Tutte le preoccupazioni di chi dalla vicina penisola si reca in Svizzera a lavorare. Il traffico si è quasi dimezzato
Al valico di Ponte Chiasso, in una mattinata epocale. Quella dopo il decreto italiano che ha dichiarato la Lombardia (e una serie di province) off limits a causa del coronavirus
CHIASSO - Valico di Ponte Chiasso. Ore 7 di lunedì 9 marzo. È un momento epocale per la Svizzera e per i frontalieri provenienti dalla vicina Italia. È il primo giorno lavorativo dopo il decreto che ha dichiarato la Lombardia, unitamente a una serie di altre province, off limits a causa del nuovo coronavirus. Tio/ 20Minuti era sul posto, con la telecamera, per raccogliere impressioni e stati d’animo di chi si stava recando su suolo rossocrociato per andare a lavorare.
Reduci da un weekend da incubo – Una cosa balza subito all’occhio. Il traffico è nettamente minore rispetto al solito. Quasi dimezzato. A confermarlo, a microfoni spenti, è anche un doganiere di lunga data. Le code sono fluide. C’è chi non se la sente di parlare. Ma altri, invece, si lasciano andare. E si sfogano. Reduci da un weekend da incubo, raccontano le loro paure, le loro ansie. C’è chi spera non si arrivi a una chiusura della frontiera. Chi evidenzia come la propria azienda abbia comunque preso delle misure di precauzione. Alcuni la prendono con un timido ottimismo, sperando che le cose cambino in fretta.
Un senso di precarietà – A dominare, tuttavia, è un senso di precarietà mai visto prima. Ogni certezza sembra essersi sgretolata di fronte a una situazione surreale. C’è chi non lo dice apertamente davanti alla telecamera: ma si temono anche i pregiudizi da parte dei ticinesi, e degli svizzeri in generale. «Perché farsi vedere con una macchina italiana in giro, può dare adito a frecciatine dolorose», sospira un tale.
Un fardello enorme – Sentimenti più o meno analoghi anche al valico di Chiasso Brogeda. In diversi casi si è optato per il telelavoro. In altri, i frontalieri si trovano semplicemente a casa in attesa di novità da parte dell’azienda in cui lavorano. In altri casi, ancora, accade che il lavoratore italiano abbia deciso di affittare una stanza in Ticino finché le acque non si saranno calmate. Gli altri sono lì. In coda, come al solito. Ma con un fardello enorme, di pensieri e di timori, da portare sulle spalle. Radiografia di un lunedì mattina che, forse, passerà alla storia.