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CHIASSO«Insultata e minacciata solo per aver svolto il mio lavoro»

25.01.22 - 08:02
Finita più volte al centro di un polverone mediatico, la dottoressa Mariangela De Cesare ha voluto “vuotare il sacco”.
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«Insultata e minacciata solo per aver svolto il mio lavoro»
Finita più volte al centro di un polverone mediatico, la dottoressa Mariangela De Cesare ha voluto “vuotare il sacco”.
Attacchi personali, minacce di morte, ma anche una presunta disparità di trattamento con l’altro centro di medicina del traffico nel frattempo sorto a Bellinzona.

CHIASSO - Minacce, insulti, articoli di giornale con il suo nome in bellavista. Per la dottoressa Mariangela De Cesare gli ultimi non sono stati certamente anni tranquilli. E da noi contattata per chiarire la questione delle fatture inviate con un ritardo di circa cinque anni, la specialista in medicina del traffico ha voluto ripercorrerli. Anche per fare un po’ di chiarezza sul suo ruolo.

23 condanne per diffamazione - «Le cose scritte su di me in questi anni sono state allucinanti. Non so quante cause ho intentato per insulti ricevuti sui social da persone che infatti sono state condannate dalla Procura. Ma di questo non ne parla mai nessuno». E allora lo facciamo noi. Su richiesta, il Ministero pubblico illustra infatti che nell’ambito della denuncia presentata contro ignoti dalla dottoressa De Cesare e a seguito degli accertamenti disposti dal Procuratore generale Andrea Pagani, è stata identificata una trentina di persone. I successivi approfondimenti hanno portato a 23 decreti d’accusa per il reato di diffamazione. Alcuni di essi sono cresciuti in giudicato, mentre altri sono stati oggetto di opposizione venendo in buona parte confermati dalla Pretura penale. In 7 casi invece si è deciso per un decreto di abbandono.

Nessun reato commesso - È stato un periodo «psicologicamente duro» per la dottoressa De Cesare. Che ora chiede giustizia e vuole che la verità venga a galla: «Le ingiustizie, le diffamazioni e le cose non vere non le accetto più. Ho ricevuto minacce di morte, mi hanno distrutto la macchina, hanno vandalizzato il centro medico». «Eppure - prosegue la specialista in medicina del traffico - non ho mai avuto una condanna e nemmeno un processo. Sono stata persino denunciata per abuso d'autorità - non essendo emersi indizi di reato, il caso è stato archiviato e la decisione di non luogo a procedere è stata confermata sia dalla Corte dei reclami penali (CRP), sia dal Tribunale federale - e sono anche stata presa di mira da persone che mi hanno usato per una campagna politica, con l’obiettivo di abolire la figura del medico del traffico». Il riferimento va chiaramente all’avvocato Tuto Rossi, che a suo tempo guidò una sorta di “rivolta”, anche sul piano giudiziario, e che portò alla rottura della situazione di monopolio che la dottoressa deteneva sulle perizie. «Monopolio che non ho mai né avuto, né cercato», precisa.

Stesso ruolo, trattamenti diversi - Nel settembre del 2019 è stato quindi aperto in Ticino un secondo Centro medico del traffico, a Bellinzona, costituito da un’antenna del Centro Universitario Romando di Medicina Legale (CURML). Ma se le mansioni sono le medesime - ovvero valutare l’idoneità alla guida dei conducenti a cui è stata revocata la patente - il trattamento riservato ai due studi sarebbe anche assai diverso. Innanzitutto perché - ci è stato confermato da più fonti - a Bellinzona l’IVA non viene pagata. In secondo luogo perché il Gran Consiglio, nel giugno del 2020, ha decretato che per tutte le perizie e le prestazioni di medici e psicologi del traffico non può essere richiesto un pagamento anticipato, ma vanno fatturati 180 franchi per ogni ora di prestazione. Eppure il centro di Bellinzona convoca i propri pazienti solo a pagamento avvenuto. O perlomeno così ha fatto almeno fino al gennaio dello scorso anno. Non è infatti stato possibile contattare il responsabile del centro di Bellinzona per una presa di posizione in merito e per sapere se questa prassi sia tuttora in vigore. 

Nessun pentimento - Nonostante tutto quello che ha passato, la dottoressa De Cesare non si è comunque pentita del ruolo assunto nel 2016. «Non mi pentirò mai di fare il mio lavoro, che svolgo secondo scienza e coscienza. Anche perché, fortunatamente, ho conosciuto molte persone che dopo essere passate attraverso il tunnel dell’alcol o delle droghe sono venute da me e mi hanno ringraziato per averle aiutate a diventare delle persone nuove. A me basta vedere qualcuno che è riuscito a superare una dipendenza per dimenticare tutte le angherie che questo lavoro mi porta ad avere».

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