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CANTONE«Se non arrivano buone notizie, chiudo e licenzio tutti»

18.12.20 - 08:30
Dan Harroch, noto ristoratore luganese, è in ginocchio di fronte al Covid. La sua voce è quella di un'intera categoria.
Dan Harroch
«Se non arrivano buone notizie, chiudo e licenzio tutti»
Dan Harroch, noto ristoratore luganese, è in ginocchio di fronte al Covid. La sua voce è quella di un'intera categoria.
L'esercente ha già 30.000 franchi da restituire allo Stato dopo la prima ondata. A luglio si era lanciato in una nuova avventura. E ora sta per affogare.

LUGANO - «Nelle scorse ore giravano email in cui ci dicevano di non più acquistare merce fresca. Come devo interpretare questa cosa? Ho appena licenziato 7 persone. Se da Berna o da Bellinzona non mi tendono la mano, sono costretto a lasciare a casa anche le altre 6». Dan Harroch, 59 anni di cui 30 passati nel ramo della ristorazione, è un uomo economicamente in ginocchio di fronte al Covid-19. Attende le notizie che potrebbero arrivare dalla Confederazione nel corso della giornata di venerdì per valutare cosa fare del suo locale, il 9PM di Via Pelli a Lugano. Un ristorante di cucina etnica aperto lo scorso luglio. «E che ora potrebbe essere già al capolinea». 

Una seconda ondata da prevedere – Harroch è una persona che si sfoga spesso coi media e sui social network. Quando ha qualcosa da dire, non si tira indietro. Colpisce un suo post su Facebook in cui sostiene di non avere diritto ad aiuti statali. «Ho fatto ricorso presso l'Ufficio giuridico del Cantone per il lavoro ridotto. Mi è stato fatto capire che non avrei mai dovuto aprire una nuova attività gastronomica nell'estate del 2020, che avrei dovuto prevedere un'eventuale seconda ondata del Covid. Questa è la mia vita. È normale investire. Io do lavoro a tanta gente del posto. L'ho fatto da sempre. Fino a ottobre avevo anche il Montecristo, locale più improntato sulla vita serale. E sono stato costretto a cederlo, perché la movida è stata bloccata. Proprio per via del nuovo coronavirus».

Debiti, affitti e spese fisse – La prima ondata, quella di primavera, aveva già procurato danni enormi alle finanze del 59enne (che all'epoca gestiva anche uno snack bar). «Mi sono stati prestati 30.000 franchi che dovrò restituire allo Stato. Entro cinque anni, forse otto. Ma come li restituisco se non percepisco uno stipendio da quasi 12 mesi? Possibile che non abbiamo diritto a nessun aiuto a fondo perso? Sapete dove sono finiti quei 30.000 franchi? Nel pagare gli affitti e le spese fisse. Nessuno ci è venuto incontro su questo. La mia voce è quella della maggior parte degli esercenti in questo momento. Ci guardiamo in faccia e non sappiamo cosa fare. Da quando è stato introdotto l'obbligo di chiusura alle 19 alcuni hanno già gettato la spugna».  

Senza stipendio da mesi – Nella serata di giovedì i ristoratori ticinesi hanno acceso una candela per simboleggiare la triste situazione in cui l'intero settore si ritrova. L'esercente luganese ammette di non avere praticamente più un franco in tasca. «Ora gli uffici con cui ho a che fare sembrano essere intenzionati a chiudere per vacanze fino al 6 gennaio – dice –. Devo stare in ansia fino all'Epifania? Mi spiace, se da Berna non arriva qualche notizia rassicurante, con aiuti mirati e a fondo perso, io devo chiudere. Cosa devo dire ai miei dipendenti? Lavorate e forse verrete pagati? Non è un ricatto. È l'amara realtà». 

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