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LUGANOAl bagno 15 volte al giorno: così si può perdere il lavoro

26.03.19 - 06:00
Malattie infiammatorie croniche dell’intestino: in Svizzera una persona su 500 ne soffre, con grossi disagi nella vita quotidiana. Il morbo di Crohn dilaga. La specialista: «Casi in costante aumento».
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Al bagno 15 volte al giorno: così si può perdere il lavoro
Malattie infiammatorie croniche dell’intestino: in Svizzera una persona su 500 ne soffre, con grossi disagi nella vita quotidiana. Il morbo di Crohn dilaga. La specialista: «Casi in costante aumento».

LUGANO – Nessuno ne parla. Perché sono problemi imbarazzanti e che fanno ribrezzo. Il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa, malattie infiammatorie croniche dell’intestino, colpiscono uno svizzero su 500, con effetti sempre più devastanti sulla vita sociale e lavorativa delle persone. «I casi sono in costante aumento – dice Vera Kessler Brondolo, specialista in gastroenterologia presso l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) –. E c’è chi ha perso l’impiego a causa di problemi del genere».

L’insofferenza dei datori di lavoro – C’è un fatto emblematico di quanto questo genere di malattia sia invalidante. Un qualsiasi candidato per un posto di lavoro cantonale, sul questionario di autocertificazione dello stato di salute, deve esplicitamente dichiarare se soffre di una malattia cronica dell’apparato digestivo o no. «I datori di lavoro – riprende l’esperta – non hanno pazienza con queste persone. Lo constato regolarmente. Ci sono pazienti che devono andare in bagno 15 volte al giorno». 

Scariche di diarrea – Alla base di queste problematiche, una falla del sistema di difesa corporeo. «Che riconosce come anomalo ciò che ci appartiene. E così la mucosa e il tessuto intestinale si ulcerano, provocando enormi dolori nel paziente». Non solo. «Il morbo di Crohn (battezzato così dal nome del suo scopritore, lo studioso americano Burril B. Crohn), che può coinvolgere tutto l’apparato digerente, dalla bocca all’ano, causa perdita di peso, debolezza. Le sostanze nutritive non vengono più assorbite. Tutto finisce rapidamente in diarrea. Nella colite ulcerosa, che colpisce solo il colon in modo più o meno esteso partendo dal retto, le feci contengono anche sangue».

I fattori scatenanti – Maschi e femmine sono colpiti indistintamente. Due i picchi: a 20 e a 45 anni. «Le malattie possono insorgere a qualsiasi età. Per una certa predisposizione genetica, unita ad altri fattori. Sicuramente l’incapacità di scaricare lo stress può avere un peso. Così come la crescente assunzione di conservanti, additivi e sterilizzanti tramite i cibi che consumiamo. Si tratta di ipotesi, sono malattie su cui c’è ancora tanto da scoprire».

Una grande solitudine – Spesso chi è colpito dalle malattie infiammatorie intestinali si sente solo, incompreso. «Causano isolamento e una grande sofferenza psichica. C’è chi non va al ristorante, chi non prende l’aereo, chi addirittura non va al supermercato, per paura di dovere andare di corpo da un istante all’altro. È un tema ancora troppo tabù. Per questo è importante parlarne pubblicamente. Anche perché ci sono sempre più medicamenti per contrastare questi problemi».

Non si guarisce mai del tutto – A seconda delle circostanze specifiche, ci si cura col cortisone, con farmaci anti infiammatori selettivi per l’intestino, o con farmaci che modulano l’attività del sistema immunitario. Si alternano fasi controllate a fasi acute. Non si guarisce mai del tutto. «E quando hai una fase acuta non puoi avere una vita normale. Lo scopo delle terapie è quello di riportare l’intestino in una fase di calma».

Serve più sensibilità – I farmaci sono potenti, perché si tratta di malattie aggressive, pericolose. «Quindi quando si sta meglio, si tende a smettere la cura, col rischio che poi la fase acuta si ripresenti. In altri casi, la malattia peggiora per altre ragioni. In rarissime situazioni si arriva addirittura a dovere collegare l’intestino a un sacchetto esterno, in modo da non fare passare le feci dall’ano, fortemente irritato. Questo è spesso un processo transitorio e reversibile, se si effettuano le cure adeguate. C’è tanta disperazione in chi è confrontato con queste problematiche. E purtroppo, pur essendo nel 2019, non c’è ancora la giusta sensibilità verso queste persone».  

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«Quelle toilette chiuse calpestano la dignità dei cittadini»

LUGANO - «Non ci sono solo i turisti. Scappa anche ai residenti». Dice un’ovvietà Gerri Beretta Piccoli, ma è un’evidenza che in città viene secondo lui (e altri) snobbata. Il tema delle toilette pubbliche aveva tenuto banco quattro anni fa, quando ne vennero chiuse 27 su 52 (per un risparmio di 280mila franchi all’anno in costi di pulizia). Dopodiché, continua l’ex consigliere comunale, «ne hanno riaperte alcune, ad esempio quella sul sentiero di Gandria perché gli abitanti avevano protestato. Ma ci sono zone dove il problema esiste». I dati aggiornati indicano 31 servizi igienici normalmente aperti (cui se ne aggiungono 3 aperti stagionalmente e 3 in caso di eventi).

Il problema resta però secondo Beretta Piccoli ed è umiliante per le persone che soffrono del morbo di Crohn: «So di persone, anziani ma non solo, per i quali i bagni chiusi diventano un freno ad uscire di casa. Da Ruvigliana verso il centro, per citare una zona, la prima toilette pubblica che si trova è alla Migros di Cassarate».

L’ex assistente sociale dell’Eoc, in pensione ma con le antenne ancora ben levate, non restringe la cerchia degli interessati a chi soffre del morbo di Crohn, ma anche a chi è reduce da sedute di chemioterapia. «C’è tutta una popolazione di cui il Comune non tiene in giusto conto la dignità. Sono indignato e ho inoltrato la mia protesta al Municipio». SPI

 

 

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COMMENTI
 

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