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CANTONEPochi gli agenti sotto copertura… di tatuaggio

28.06.19 - 08:47
In passato i grossi tattoo potevano essere un ostacolo per indossare la divisa. Ora basta coprirli. E nemmeno sempre, «ma solo quando stridono con il ruolo » precisa il direttore delle carceri
Pochi gli agenti sotto copertura… di tatuaggio
In passato i grossi tattoo potevano essere un ostacolo per indossare la divisa. Ora basta coprirli. E nemmeno sempre, «ma solo quando stridono con il ruolo » precisa il direttore delle carceri

BELLINZONA - Fa caldo! E allora soffri per il poliziotto in divisa a maniche lunghe per coprire l’avambraccio tatuato. Eppure è un allentamento delle norme, in conseguenza anche del fatto che i tatuaggi sono ormai sdoganati nel mondo del lavoro. Di fronte all’avanzata dell’inchiostro, anche l’incompatibilità tra divisa e tattoo si è ormai annacquata. 

Questione di centimetri - Agenti moderatamente tatuati non sono più un’eccezione, anche se permangono limitazioni per i candidati che vogliono accedere alla professione: sono ammessi i disegni “piccoli” (sotto i 5 cmq sul collo e sotto i 30 sul braccio). Discorso a parte se i tattoo esprimono messaggi discriminatori o offensivi (in quel caso non c'è dimensione che tenga).

La rivoluzione è stata rapida - Fino al 2018 fa i tatuaggi più grandi potevano impedire l’accesso alla Scuola cantonale di formazione. Anche se, come precisa la stessa Polizia cantonale, «pochi sono stati i candidati esclusi dal concorso per mancato rispetto di questo requisito». Dal 2019, e il recente bando per agenti di custodia armati lo ribadisce, fa un po’ specie dirlo con queste temperature canicolari, “basta” coprirli durante il servizio (maniche lunghe o calza…). 

La dignità del ruolo - E poi c’è una terza via, quella seguita per gli agenti di custodia che lavorano nelle carceri: il concorso - pubblicato pure negli scorsi giorni - non precisa nulla riguardo a tribali, cuoricini e draghi. Forse nel luogo della detenzione vige più libertà?, chiediamo al direttore delle Strutture Carcerarie: «In realtà presso il carcere - spiega Stefano Laffranchini - non si è mai voluto regolamentare la cosa e non inizio a farlo adesso che i tempi sono cambiati. Semplicemente ci si basa sul buonsenso». Non conta per nulla il fatto di lavorare lontano dagli sguardi dei cittadini, «perché gli agenti - fa notare il direttore - rappresentano sempre lo Stato.  E ci si aspetta che persone che rappresentano le istituzioni lo facciano con dignità. Ed è ancora più importante di fronte a persone detenute che seguono un percorso riabilitativo». 

«Mai stato un problema» - Quanto alla dimensione… «Non penso che - dice Laffranchini - se un mio agente ha un tatuaggio abbastanza vistoso sull’avambraccio cessi di essere degno di rappresentare in modo decoroso lo Stato. Nel caso in cui dovesse succedere non avrei problemi a farglielo coprire». Ma concretamente capita? «Da quando ci sono io, cioè da cinque anni, non è mai stato un problema. C’è stato chi, correttamente, mi ha chiesto se poteva fare un tatuaggio. La mia risposta è stata fallo, se poi mi dà fastidio te lo faccio coprire. Ma è una misura che non ho mai adottato. Nessun tatuaggio dei miei agenti stride con il loro ruolo». 

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