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«Hanno “rubato” il mio nome per dare 320.000 franchi ad altri»

CLARO«Hanno “rubato” il mio nome per dare 320.000 franchi ad altri»

29.11.19 - 07:33
Telenovela senza fine quella dell’ex masseria gestita dalla famiglia Zinetti. Michela si sfoga in video e attacca il Cantone: «Il Patriziato si è intascato i soldi. E lo Stato non ha fatto verifiche»
TIO/20M/GIORDANO
Michela Zinetti, figlia di Umberto
Michela Zinetti, figlia di Umberto
«Hanno “rubato” il mio nome per dare 320.000 franchi ad altri»
Telenovela senza fine quella dell’ex masseria gestita dalla famiglia Zinetti. Michela si sfoga in video e attacca il Cantone: «Il Patriziato si è intascato i soldi. E lo Stato non ha fatto verifiche»

CLARO – «Negli anni ’90 hanno dato oltre 300.000 franchi in sussidi per costruzioni a chi si occupava della nostra ex masseria, usando a sproposito il mio nome. Sono schifata». Michela Zinetti, 52enne di Claro, è da anni alle prese con “gabole” agricole. Col padre Umberto, oggi 85enne, portava avanti la masseria della Boscerina 1, su un terreno del Patriziato di Claro. Una strana moria di animali, e le conseguenti tensioni col Patriziato, portarono nel 2006 allo sfratto degli Zinetti. Dopo anni di scintille, emerge una nuova ambigua verità. «Incredibile che il Cantone abbia consentito una cosa simile. Io non avevo voce in capitolo. Al limite mio padre. Ma è stato usato il mio nome. Impropriamente».      

Il passato che ritorna – Gli Zinetti, già presi di mira a più riprese con tentativi di calunnie da parte di ignoti e con atti vandalici, stanno vivendo un incubo che dura ormai da anni. Anzi, da decenni. La loro attuale fattoria sorge a poche centinaia di metri dalla masseria che gestivano. Come dire: il passato ritorna ogni santo giorno. Le accuse di Michela, rilasciate in un video realizzato da Tio/ 20 Minuti, sono pesanti. «A quelli del Patriziato sono stati versati 320.000 franchi in sussidi. Non ne avevano diritto. In quanto non gestori. Lo Stato non ha verificato se veramente i contratti erano con me». 

L’incontro con Vitta – Perché questa storia dei 320.000 franchi salta fuori solo ora? Perché la faccenda di recente è stata dichiarata ufficialmente chiusa dalle autorità competenti. «Io non mi sono mai potuta difendere. Di recente ho chiesto un incontro con il consigliere di Stato Christian Vitta. Ma mi è stato negato. E pensare che noi, Zinetti, di sussidi per le nostre costruzioni non ne abbiamo mai ricevuti».

Uno spiraglio aperto – Loris Ferrari, capo della Sezione cantonale dell’agricoltura, non entra nei dettagli. «A titolo generale gli aiuti agli investimenti nell’agricoltura possono essere concessi ad agricoltori nonché a Patriziati che adempiono i requisiti definiti dalle normative in vigore, segnatamente Legge cantonale sull’agricoltura e l’Ordinanza federale sui miglioramenti strutturali nell’agricoltura. Posso aggiungere che siamo disponibili a esaminare i documenti in possesso della signora Zinetti».

Il Patriziato è possibilista – Marco Pellegrini, presidente del Patriziato, non vuole nascondersi. «Ma io all’epoca non facevo nemmeno parte del Patriziato. Nel frattempo sono passate varie amministrazioni. Come faccio a parlarvi di una cosa che è successa 20 anni fa e oltre? L’ho detto anche alla signora Zinetti di fare ricorso. Se il signor Ferrari è disposto a riaprire gli incarti, ben venga in modo da fare chiarezza definitivamente. Non saremo di certo noi a opporci». 

Ennesima batosta – Intanto, piove sul bagnato. Proprio a causa dei fatti risalenti a oltre 20 anni fa, e della conseguente moria di bestie, gli Zinetti si sono visti recapitare negli ultimi giorni, due ordini di pignoramento. La cifra complessiva supera i 70.000 franchi. «Siamo disperati. Quella stalla era sperimentale. L’ha voluta il Cantone. Le bestie sono morte per incidenti, a causa di carenze strutturali. Non per colpa nostra. Ora basta, qualcuno dica la verità», si sfoga Michela.

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