Cerca e trova immobili

CANTONEBertoli: "La scuola non ripara i guasti della società"

21.06.13 - 11:28
Per 55.767 studenti ticinesi e 5.150 docenti iniziano le vacanze estive. Intervista al direttore del DECS, Manuele Bertoli
Foto d'archivio (Keystone)
Bertoli: "La scuola non ripara i guasti della società"
Per 55.767 studenti ticinesi e 5.150 docenti iniziano le vacanze estive. Intervista al direttore del DECS, Manuele Bertoli

BELLINZONA - Le scuole chiudono oggi. Per 55.767 studenti ticinesi e 5.150 docenti termina l'anno scolastico 2012-2013. Si tornerà sui banchi di scuola il prossimo 2 settembre.

Sulle sfide future della scuola pubblica ticinese e sulla situazione generale delle condizioni di lavoro dei docenti abbiamo sentito il Consigliere di Stato Manuele Bertoli, direttore del Dipartartimento dell'Educazione, Cultura e Sport.

Consigliere Bertoli, l’anno scolastico è terminato. Come ne esce la scuola da questo anno 2012-2013?
“Ne esce bene. Fa il suo lavoro, approfondito e importantissimo per la società. La scuola mostra una serie di dati assolutamente positivi, ma va ancora migliorata in diversi punti, sempre tenendo conto che questa grande istituzione è per sua stessa natura sempre in movimento. Deve sapersi rinnovare, anche perché la società e gli studenti cambiano nel tempo”.

Quali sono le questioni da migliorare?
“La lista è lunga. Concentriamoci sulla scuola dell'obbligo: si sta lavorando per migliorare le condizioni quadro, attraverso la misura della riduzione del numero massimo di allievi sia nelle scuole elementari sia nelle scuole medie. Ma non solo. C’è la questione dei piani di studio da rivedere, legata ad Harmos 2015. E' previsto un gruppo di lavoro per la riforma della scuola dell'obbligo in senso generale, che tenga conto di Harmos,  secondo una serie di principi per rendere questa scuola più vicina all'esigenza di ogni allievo, seguendo il principio pedagogico della differenziazione, che prevede di seguire idealmente ogni ragazzo, rispettando il proprio percorso personale. Il gruppo lavorerà per un anno e mezzo. Poi c’è il capitolo sulla formazione continua dei docenti e la questione salariale. Su quest’ultimo punto, ancora pendente, vi è la richiesta di ritoccare verso l’alto i salari dei docenti delle scuole comunali.”

I livelli 1 e 2 alle scuole medie verranno aboliti o no?
“La questione dei livelli è da inserire nell’ambito della riforma scolastica di cui ho accennato prima.   Ho chiesto al parlamento di non decidere su questa questione: il problema non è tanto chiedersi livelli sì o livelli no. Bisogna sapere cosa fare in una scuola senza livelli, superando questo concetto attraverso un concetto di differenziazione un po’ più articolato. Io di principio rimango contrario ai livelli. Questa forma aveva una sua logica un tempo, oggi non più. Oggi essi lasciano adito a interpretazioni sbagliate da parte delle famiglie e del mondo del lavoro”.

La riduzione del numero degli allievi, come convincere i contrari?
“Esistono numerosi studi internazionali, citati anche dal documento Scuola a tutto campo prodotto dalla Supsi nel 2010, in cui si dimostra con dati empirici che il provvedimento aiuta. Non è una misura risolutiva, ma nella scuola non c’è il provvedimento magico che trasforma e risolve tutti i problemi. La riduzione degli allievi è soltanto uno dei tasselli del mosaico di cui è composta una politica scolastica che promuove una scuola moderna. Questa è una decisione che la politica può prendere e che mira a migliorare le condizioni quadro in cui la scuola può operare. E’ un investimento e non è da considerare un costo. Anche perché, a livello di onere finanziario, sarà neutro, in quanto si inserisce in un trend in cui si osserva che gli allievi sono in diminuzione. E’ un provvedimento utile, che continuo a sostenere e gode di largo consenso da parte delle famiglie, degli studenti, della scuola e dei Comuni”.

Parliamo di insegnanti. Oggi si parla di docenti in crisi e demotivati. Il problema esiste?
“Chiarisco subito una cosa: la scuola resta attrattiva. Lo dimostra il fatto che per diventare docenti nelle scuole dell’infanzia e delle elementari esiste una sorta di numero “controllato”. La domanda è superiore alla richiesta. Le persone non mancano. Per alcune materie della scuola media e superiore ci sono alcuni problemi nel trovare docenti, soprattutto in matematica e in parte geografia. Ma sono casi isolati. Fare l’insegnante, comunque non è facile e richiede una preparazione importante. Ma non solo, ci vuole anche un certo savoir-fair personale. Tra le migliaia di insegnanti che ci sono in Ticino, ce ne sono molti ottimi, ma anche di meno bravi. Ed essendo consapevole di questa situazione credo molto nella formazione continua. Che sia di alto livello ed attrattiva e che stimoli interesse tra i docenti”.

