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LUGANO «Il Natale in città brilla dentro una Lugano spenta»

05.12.19 - 06:09
L’entrata in scena dell'imprenditore Artioli ha acceso luminarie… e qualche polemica. Boris Bignasca fa un confronto con l’epoca di suo padre: «Allora i progetti erano il Cardiocentro e l'Usi»
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«Il Natale in città brilla dentro una Lugano spenta»
L’entrata in scena dell'imprenditore Artioli ha acceso luminarie… e qualche polemica. Boris Bignasca fa un confronto con l’epoca di suo padre: «Allora i progetti erano il Cardiocentro e l'Usi»

LUGANO - È probabilmente il solo ticinese che non perde mai un derby, Stefano Artioli, gold sponsor con la sua Artisa delle squadre di Hcl e Hcap. Il diavolo e l’acqua santa. Ma l’hockey è meno scivoloso della società civile. Un terreno su cui l’imprenditore edile-immobiliare è apparso negli ultimi mesi sempre più intraprendente. Dal suo libro “Meno trenta”, una sorta di sferzata al torpore di Lugano negli ultimi 30 anni, «l’intento non è creare divisioni ma unire» ha però precisato l’autore. All’acquisto di un simbolo finanziario (l’ex Banca nazionale, mica bruscolini) per andarci a vivere, all’iniezione di centinaia di migliaia di franchi per aiutare la Città ad accendere un Natale più luccicoso. 

Lugano nella seconda metà del 2019 è stata ravvivata dai guizzi di Artioli. Il terreno è però sdrucciolevole, come dimostra la polemica sulla spiaggetta artificiale (troppo artificiale) che ha fatto e poi disfatto a Caprino, ma soprattutto lo scontro politico sul destino dello “storico” deposito delle ARL a Viganello. L’intento di Artisa - demolire per costruirci un albergo e alloggi sostenibili - non sembra aver convinto la sinistra (e nemmeno una parte di Plr e Ppd).

E la Lega? Abbiamo chiesto al deputato luganese Boris Bignasca una lettura politica, ma non solo, del fenomeno Artioli. Partiamo, dunque, dal benefattore. 

Cosa ne pensa?
«In un momento come questo fa sempre piacere a chi amministra la Città trovare un privato che costituisce un’associazione per dare una mano con spirito collaborativo. È dunque un fatto positivo».

Il contraltare del Natale più luminoso è però l’elettricità attorno all'ex deposito dei tram.
«Sinceramente mi pare una polemica poco comprensibile. Credo che realizzare vicino al campus universitario una struttura di pregio a favore degli studenti porti solo vantaggi. Siamo tutti legati ai vecchi edifici, ma da qui a considerare ogni costruzione come storica… beh, ce ne passa».

Quello dell’imprenditore-mecenate è un connubio senza rischi? 
«Un aspetto sicuramente positivo di Artioli è che fa muovere l’economia. Lo è tanto più in una città un po’ ingessata e che vede in quello di Usi e Supsi a Viganello il solo cantiere che si sta realizzando. Gli altri progetti si muovono, ma sulla carta per ora».

Ma esiste il pericolo che Lugano diventi Artioli-dipendente?
«Certo sarebbe bene che oltre a lui ci fossero altri imprenditori pronti a far crescere la città».

Per ora c’è solo lui. Crede che come unicum possa avere un “trattamento di favore” da parte del Municipio?
«Viviamo in un’epoca di burocrazia spinta e di controlli incrociati a tutti i livelli istituzionali. È un rischio che non vedo proprio».

Un dettaglio può sfuggire sull’altra sponda del lago…
«In realtà non è scappato nemmeno quello».

Anche suo padre, Giuliano Bignasca, era imprenditore ma anche politico. Che differenze vede con gli anni ‘90?
«Sono epoche diverse. Evidentemente in quegli anni lo spirito imprenditoriale che aleggiava in città, e di cui mio papà era co-protagonista, ha portato a risultati come la realizzazione del Cardiocentro, l’Università, il Centro di calcolo... Lo spirito era diverso, molto più dinamico. Allora le iniziative odierne di Artioli, carine, come il Natale in città, sarebbero passate più inosservate. Non a caso nella Lugano un po’ spenta di oggi discutiamo di un vecchio deposito o delle luci natalizie in piazza. Fa un po’ tristezza».

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