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CANTONE"La nostra "condanna"..."

23.05.14 - 16:02
Tettamanti di Ticinowine guarda al futuro della vitivinicoltura ticinese con fiducia: "Le superfici stanno aumentando, così come l'interesse nel settore"
Foto Keystone / Ti-Press
"La nostra "condanna"..."
Tettamanti di Ticinowine guarda al futuro della vitivinicoltura ticinese con fiducia: "Le superfici stanno aumentando, così come l'interesse nel settore"

LUGANO - Quanto è importante il settore vitivinicolo in Ticino? Quale collaborazione con il mondo gastronomico e turistico? Per capire quanto sia importante il settore in Ticino e se sia espressione fino in fondo del suo territorio e della sua tradizione abbiamo raggiunto Francesco Tettamanti, direttore di Ticinowine, associazione che promuove il vino ticinese in Ticino e in Svizzera.

Nel nostro cantone sono parecchi gli eventi legati al vino. Sabato e domenica si terrà "Cantine aperte": "una grande fiera itinerante - ha sottolineato Tettamanti - che tocca tutto il territorio cantonale vitivinicolo". Quest'anno sono 65 le cantine che aprono le loro porte agli enoturisti. "Stiamo constatando una crescita d'interesse importante, ha aggiunto Tettamanti. L'anno scorso abbiamo contato 12mila presenze".

In Ticino si contano poco meno di 250 produttori di vino di cui una 70ina coprono oltre il 90% della produzione. "Per i professionisti vi è un altro evento al Palazzo dei Congressi, ogni primo lunedì di settembre. Per un'intera giornata gli interessati possono degustare ed allacciare contatti con i produttori". Una manifestazione che attira ben 2.500 persone, dai giornalisti specializzati agli appassionati di enogastronomia.

"E poi ci sono tanti altri eventi. C'è la festa del vino di Bellinzona, la festa d'autunno di Lugano e altri momenti dedicati al vino ticinese sempre più importanti e sempre più frequentati, da tutte le fasce d'età".

Anche tra i giovani si riscontra interesse?
"Sì, tra i giovani l'interesse è sempre più crescente. C'è una riscoperta della cultura vitivinicola che ci fa ben sperare. Il vino è "trandy", e in questo ambito l'approccio all'alcol è responsabile, serio e intelligente".

Vino che, oltre ad essere un prodotto alimentare, è ormai veicolo importante per la promozione del territorio sia in ambito turistico che gastronomico. Quale il rapporto con il Cantone?
"Il nostro rapporto con il Cantone è molto buono - ha dichiarato Tettamanti - Collaboriamo molto bene con l'Ente Turismo Ticinese e i vari enti turistici regionali perché ormai si è consapevoli che il vino non è soltanto un complemento, ma un elemento principale per il turismo. Un prodotto diventato oggetto d'interesse da parte di una tipologia di turismo colto, che sa spendere e crea indotto".

Un turismo per soli benestanti?
"No. Il turista può venire con la Bentley o con il camper. E' indifferente. Il comune denominatore è l'interesse per l'enogastronomia. Appassionati che vanno al ristorante, a visitare le cantine... E arrivano in Ticino non necessariamente durante l'alta stagione, ma anche in primavera o in autunno. E ciò potrebbe rappresentare una nuova nicchia di sviluppo interessante. Il fenomeno è molto recente, ma osserviamo che vi sono già alcune cantine che si stanno attrezzando. Tutto sta prendendo piede inaspettatamente in modo rapido. E' un buon segno".

C'è, però, ancora molto da fare
"Presso qualche produttore manca ancora la cultura dell'ospitalità in cantina. Vi è grande attenzione per la produzione e la cura della qualità del prodotto ma vuoi per mancanza di tempo che di strutture non sono ancora molte le cantine attrezzate per un “vero” enoturismo. Siamo agli inizi, ma coloro che vi riescono ottengono grandi soddisfazioni e ottimi riscontri".

"Chi non lo fa con passione non trasmette nulla. Senza passione si è destinati a sparire. In Ticino siamo molto fortunati perché i nostri viticoltori sono molto appassionati e non potrebbero non esserlo perché da noi è molto difficile produrre vino di qualità".

E a tal proposito, Tettamanti ricorda la filosofia di produzione vinicola in Ticino: la qualità, appunto. "Siamo condannati a produrre qualità. Al mondo c'è troppo vino mediocre a prezzi stracciati. Sul mercato ci sono vini a cinquanta centesimi al litro. Noi non potremmo mai competere con estensioni coltivate e vendemmiate a macchina dove l'uomo e il suo intervento si riduce ai minimi termini. Senza qualità non riusciremo mai ad essere competitivi. Sui vini di gamma medio-alta o altissima, raffrontati anche a vini di regioni prestigiose, siamo molto interessanti, anche a livello di prezzi".
 
E' possibile proporsi nei mercati internazionali?
"A noi risulta molto difficile perché produciamo 7 milioni di bottiglie. Non una in più. Il nostro mercato di riferimento è quello nazionale. Se tutti gli svizzeri bevessero una bottiglia all'anno di vino ticinese a testa non ce ne sarebbe a sufficienza per tutti. L'esportazione è tradizionalmente destinata ai Paesi dell'Europa settentrionale come la Germania e il Benelux. E' ovvio che l'Italia o altre regioni estere potrebbero risultare interessanti per il mercato del vino ticinese, ma in questo momento a noi interessa mantenere il nostro volume di produzione. Il rischio, infatti, è che se aumentiamo la produzione scendiamo in qualità e noi non abbiamo intenzione di farlo. Se andiamo alla ricerca di nuovi mercati rischiamo di non avere produzione a sufficienza".