Oggigiorno si tende a far ricadere sulla scuola la colpa dei problemi legati ai giovani. Che ruolo ha la scuola nella sua funzione educatrice?
“La scuola è un’importante istituzione educativa, ma non è l'unica. Deve lavorare in connessione con le altre componenti dalla società, a partire dalla famiglia. Dobbiamo intenderci su una cosa: spesso si chiede alla scuola di educare i ragazzi a una serie di valori. Ma poi si constata che la società stessa questi valori li ha persi. La scuola non può riparare quello che la società sta guastando o ha guastato. Se la società è individualista, esprime dei valori che vanno in una certa direzione, la scuola per osmosi, questi valori se li ritrova dentro. La collaborazione tra scuola e famiglia è importante: deve essere un lavoro virtuoso e non competitivo. E’ inutile che la scuola o i genitori si scarichino le responsabilità a vicenda”.

Una volta si diceva che un diploma svizzero era garanzia per trovare un posto di lavoro, diciamo fino a fine anni ‘80. Ora il Ticino si ritrova in Europa e c’è chi critica il sistema scolastico ticinese, sostenendo che non è all’altezza di formare persone competitive in un mercato globalizzato come il nostro. Perché i ticinesi si ritrovano spesso svantaggiati quando cercano un lavoro?
“Non sono d’accordo. Gli anni ‘80 non erano così idilliaci come si vorrebbe far credere. Io sono uscito dalla magistrale nel 1981 con tanto di diploma svizzero, ma su dieci persone diplomate otto erano a spasso. Ho fatto il ginnasio negli anni ’70 e mi ricordo che c’erano già ai tempi professori italiani. Questo per sfatare un po’ il mito del buon tempo andato. Per quanto riguarda i ticinesi svantaggiati nel mondo del lavoro, è una questione unicamente di “prezzo”. Il problema non è tanto la formazione, ma  il dumping salariale praticato da una parte delle imprese. Venire ad incolpare il sistema formativo ticinese su questa questione è sbagliato. Noi siamo in 330mila, dall’altra parte sono in milioni. E vista questa situazione, può capitare che possono arrivare dalla Lombardia e dal Piemonte candidati con ottime referenze. Il settore della scuola occupa oggi più del 95% di docenti residenti. C’è una grande richiesta dall’estero a livello di candidature. E’ molto forte, è vero. Ma al momento dell’assunzione, chi proviene dall’estero entra in minima quantità nella nostra scuola.

E quindi, a quel punto che succede?
“Quindi ci ritroviamo in una situazione non facile. Da una parte siamo chiamati a dare un posto di lavoro ai residenti in Ticino, dall’altra dobbiamo scegliere persone competenti. Proprio ieri, in Gran Consiglio, da una parte mi si chiedeva che cosa fa il Governo per evitare che i posti di lavoro qualificati vengano occupati da persone provenienti dall’estero e al contempo si chiedeva cosa si fa per assicurare la qualità della scuola, alludendo agli insegnanti definiti “diversamente capaci”. Di fronte a queste richieste parzialmente contraddittorie dobbiamo intenderci: l’una e l’altra cosa non sempre vanno d’accordo. Capita in alcune graduatorie che insegnanti provenienti dall’Italia abbiano ottimi requisiti, mentre quelli ticinesi presentino un profilo ritenuto discreto o sufficiente. Ed è sempre un dilemma scegliere. Cerchiamo di gestire la situazione con oculatezza e al meglio, ma non possiamo privilegiare uno o l’altro principio in maniera netta. Altrimenti faremmo un lavoro poco equilibrato, a scapito della scuola”.

Chiudiamo in leggerezza. Gli studenti da domani andranno in vacanza. Manuele Bertoli quale libro consiglia di leggere sotto l’ombrellone.
“Innanzitutto consiglio di leggere. Oggi le possibilità sono infinite. In tutti i casi siamo in estate e penso che si possa scegliere qualcosa di leggero e divertente. Per fare qualche esempio, recentemente ho letto l’ultimo libro di Dan Brown, senza tralasciare Wilbur Smith. D’estate mi leggo sempre Camilleri e in questi giorni sto leggendo un romanzo di Andrea Fazioli. Ma esistono anche altre letture interessanti, come uno sulla nascita dell’euro che ho letto recentemente. E’ un incontro con Jacques Delors e Romano Prodi che aiuta a far capire come questi progetti così importanti vadano al di là della contingenza. L’euro è il frutto di una grande visione, con tanti errori riconosciuti, con delle questioni ancora aperte, ma resta uno degli elementi fondamentali per il consolidamento dell’Europa. Europa che è, indubbiamente, uno dei grandi protagonisti politici ed economici della Terra. E una Europa disgregata non va certamente negli interessi degli europei, svizzeri compresi”.

(p.d'a.)

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE