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MENDRISIO«La lettura, la mia ancora di salvezza dalla cecità»

14.08.20 - 06:01
Per Cecilia Soresina, non vedente dalla nascita, la lettura ha rappresentato molto più che una semplice passione:
Tipress/Soresina
«La lettura, la mia ancora di salvezza dalla cecità»
Per Cecilia Soresina, non vedente dalla nascita, la lettura ha rappresentato molto più che una semplice passione:
«Da adolescente ero piuttosto timida e leggere mi ha aiutata molto».

MENDRISIO - Cecilia ha scelto di fare della letteratura il suo oggetto di studio. Si è infatti laureata in Lingua, letteratura e civiltà italiana presso l’Università della Svizzera italiana e ha appena concluso il suo primo anno di Master in italianistica a Bologna.

Cosa significa per una persona non vedente frequentare l’università?
«Io sono stata la prima persona cieca a fare l’università in Ticino, di conseguenza ho dovuto comunicare all’USI tutte le mie esigenze. Da un lato, tutti hanno avuto una cura particolare nei miei confronti, ma dall’altro mi sono sentita disorientata perché ho dovuto essere estremamente chiara e dettagliata nello spiegare ciò di cui necessitavo».

Quali strumenti utilizza per studiare?
«Lavorando esclusivamente in digitale, l’università deve provvedere alla scansione dei libri. Ho infatti a disposizione un computer dotato di screen reader che mi comunica vocalmente ciò che c’è scritto sullo schermo. Inoltre il pc è collegato a una barra Braille, in questo modo ho una duplice modalità di apprendere, sia tramite la lettura che tramite l’ascolto».

Quali sono i suoi hobby, oltre la lettura?
«I miei interessi sono prettamente culturali. Mi piace tantissimo andare al cinema, ascoltare musica e viaggiare, un’esperienza sicuramente diversa da non vedente ma altrettanto arricchente. Per quanto riguarda il cinema, mi servo degli amici per farmi dire se c’è un flashback o se accade qualcosa di particolarmente visivo».

Si è mai sentita discriminata per la sua disabilità?
«È una cosa con cui devo necessariamente convivere perché dal punto di vista fisico ho qualcosa in meno rispetto agli altri. Spesso provo imbarazzo nel chiedere aiuto alle persone che non conosco poiché temo di essere un peso. Inoltre, ogni volta che decido di fare qualcosa, devo sempre mettere in conto più tempo ed energia per spiegare a chi mi sta attorno la mia condizione».

Nonostante ciò, non si è fatta scoraggiare e ha deciso di trasferirsi a Bologna.
«Abitando a Mendrisio, ho deciso di frequentare il Bachelor a Lugano, in un luogo relativamente vicino a casa. Potevo comunque godere della mia indipendenza in quanto vivevo da sola di fronte all’USI. Pur essendomi trovata benissimo a Lugano, ho sempre coltivato l’idea di trasferirmi in una città più grande. Ho optato per Bologna grazie alla sua offerta di studio molto ampia: si passa da corsi di letteratura straniera a musica e cinema». 

Com’è andato questo primo anno lontano da casa?
«Pur avendo già sperimentato la vita da sola, è stato diverso poiché ho dovuto arrangiarmi in tutto, dalla spesa alla cucina. È faticoso avere una disabilità, ma con qualche sforzo sono riuscita ad ambientarmi e a fare amicizia. Ho ignorato l’imbarazzo e mi sono presentata come non vedente sul gruppo social degli studenti chiedendo se ci fosse qualcuno disposto ad accompagnarmi. Mi sono sentita molto esposta e ho avuto paura di non ricevere risposta. Invece due ragazze si sono rese disponibili e siamo diventate subito amiche!»

«La pandemia non ha fermato la mia voglia di imparare»
MENDRISIO. Il primo anno di Master di Cecilia è stato particolare anche a causa della pandemia. «È stato un po’ complicato, il primo semestre sono stata pochissimo a Bologna perché ero ancora in fase di scrittura della tesi. Volevo però cercare di mettere radici, altrimenti l’anno prossimo mi sarei sentita ancora più disorientata. Quando finalmente avevo tirato un sospiro di sollievo pensando di riuscire ad ambientarmi, è scoppiata la pandemia». Secondo l’esperienza della studentessa la didattica a distanza ha funzionato: «Bologna è stata una delle prime università ad adottare questo metodo, dopo soli cinque giorni dalla chiusura dell’ateneo. Ovviamente all’inizio ci sono stati un po’ di problemi perché bisognava spiegare come utilizzare le nuove tecnologie ai docenti meno avvezzi». Sul prossimo anno scolastico, invece, regna ancora l’incertezza: «Se il primo semestre sarà nuovamente a distanza, sul secondo bisognerà attendere lo sviluppo della situazione epidemiologica».

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COMMENTI
 

Sonja BM 3 anni fa su tio
...peccato che non si accenni neanche minimamente al lavoro di anni dell'OPI che l'ha seguita in tutto il percorso scolastico e che ha "tradotto" libri e materiale

roma 3 anni fa su tio
Volere è potere. Bravissima.
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