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“Sacrifici” e possibili tagli sulla via del risanamento della Clinica Santa Chiara

Possibili tagli nel futuro nella struttura sanitaria privata. Una settimana fa convocati i 250 dipendenti. Da mesi, da prima della vendita, è stata redatta una lista con una quindicina di persone. Il braccio di ferro tra i nuovi proprietari e i vecchi azionisti proseguirà in ottobre in pretura.

Se prima si sperava fosse un’eventualità, da una settimana la possibilità è più concreta. Sulla via del risanamento della Clinica Santa Chiara di Locarno alcuni “sacrifici” difficilmente potranno essere evitati. E fra questi, non è escluso, anche alcuni tagli. Detto diversamente licenziamenti, sebbene l’attuale direzione stia lavorando per riequilibrare le disastrate finanze della struttura. Mercoledì scorso i nuovi vertici della clinica (la “Luganese Moncucco”) hanno convocato i dipendenti, circa 250, e hanno comunicato loro che, scongiurato il fallimento, bisognerà entro le prossime settimane prendere anche decisioni difficili. “Sacrifici”. Così ha detto a tutto il personale Christian Camponovo, direttore generale della Moncucco e nel contempo amministratore delegato della Santa Chiara.

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Un deficit milionario - Lo scorso anno la clinica locarnese ha chiuso con un deficit di 2 milioni e mezzo – in parte o in gran parte determinati dalla “tempesta pandemia”. Due mesi e mezzo fa, cioè in giugno, il rosso di bilancio era già di 1 milione. Quindi la prospettiva per il 2021 non è nella sostanza differente da quella del 2020. Se non sarà di 2 milioni e mezzo, il rosso potrebbe aggirarsi attorno ai 2 milioni. Da qui la necessità di fare in fretta, mentre sullo sfondo – a differenza di ciò che pubblicamente si è saputo sino ad oggi – prosegue il braccio di ferro tra l’ex direzione della Santa Chiara, a cui si è affiancata Swiss Medical Network (gruppo privato, vale a dire in Ticino le cliniche Sant’Anna di Sorengo e Ars Medica di Gravesano) e la “luganese” Moncucco. Quest’ultima lo scorso maggio ha offerto per l’acquisto della struttura locarnese circa 4 milioni di franchi. Per mesi si è andati avanti a colpi di “istanze supercautelari” in pretura. La vicenda non è terminata. Il prossimo appuntamento è in pretura a Lugano fra un mese. Gli ex vertici della Santa Chiara e Swiss Medical contestano il passaggio del capitale azionario. Oltre ai dettagli del complesso diritto societario valga una semplice spiegazione. Per un simile “trapasso azionario” è necessaria una “maggioranza qualificata”, vale a dire il 66,6 per cento. Gli acquirenti della Santa Chiara oggi sfiorano questa percentuale raggiungendo il 65.95. Da qui l’istanza in pretura in ottobre, tappa intermedia di una vicenda che potrebbe proseguire a lungo. Sia la precedente direzione della Santa Chiara, sia Swiss Medical sono determinati ad arrivare al Tribunale federale.

Un milione di risparmio - Lo scorso giugno a fatica si è trovato un accordo per pagare i salari ai dipendenti della Santa Chiara. Tra richieste di garanzia e cavilli burocratici tutto era stato bloccato, ora però occorre proseguire sulla via del risanamento economico. Scelte strutturali. Chi oggi gestisce la clinica locarnese, cioè la Moncucco, afferma che è necessario sfumare il rosso di bilancio di 1 milione di franchi. Come? Le possibilità non sono che due: lavorando sui ricavi e, come ultima ratio, effettuando alcuni tagli. Forse si riuscirà ad evitarli. Lo si saprà probabilmente a settimane. Il 2022 deve portare a nuovi orizzonti.

Nei mesi scorsi sette contratti a tempo determinato non sono stati rinnovati. E nel contempo la vecchia direzione aveva messo a punto un primo piano di tagli. Una quindicina di posti di lavoro. I vertici di allora sostengono quattordici, quelli di oggi diciotto. Poco cambia. Se la via del risanamento porterà buoni frutti quella lista sarà carta straccia, altrimenti occorre aspettarsi dolorosi licenziamenti e fra questi non si escludevano, mesi fa, anche alcuni sanitari.

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Visioni differenti sulla gestione - Le divergenze di vedute sulla gestione della struttura locarnese sono importanti. I vecchi vertici ne avevano e ne hanno individuati alcuni. Non tutto collima con la visione attuale di chi lo scorso maggio ha acquistato la clinica.

Ci sono specialità all’interno della struttura locarnese che, a dire di chi l’ha condotta sino a fine primavera, perdono centinaia di migliaia di franchi. L’ortopedia, la chirurgia della colonna vertebrale e anche la medicina interna. Così non è o non è in questa misura per chi oggi ha intrapreso il cammino del risanamento. Difficile spulciando tra i numeri capire quali specialità, più d’altre, fanno finanziariamente acqua. Ecco anche perché non è facile far quadrare i conti senza rinunciare ad alcune specialità. Gli attuali proprietari, come già hanno detto, intendono rafforzare la chirurgia, riorganizzare la medicina interna, la ginecologia, la chirurgia della colonna vertebrale… E tutto o molto si gioca cercando delle sinergie con la Moncucco. I dipendenti della Luganese sono circa ottocento. Ecco anche perché quei diciotto, quattordici, o fossero anche meno licenziamenti potrebbero essere evitati.

