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CANTONEIl dialetto ha fatto pace con l’italiano: «Ma non c’è nessuna ripresa»

06.02.20 - 22:05
La statistica dà in crescita chi parla solo dialetto a casa. «Normali oscillazioni» frena il ricercatore Casoni. E c'è una fan speciale: Carla Norghauer
Foto Tio/20Minuti
Il dialetto ha fatto pace con l’italiano: «Ma non c’è nessuna ripresa»
La statistica dà in crescita chi parla solo dialetto a casa. «Normali oscillazioni» frena il ricercatore Casoni. E c'è una fan speciale: Carla Norghauer

LUGANO - Il dato è fresco, appena aggiornato dall’Ufficio cantonale di statistica: nel 2018 erano 31.805 le persone che parlavano solo dialetto ticinese a casa. Ma il numero è anche anomalo, vista la discesa, continua, da 34.994 nel 2010 a 29.421 del 2017. Un fremito di ripresa oppure il sussulto di un corpo malato? «Non c’è nessuna inversione di tendenza» frena lo specialista Matteo Casoni dell’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana (Olsi). 

Un anno non va primavera - «La differenza tra i valori del 2017 e del 2018 - sottolinea l’esperto - rientra nelle normali oscillazioni osservabili tra una rilevazione annuale e l’altra. Significativo è l’andamento su più anni». Per fornire un quadro più oggettivo sulla diffusione del dialetto oggi, Casoni allarga il campo: «Se al dato citato sommiamo chi dice di parlare sia dialetto sia italiano (dialettofonia complessiva) si arriva a circa 73.000 individui». E proprio qui emerge il significativo calo: «Fra il 2010 e il 2018 la dialettofonia complessiva è passata dal 29.3% al 24.3% della popolazione residente in Ticino». 

È pace tra italiano e dialetto - Fino agli anni ‘60 del secolo scorso il Ticino era fortemente dialettofono, molto più delle regioni italiane limitrofe, spiega Casoni. «Altrettanto eccezionale - continua - è stata la repentina flessione: se nel 1976 si registrava un tasso di dialettofoni attorno all’80%, nel 1990 dichiarava di parlare dialetto a casa il 56% della popolazione, un vero e proprio crollo in pochi anni». Il cambiamento è stato conseguente ai mutamenti socioeconomici vissuti dal cantone. Inoltre, evidenzia il ricercatore, «l’epoca della “crisi” registrata dai dati statistici coincideva con un atteggiamento di stigmatizzazione del dialetto contrapposto all’italiano. Oggi questi atteggiamenti non ci sono più: possiamo dire che italiano e dialetto convivono pacificamente nella comunità».

Il fu...turo del dialetto - Il dialetto non scoppia di salute, ma è lungi dal diventare una lingua morta. Ma quanto lungi? «È sempre difficile fare previsioni sul futuro delle lingue - afferma il ricercatore dell’Olsi - e i discorsi sulla morte dei dialetti hanno ormai una vita lunga… Detto ciò, il calo di parlanti è indubbio e continuo (seppure più lento rispetto ai decenni passati) e la popolazione più giovane è anche quella meno dialettofona». In conclusione Casoni sottolinea che «il primo e più importante fattore di vitalità di una lingua è la sua trasmissione tra le generazioni, quindi dai genitori ai figli. Sulle scelte linguistiche (e non solo) dei genitori è difficile intervenire se non promuovendo atteggiamenti positivi nei confronti della lingua e del potenziale insito in un repertorio bi/plurilingue». 

  

 Il dialetto per Carla Norghauer: «È la lingua della complicità» 

Foto Carla Norghauer


«Sono una “fan” del dialetto, anche se in casa non l’ho mai parlato e l’ho imparato sul posto di lavoro» dice Carla Norghauer. La “Carlina”, popolarissimo volto e voce della Rsi, dà un voto “pessimo” al suo dialetto. Ma è stata alunna della severa scuola di Bigio Biaggi e Franco Lurà, per cui il suo “pessimo” è un livello che in molti si sognano. Per la Signora della domenica il dialetto è lingua di lavoro, ma non solo: «Ho sposato un sopracenerino che lo parlava per tradizione in famiglia e mia suocera mi ha subito detto: “Al mè nevud gha parlarò ‘n dialett” (l’approssimativa trascrizione è colpa di chi scrive, ndr)». Così è stato: «Anche io lo faccio e mi riesce benissimo sgridarlo in dialetto! È onomatopeico. Non c’è niente come un “tas!”, abbinato ad un indice puntato» dice col sorriso.  Col microfono in mano, tra la gente, la parlata ticinese risulta poi altrettanto efficace: «Anche se sbaglio regolarmente e vengo corretta, ho ricevuto il diploma dai miei maestri. Se possiamo parlare in dialetto si crea un’empatia e una complicità maggiore, perché i racconti sono più spontanei grazie a certe espressioni. Avviene con gli anziani, ma non solo, soprattutto nelle Valli e nel Mendrisiotto. Ma guai se è una forzatura, allora ritornano all’italiano». 

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