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LUGANO«Aveva infranto la regola d'oro del carcere: aveva parlato con le guardie»

28.04.16 - 10:15
«Chi parla con le guardie è un infame». Stupefacenti e liti in cella, iniziato il processo
«Aveva infranto la regola d'oro del carcere: aveva parlato con le guardie»
«Chi parla con le guardie è un infame». Stupefacenti e liti in cella, iniziato il processo

LUGANO – Nell’autunno 2010 aveva aggredito un turista alla pensilina di Lugano. E mentre si trovava in carcere a scontare la pena di quattro anni e mezzo si è reso colpevole di nuovi reati. Si è dunque aperto oggi, alle Criminali di Lugano presiedute dal giudice Mauro Ermani, il processo nei confronti di un 28enne, difeso dall’avvocato Gabriella Mameli. Davanti alla Corte deve rispondere di infrazione e contravvenzione alla legge federale sugli stupefacenti, ripetuta coazione, estorsione (in parte tentata) e ripetute lesioni semplici.

Mentre nel 2014 si trovava allo Stampino – come si evince dall’atto d’accusa firmato dal procuratore pubblico Paolo Bordoli – l’imputato ha consumato senza autorizzazione un quantitativo imprecisato di marijuana. E sempre nel 2014 ha malmenato un’altra persona, costringendola in altre occasioni a inserirsi una sigaretta nell’ano e poi di fumarsela, e a consegnargli dei soldi.

«Era uno scherzo» - Un compagno di carcere preso di mira, svegliato, buttato giù dal letto e poi rinchiuso in un lenzuolo per farlo dondolare e lanciarlo in giro per la cella. L’episodio si è verificato nell’agosto 2014. Gli autori: l’imputato e altri tre persone. Ma qual era il motivo alla base di questo fatto? «Era uno scherzo» spiega il 28enne davanti al giudice.

La regola d’oro – In carcere non si parla con le guardie. Ma il compagno preso di mira, l’aveva fatto. Aveva infranto una regola d’oro. «Chi si comporta in questo modo, viene definito “infame”». Il compagno aveva lamentato il furto del cellulare e aveva pure raccontato di essere stato malmenato. L’imputato lo era dunque venuto a sapere e aveva reagito male. Da qui sarebbe scaturita la richiesta di soldi, oltre ad altre violenze sulla vittima. Una versione, questa, che l’imputato tuttavia nega, sostenendo che i soldi erano per la vendita di una cinquantina di pastiglie.

La sigaretta nell’ano - «Mi aveva portato un sacchetto di marijuana, ma mi ero reso conto che aveva un cattivo odore». L’imputato racconta quindi l’episodio, in cui aveva costretto il compagno a infilarsi una sigaretta nell’ano e poi di fumarsela. All’origine del fatto c’era il sacchetto maleodorante, che era stato nascosto nelle mutande per essere introdotto nella struttura carceraria.

Questione di autocontrollo? - «Penso di avere un problema di autocontrollo, su cui sto lavorando con la psicologa. Ma non ritengo di essere ammalato». È quanto afferma il 28enne davanti alla Corte. L’imputato è stato oggetto di tre perizie psichiatriche, tra cui quella del dottor Carlo Calanchini che parla di «disturbo di personalità di tipo antisociale». Un disturbo, questo, che «generalmente non può essere curato con una misura stazionaria». Il giudice sottolinea allora che è bastato trasferire il 28enne dalla struttura chiusa a quella aperta, perché il disturbo si manifestasse. E anche nel 2010, ricorda Ermani, il 28enne era uscito dal carcere da soli dieci giorni prima di compiere i «gravissimi fatti» della pensilina. Tutte le perizie stabiliscono un elevato rischio di recidiva, Calanchini parla del 50%.

Nel primo pomeriggio la parola passerà alle parti.

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