 

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La situazione finanziaria è precipitata dal 2017
La situazione economica della Clinica Santa Chiara è andata gradualmente peggiorando dal 2017. Il colpo di grazia è stato dato nel 2020 con tutto quello che la pandemia ha comportato. Ma già fra il 2018 e il 2019 il numero dei consulti ambulatoriali, i giorni di cura e i pazienti dimessi erano scesi mediamente di circa il 7 per cento. In quell’anno, nel 2019, si cercò di “medicare” i conti riducendo di quasi il 7 per cento i costi. Quelli del personale furono ridotti di poco più del 4 per cento. Il tasso di occupazione dei letti stazionari nel 2017 era del 38,7 per cento; nel 2019 del 35,4 per cento. E questi sono dati ufficiali resi noti dall’Ufficio federale della sanità pubblica. Come sta andando quest’anno? L’occupazione media dei letti da gennaio a giugno dovrebbe essersi attestata attorno al 30/40 per cento. Anche in questo caso alcuni dati e alcune interpretazioni divergono. Ma che sia 30 o 40 poco cambia rispetto al 70 per cento registrato anni prima. Stando alle cifre ufficiali, nel 2010 il tasso di occupazione dei letti (stazionari) fu del 72,8 per cento. Fatto è però che anno dopo anno i costi sono aumentati. Secondo la vecchia dirigenza, i bilanci hanno assunto colorazioni rosse, soprattutto a causa dei nuovi sistemi tariffali (Drg).

I bilanci ufficiali pubblicati dall’Ufficio federale della sanità registrano nel 2010 oltre 26 mila giorni di cura (stazionari). Nel 2019 (ultimo anno prima della pandemia), 13.616. La durata media della degenza undici anni fa era 17,2 giorni. Nel 2019 è scesa a 4,7. Il peggioramento più repentino del bilancio si è registrato dal 2017. Non è facile oggi risanare la struttura. La Moncucco l’ha acquistata per pochi milioni. La scelta della minoranza della vecchia dirigenza in maggio cadde invece su Swiss Medical Network. Offrì oltre il doppio,10 milioni di franchi. Oltre alla promessa di 20 milioni di investimenti e un’iniezione di liquidità di 5 milioni. Nonostante ciò secondo la maggioranza degli azionisti, che ha avuto la meglio, Moncucco ha dato e dava più garanzie.

 

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Appuntamento in pretura il prossimo 13 ottobre 

Mercoledì 13 ottobre in pretura a Lugano si discuterà un’istanza di conciliazione presentata dalla vecchia direzione della Santa Chiara nei confronti della Fope, l’holding “cappello” delle attività della clinica locarnese. Dopo la vendita oggi è presieduta da Mauro Dell’Ambrogio, alla testa anche della Moncucco.
Non avendo ciò che il diritto societario definisce “maggioranza qualificata”, la Fope - stando a chi oggi contesta la vendita - non poteva e non può fare quel “trapasso azionario”.
La decisione presa nel corso dell’assemblea del 14 maggio, secondo chi ha presentato l’istanza, dev’essere considerata nulla. O, quantomeno, quella decisione deve essere intesa unicamente come “la disponibilità di Fope a intavolare delle trattative con la ‘Luganese Moncucco’.
Quindi - questo è ciò che si chiede nell’istanza -  non deve essere esclusa  la possibilità che la cessione possa avvenire in favore di altri”. Cosa accadrà fra un mese in pretura a Lugano? Certamente non sarà un’udienza definitiva. I vecchi azionisti sono determinati a far valere le proprie ragioni e a portare la vertenza sino al Tribunale federale.

 

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 Dillena: “La concorrenza è nel Dna del nostro settore” 

“La futura pianificazione ospedaliera? Non è per domani mattina…”. Così commenta Giancarlo Dillena, presidente dell’Associazione delle cliniche private ticinesi, al cronista che gli chiede quali potrebbero essere a suo avviso le conseguenze economiche sull’offerta sanitaria dopo un  così lungo, e non ancora terminato, braccio di ferro per il controllo della Clinica Santa Chiara di Locarno. “La struttura locarnese è ora affiancata da una clinica importante come la Moncucco. Questo potrà avere ricadute positive. Quanto ai mandati, è una questione legata alla futura pianificazione ospedaliera”. Che, come dice Dillena, “non è per domani mattina”. In ogni caso, secondo il presidente dell’associazione, “al momento giusto occorrerà vigilare affinché le scelte pianificatorie siano impostate correttamente, tenendo conto soprattutto degli interessi degli utenti”.

Ma ci si chiede: la concorrenza fra i privati – l’attuale scontro tra Moncucco, Swiss Medical e vecchia dirigenza Santa Chiara ne è un esempio – quanto può influire sull’assetto futuro della sanità nella regione. “Mandati”, ovvero specialità mediche assegnate a una struttura o a un’altra, che potrebbero passare di mano o scomparire… Il presidente Dillena a questo proposito non pare avere dubbi. E afferma: “La concorrenza, anche se serrata, fa parte del Dna del settore privato. Ora che la situazione si va assestando, credo vi possano essere prospettive positive. La Santa Chiara è stata un punto di riferimento per la medicina di prossimità della regione e potrà esserlo anche in futuro”.

Cosa accadrà naturalmente è difficile se non impossibile da prevedere. Anche perché nella vertenza Moncucco-Swiss Medical-Santa Chiara la parola fine non sembra possa arrivare presto.

“Il futuro della Santa Chiara – aggiunge Giancarlo Dillena – dipenderà da numerosi fattori. Il potenziale c’è. Si pensi solo ai molti svizzero tedeschi che scelgono il Locarnese come residenza e che sono giustamente attenti alle strutture sanitarie che trovano nella regione”.


Appendice 1

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