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CANTONEIl Ticino è messo male? Perché dobbiamo andarci di mezzo anche noi?

16.04.20 - 13:33
L'articolo di tio/20minuti sulla leggerezza di Zurigo in merito al Covid-19 ha sollevato reazioni. Eccone alcune.
Lettore Tio/ 20Minuti
Un'immagine scattata in riva al lago dei Quattro Cantoni.
Un'immagine scattata in riva al lago dei Quattro Cantoni.
Il Ticino è messo male? Perché dobbiamo andarci di mezzo anche noi?
L'articolo di tio/20minuti sulla leggerezza di Zurigo in merito al Covid-19 ha sollevato reazioni. Eccone alcune.
Filippo Contarini, teorico e storico del diritto: «Qui la questione non è neanche così mediatizzata. Non si fa la conta dei morti ogni giorno». Un abitante di Svitto: «Che problema c'è a fare una gita in famiglia?»

«Che colpa ne abbiamo se in alcune regioni della Svizzera il problema del Covid-19 è meno presente e, dunque, meno sentito?». Se lo chiede un ticinese che abita nel Canton Nidvaldo, dove il tasso di decessi e di contagi e bassissimo. Il recente articolo di tio/20minuti in cui alcuni ticinesi residenti nel Canton Zurigo evidenziavano come oltre Gottardo non ci fosse la stessa sensibilità del Ticino sulla questione del nuovo coronavirus ha scatenato la reazione di altre persone partite dal sud delle Alpi per andare a vivere a nord.

Un problema meno sentito – «Posso confermare che qui il tema del Covid-19 è molto meno sentito – prosegue un altro ticinese, che risiede nel canton Svitto da ormai 15 anni –. E sinceramente non ci vedo niente di male. Io e mia moglie continuiamo a lavorare come prima. Per i bimbi c'è per fortuna l'asilo privato che "fa da supplente" per quelli pubblici chiusi. Altrimenti non potremmo fare andare avanti la nostra attività». 

Non ci si barrica in casa – Il nostro interlocutore non intende banalizzare il nuovo coronavirus. E nemmeno le misure di prevenzione prese a livello nazionale. Ma invita tutti a fare una riflessione più ampia. «Se il Ticino è colpito più duramente, non dobbiamo per forza chiudere tutto anche qui. Dopo il lavoro e nel weekend possiamo andare al parco con i bimbi, o fare una gita, o un picnic. Non vediamo assolutamente il bisogno di barricarci in casa. Anche se rispettiamo le distanze dagli altri». 

La conta dei morti – Interessante anche la testimonianza di un altro ticinese, che vive proprio nel centro di Zurigo. «Qui la situazione non è neanche così tanto mediatizzata – sostiene Filippo Contarini, teorico e storico del diritto –. E non si fa la conta dei morti ogni giorno. Io non ho la verità in mano. Ma la mia domanda è: perché qui non si sta creando un po' di "sana paura"?»

Come presentare il fenomeno – Franco Denti, presidente dell'Ordine dei Medici del Cantone Ticino, aveva fatto notare come nel Canton Zurigo ci fossero, comunque, ben 2.900 contagiati. «Però qui non se ne parla. Perché? Ho la sensazione che la paura della gente passi molto dai media e da come le autorità politiche e sanitarie del posto presentano un determinato fenomeno». 

Paura lombarda – Il Ticino confina con l'Italia. In particolare con la Lombardia «Regione in cui a un eccesso di rassicurazione iniziale è seguito il panico – afferma Contarini –. Non solo. Il problema della Lombardia è poi diventato il problema di un'intera nazione. Quasi di colpo. Il Ticino si è fatto influenzare dalla paura della Lombardia. Non dico che sia sbagliato. Però perché a Zurigo, che è la città più mobile della Svizzera, le cose sono state prese diversamente? Qui la stampa continua a scrivere che finirà tutto tra poco, e che la gente ha il diritto di spostarsi. Davanti a casa mia fanno party con 7-8 persone ogni sera sul tetto. Io, da buon ticinese, mi sono auto isolato da un mese e mezzo. Con queste premesse, però, uno a preoccuparsi si sente semplicemente fuori luogo». 

Lo sfogo del conducente di camion – Insomma, mentre in tutta la Svizzera si procede verso un lento ritorno alla normalità, la confusione dovuta a presunte "differenze regionali" non è poca. E lo scetticismo da parte di alcuni rimane. La riflessione finale è di un autista di camion, "costretto" a recarsi giornalmente oltre Gottardo. «Perché in Ticino è tutto chiuso. E quindi bisogna fare trasporti di beni "non di prima necessità" là dove i clienti stanno lavorando. Insomma, dove si lavora normalmente... Troppo normalmente. Che senso ha rispettare le regole in Ticino, quando quotidianamente bisogna recarsi in un territorio e lavorare a contatto con persone che sottovalutano la questione, addirittura prendendoti in giro per l'utilizzo di protezioni individuali? A che rischio esponiamo noi e le nostre famiglie? Qualcuno può prendere in mano, una volta per tutte, a livello nazionale, la situazione?» 

 

 

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