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Pietra dopo pietra, come la preistoria è tornata alla luce a Claro

BELLINZONAPietra dopo pietra, come la preistoria è tornata alla luce a Claro

13.06.19 - 15:01
Parola ai protagonisti dello scavo da cui è riaffiorato il complesso megalitico. L'obiettivo? «Aiutare la ricerca ad andare avanti»
Davide Giordano / Tio.ch / 20minuti
Un frammento ceramico, risalente probabilmente all'età del ferro, ritrovato questa mattina.
Un frammento ceramico, risalente probabilmente all'età del ferro, ritrovato questa mattina.
Pietra dopo pietra, come la preistoria è tornata alla luce a Claro
Parola ai protagonisti dello scavo da cui è riaffiorato il complesso megalitico. L'obiettivo? «Aiutare la ricerca ad andare avanti»

BELLINZONA - Si rimuove uno strato archeologico. Si documentano oggetti e vestigia ritrovate, con fotografie e disegni. E poi, armati di pennello e del tradizionale “trowel”, si ricomincia da capo con quello successivo. Un sito archeologico «è un complesso di strati, uno sopra l’altro» che vengono asportati per poi essere indagati, spiega ai nostri microfoni l’archeologo di terreno Mattia Gillioz che dirige i lavori presso il sito preistorico di Claro, presentato questa mattina.

Ogni scheggia di vaso. Ogni pietra dal taglio particolare. Tutto ciò che, dopo secoli, riemerge dalla terra deve essere rigorosamente catalogato. È il caso di un piccolo frammento, tornato alla luce proprio davanti alla nostra telecamera. Si tratta di «un frammento ceramico, probabilmente dell’età del ferro, che ci aiuta a datare le vestigia che abbiamo di fronte». L’obiettivo dello scavo, prosegue Gillioz, è trovare elementi che permettano alla ricerca scientifica di compiere un passo avanti.

Il complesso megalitico di Claro, come già detto, è riaffiorato a seguito di una domanda di costruzione per un progetto di edificazione privato. Il mappale 1193 è inserito in un perimetro di interesse e quindi «si sapeva già che c’era un alto potenziale archeologico», conferma Simonetta Biaggio-Simona, a capo dell’Ufficio dei beni culturali.

Il sito di culto costituisce la prima testimonianza monumentale della religiosità preistorica sul territorio ticinese. «Si è compreso che questi massi non sono capitati qui per caso, tramite una frana o un apporto alluvionale, perché anche dal punto di vista geologico è stato provato che si trovavano in uno strato non compatibile»; in altre parole «sono stati portati qui dall’uomo» spiega Biaggio-Simona, precisando inoltre che un’analisi delle pietre ha permesso di identificare tracce di lavorazione.

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