le eccezioni sono possibili, spiega, solo per determinati casi: «È ovvio che in presenza di un grave disturbo alimentare, accertato da un medico, si possa essere dispensati dalla refezione scolastica. Ma non è questo il caso. La bambina è in salute e non ha nessun problema alimentare».
Il Direttore difende la qualità degli alimenti proposti ai suoi bambini: «I menù sono cantonali. Ci sono controlli e norme severe. Non possiamo fare una menù à la carte per i bambini». Pedrazzi sembra confidare che il Governo sarà del suo stesso avviso: «La decisione è avvenuta per un vizio di forma. Abbiamo corretto la procedura. Attendiamo ora la risposta».