In Italia crolla il suo consumo. Da noi vendite «stabili» nelle grandi catene, ma a sud delle Alpi c'è una «regressione continua»
BERNA / BELLINZONA - “È un pezzo di pane”, “Mangia pane e cipolle”, “Va avanti a pane e acqua”: il pane ritorna in tantissimi modi di dire della lingua italiana e questo protagonismo riflette la centralità che questo alimento, tradizionalmente, ha sulle tavole della vicina penisola. Gli italiani, tuttavia, mangiano sempre meno pane.
A segnalare il fenomeno, giudicato «allarmante», sono Assipan e Assopanificatori, che denunciano un calo del consumo procapite annuo del 38% in dieci anni a 31 kg (ovvero circa 85 g al giorno). Tra la cause di questa flessione ci sarebbe «soprattutto la battaglia contro il pane fatta dalla scienza, dai dietologi», valuta il presidente di Assopanificatori, Davide Trombini, parlando con il Corriere della Sera. A soffrirne è la produzione, che risente anche di prezzi stagnanti, costi in crescita, concorrenza della grande distribuzione e importazione di pane congelato dall'Est Europa.
In Svizzera siamo 115 g a testa al giorno - E in Svizzera? Il pane è ancora gradito? Secondo gli ultimi dati disponibili diffusi dalla Confederazione (menuCH, 2014/15) nel nostro Paese si mangiano 115 grammi di pane a testa al giorno. A tirare il carretto, però, sono gli svizzero tedeschi, che ne ingurgitano il 25% in più degli svizzero italiani.
Vendite «stabili» nelle grandi catene - Da noi contattate, alcune delle principali catene della grande distribuzione svizzera segnalano un consumo stabile, sia a livello nazionale che cantonale. «Le vendite di pane risultano più o meno costanti negli ultimi anni», fa sapere il responsabile comunicazione della Cooperativa Migros Ticino, Luca Corti. «La vendita di pane è fondamentalmente stabile», conferma il portavoce di Coop, Urs Meier. E aggiunge: «Il trend a livello nazionale va nella direzione di pane fresco e salutare, come pane cotto a legna, artigianale o con lievito madre». Denner fa notare invece una piccola differenza di preferenze a livello geografico: «In Ticino si vende più pane bianco che, per esempio, nella Svizzera tedesca», ci dice il portavoce Thomas Kaderli, che conferma anch'egli un fatturato «stabile». Solo Manor rileva una flessione: «In generale gli svizzeri consumano un po' meno pane, soprattutto in pagnotte grosse (500 g)», fa sapere la portavoce Gizem Meric. «Le abitudini sono cambiate: gli svizzeri consumano più pagnotte piccole (80-300 g)», aggiunge.
Consumatori più «flessibili» - L'associazione di settore Schweizer Brot (Pane svizzero) rileva dal canto suo una «leggera diminuzione» del consumo di pane nel nostro Paese: «Da un lato, tutta l'alimentazione è diventata più "flessibile"», valuta il direttore Stephan Scheuner. «Dall'altro, ci sono persone che abbandonano semplicemente delle categorie di alimenti, come i farinacei, per esempio per la presenza di glutine», aggiunge. In che misura questi «stati d'animo» dall'evoluzione piuttosto «veloce» dei consumatori incidano sulla leggera regressione percepita dall'associazione, però, Scheuner non lo può dire.
In Ticino «è una regressione continua» - A vederla più nera è la Società Mastri Panettieri Pasticceri Confettieri (SMPPC) ticinese: «È una regressione continua anche da noi», lamenta il presidente Massimo Turuani commentando le notizie provenienti dall'Italia. «Lo si misura anche con la continua diminuzione delle attività sul territorio: dal 2000 a oggi i forni nostri associati in Ticino sono passati da 124 a 57: si sono più che dimezzati», aggiunge.
«Anche il numero di apprendisti si è dimezzato» - A incidere «molto», secondo il responsabile, «è innanzitutto la filosofia del consumo di pane: la gente ne mangia sempre meno». Turuani indica poi una minaccia per il settore già segnalata dai suoi omologhi della vicina penisola: «Il nuovo elemento più penalizzante a entrare sul mercato è stato il pane “precotto” d’importazione in arrivo da Paesi con un costo della manodopera di molto inferiore», afferma. E conclude con un'ulteriore nota dolente: «Il più grande rammarico, in questo calo della produzione in Ticino, è il dimezzamento del numero di apprendisti in formazione».
La dietista: «Non è da demonizzare»
Secondo le associazioni di panificatori italiane, il calo del consumo di pane è determinato anche da una certa demonizzazione di questo alimento. Ma che cosa dicono i dietisti a riguardo? «Non escludiamo alcun tipo di farinaceo e non ci sono evidenze scientifiche che dicano che il pane vada evitato», spiega Paola Perrone, dietista presso l’Ospedale regionale di Lugano. «La dieta mediterranea – aggiunge– include pasta, pane, riso: veramente tutti i cereali sono ben accetti». L’unico consiglio generale che sia possibile dare è variare il piu’ possibile e preferire alimenti integrali: «Sicuramente un problema è rappresentato dal tipo di farina: sono da prediligere quelle integrali, ma non vanno nemmeno demonizzate le altre», conclude.