Nel nostro cantone il coefficiente Gini che misura la disuguaglianza nella ripartizione della ricchezza è cresciuto più che altrove in Svizzera. La lettura dell’economista Marazzi
LUGANO - S’allarga in Svizzera il fossato tra chi ha tanto (troppo) e chi non ha nulla, mentre il Ticino ottiene il poco invidiabile primato di cantone dove questa tendenza è più marcata. A dirlo è un’analisi dell’Amministrazione federale delle contribuzioni (AFC) sui dati fiscali raccolti tra il 2003 e il 2015.
La fotografia della ricchezza - Dodici anni in cui la fortuna elvetica complessiva è lievitata da 1.033 a 1.792 miliardi di franchi, pari a un pro capite di 215’166 franchi (in Ticino 178’400). Ovviamente teorico, perché il 24,53% dei contribuenti non possiede alcun patrimonio. I contribuenti con più di un milione di franchi sono il 5,72%, quelli che superano i dieci milioni lo 0,28%. I primi coprono il 66,59%, i secondi il 30,34% del patrimonio netto imponibile del Paese.
Ticino spicca (in peggio) - Ma se queste cifre danno solo la vertigine, è l’evoluzione del cosiddetto coefficiente di Gini sui patrimoni a tratteggiare un Ticino a tinte particolarmente fosche. È nel nostro cantone che il coefficiente, che misura la disuguaglianza nella distribuzione dei patrimoni, è cresciuto di più nel periodo 2003-15.
Le cause per l’economista - Dati che non stupiscono l’economista Christian Marazzi, docente alla Supsi, che ha studiato a fondo i fenomeni della povertà. «La forchetta della disparità - spiega lo studioso - si è allargata sotto l’influsso delle politiche fiscali che hanno aumentato la ricchezza ai vertici della piramide, da un lato, e delle politiche salariali molto penalizzanti per i residenti, dall'altro».
Tra rancore e populismi - Starebbe ovviamente ai politici correggere la disparità rilevata dagli analisti. «Qui si annidano alcuni fenomeni sociali e politici emersi negli ultimi anni - sostiene Marazzi -. Una forte crescita del populismo come declinazione politica del rancore. Che nasce dall’aumento delle disuguaglianze. Non ci si può lamentare del populismo senza affrontare il problema alla radice».
I rischi per la coesione sociale - Che il Ticino primeggi per crescita delle disparità non stupisce l’economista: «Il nostro è il cantone più populista della Svizzera. Mi sembra ci sia una simmetria assolutamente perfetta tra politica e ridistribuzione dei redditi». Se persiste la sottovalutazione, afferma in conclusione, «il rischio è di arrivare a un momento in cui il processo non è più reversibile. E si giunge alla disgregazione della coesione sociale».