Le università vogliono ridurre i voli dei loro collaboratori, anche in Ticino. Ma non è come dirlo
LUGANO - Dal Vallese ai Grigioni via cielo. Di recente ha fatto discutere il caso di un professore universitario di Coira (Htw) che si è recato a lezione pilotando un velivolo privato. Le scuse del docente – «amo l'ambiente, non ho nemmeno l'auto» – sono servite a poco, in un momento in cui i viaggi aerei hanno pessima reputazione.
L'onda ambientalista è iniziata tra i banchi accademici (e non sembra finita con le elezioni ticinesi) ma le università hanno davvero la coscienza così verde? Alcuni atenei svizzeri - il Poli di Zurigo e le università di Berna, Basilea e Losanna - si sono impegnati a ridurre i voli «per motivi di lavoro» fino all'11 per cento in meno entro il 2025.
Qualcosa si muove anche nelle università ticinesi. L'Usi di Lugano ha da poco creato un gruppo di lavoro ad hoc, che sta studiando gli spostamenti in aereo di docenti e collaboratori, per convegni o ricerche sul campo. «Siamo nella fase di raccolta dati» spiegano dall'ateneo. «In base al monitoraggio, a partire da settembre entreranno in vigore misure concrete per sensibilizzare a un minor uso dell'aereo, frenando gli eccessi e incoraggiando alternative, ma senza imposizioni dall'alto».
Il problema è che le università «vivono di relazioni internazionali che non vanno disincentivate». Anche la Supsi incoraggia «da tempo» studenti e dipendenti a usare il treno, ma resta cauta nel limitare gli spostamenti aerei. «I nostri collaboratori vi ricorrono solo per motivi professionali e quando non ci sono soluzioni diverse» spiegano dalla direzione. Il criterio che continua a prevalere è quello «del rientro in giornata» e delle «tariffe più economiche a disposizione». Finché le cose stanno così, l'alternativa all'aereo resta la tele-conferenza: «Un'opzione già privilegiata e molto diffusa – assicura l'ateneo – in tutti i nostri dipartimenti».