Quanto viene pagato il prezzo delle uve che i vinificatori pagano ai viticoltori?
"Settimana scorsa abbiamo deciso di mantenere per quest'anno e il prossimo i prezzi dello scorso anno. Più o meno i vinificatori pagano 4 franchi al chilo. Un prezzo che potrebbe sembrare alto rispetto a quello pagato all'estero, ma che permette al viticoltore di coprire i propri costi, di effettuare gli investimenti necessari per rinnovare il vigneto e, soprattutto, di mantenere la professione ancora attrattiva. In questo modo possiamo assicurare un buon ricambio generazionale".

Una sorta di patto per il vino ticinese...
"Sì. Un patto stretto tra i vinificatori e i viticoltori. Ho un amico in Piemonte che mi dice che in quella regione ad ogni funerale c'è un ettaro di Barbera che se ne va. Sono solo gli anziani che coltivano e quando muoiono si assiste ad inesorabile abbandono dei terreni. Una viticoltura che non riesce a pagare le uve a sufficienza e non riesce a rinnovarsi è destinata a scomparire. Sarebbe un peccato assistere alla perdita di tradizioni secolari. Noi siamo riusciti a mantenere un certo equilibrio, seppur precario".

Da noi non si assiste all'abbandono delle terre?
"No, al contrario c'è un ritorno alle origini: le superfici stanno aumentando, così come l'interesse nel settore. Ci sono molti giovani ed apprendisti, ma anche persone che smettono di lavorare in banca perché non sopportano più l'ambiente, che si danno alla viticoltura. E quando si fanno certi tipi di scelte lo si fa unicamente per passione. Anche perché con il vino non si diventa ricchi, ci sono attività che rendono molto di più e sono meno faticose. Tuttavia la qualità di vita è buona e questa attività riesce a dare grandi soddisfazioni".

Torniamo al prodotto vino. Il turista svizzero-tedesco o tedesco riesce ad identificare il Ticino come terra del vino e del Merlot?
"L'anno scorso è stato effettuato uno studio di mercato a livello svizzero molto significativo dal quale è emerso che il Ticino è conosciuto come il cantone principe per la produzione di vini rossi. E quando dici Merlot agli svizzeri viene in mente il Ticino. Addirittura c'è chi pensa che il Merlot sia nato da noi e non a Bordeaux".

Cosa si potrebbe fare ancora per migliorare la promozione del vino ticinese?
"Moltissimo, basterebbe avere più fondi. Pensi che ci sono dei cantoni nella Svizzera d'Oltralpe che organizzano "Cantine Aperte" con il budget che abbiamo noi in un anno. Il Cantone ci ha ridotto ulteriormente i contributi. Noi siamo coscienti della situazione difficile, nonostante ciò cerchiamo di dare sempre il nostro meglio".

Oltre al contributo cantonale, come viene finanziata la vostra associazione?
"La gran parte dei nostri fondi sono frutto di autotassazione. Il prelievo viene effettuato dalla filiera stessa. Sono più o meno 8 centesimi a bottiglia ripartiti a metà tra chi produce il vino e metà tra chi produce uva".

Vendita diretta? Come siamo messi? Nel Baden quasi il 70% del vino prodotto in loco è venduto ai turisti...
"Nelle zone turistiche non arriviamo al 70% ma i volumi di vendita diretta dei produttori sono interessanti. Il Ticino ha sempre esportato molto oltre Gottardo e ci si affida molto sulla rete di distribuzione dei produttori ticinesi. I nostri vini sono consumati molto a livello di ristorazione e nella grande distribuzione, che sta prendendo sempre più piede, con il duopolio Coop-Denner, che fa la parte del leone".

Da luglio si potranno importare cinque litri di vino a testa. Come reagisce Ticinowine a questa concessione?
"Per noi non cambia nulla. Il dazio poi è leggermente aumentato e l'eccedenza costerà di più. I vini buoni costano anche in Italia o in Francia, mentre quello a buon mercato sarà sempre a buon mercato dappertutto. Se uno vuole la qualità e vuole gustarsi un vino ticinese non è la nuova normativa doganale a fare la differenza. Se fossero passati i 20 litri avremmo avuto, invece, grossi problemi e saremmo andati incontro ad un mercato nero che sarebbe risultato nocivo per il nostro settore. Lei immagina: 4 persone avrebbero potuto importare 20 litri di vino a testa, ossia 100 litri ad ogni viaggio. E si sarebbe potuto metterlo in commercio senza nessun tipo di controllo."

L'ultima domanda: che relazioni di collaborazione vi sono tra Ticinowine e il settore gastronomico ticinese?
"Ottimi. Con Gastroticino e hotelleriesuisse per farle un esempio, c'è una stretta collaborazione per "Cantine aperte", con menù speciali, sconti e viaggi in pulmino. E' vero, in questi tempi la ristorazione ha subito una riduzione della cifra d'affari consistente, vuoi per la crisi del turismo vuoi perché si osserva una scarsa propensione ad uscire da parte della clientela locale. In tutti i casi stiamo cercando di remare tutti nella stessa direzione per trovare delle soluzioni. Speriamo che il turismo si riprenda presto. E' certo che quando l'euro era più forte andava molto meglio".

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