La decisione avrà un impatto anche in Ticino, dove il tema del pagamento degli stipendi in euro ha suscitato aspre discussioni
BERNA - Il Tribunale federale dovrà pronunciarsi in gennaio in merito alla legalità dei salari in euro pagati da numerose imprese ai loro dipendenti frontalieri. La decisione avrà un impatto anche in Ticino, dove il tema del pagamento degli stipendi in euro ha suscitato aspre discussioni.
L'Alta Corte dovrà esprimersi in merito al caso di una dipendente francese della filiale di Von Roll Infratec, con sede a Choindez, nel Giura, come riportano la Zentralschweiz am Sonntag e la Ostschweiz am Sonntag. La Infratec aveva deciso nel giugno del 2011 di versare i salari in euro ai suoi dipendenti residenti nell'Unione europea. Nel gennaio 2016 una collaboratrice francese aveva trascinato il datore di lavoro in tribunale, chiedendo il versamento di 19'400 franchi "persi" a causa della nuova regolamentazione.
In prima istanza il Tribunale del lavoro del Giura aveva condannato la fabbrica a pagare alla donna 18'881 franchi. Per i giudici giurassiani i salari in euro violano l'Accordo di libera circolazione delle persone fra Svizzera e Ue. Questa pratica è inoltre illegale in base al Contratto collettivo di lavoro. Von Roll aveva inoltrato ricorso contro la decisione presso il tribunale cantonale, senza però avere successo: l'azienda si è perciò rivolta al Tribunale federale, che dovrebbe pronunciarsi in merito il 15 gennaio.
La decisione coinvolge anche il Ticino - Anche in Ticino i tribunali si sono occupati del pagamento di salari in euro, ma non per verificarne la legalità: le controversie erano legate al tasso di cambio applicato da alcune imprese. In determinati casi infatti le aziende, oltre a retribuire i dipendenti frontalieri in euro, applicavano tassi di cambio non in linea con le quotazioni del mercato.
Il tema ha interessato anche la deputazione ticinese alla Camere federali. Nel 2012 durante una discussione in Consiglio Nazionale, i parlamentari ticinesi si sono ritrovati su fronti opposti in merito ad una mozione presentata da Marina Carobbio per vietare il pagamento di salari in euro, firmata anche da Lorenzo Quadri e Fabio Abate. Secondo l'articolo 323b del Codice delle obbligazioni il salario deve essere pagato in franchi svizzeri, ma le parti possono derogarvi mediante accordo.
La deputata socialista aveva sostenuto che queste deroghe costituiscono un rischio accresciuto di dumping poiché i lavoratori frontalieri potrebbero essere spinti ad accettare salari inferiori a quelli degli svizzeri, un parere peraltro condiviso anche dal consiglio di stato ticinese (risposta a un'interrogazione di Gianni Guidicelli del maggio 2011). Fulvio Pelli si era però opposto alla proposta a nome della maggioranza della commissione del Nazionale, sostenendo che i casi erano rari e che simili pratiche venivano adottate solo in periodo di crisi. La mozione fu bocciata. Stesso esito ha avuto una seconda mozione a questo scopo discussa nel 2017 dal Nazionale.
Nella sua risposta, il Consiglio federale aveva sottolineato che in base al diritto svizzero il rischio economico dell'impresa non può essere addossato al lavoratore e che un peggioramento delle condizioni salariali soltanto per i frontalieri è discriminatorio secondo l'accordo sulla libera circolazione delle persone. Aveva inoltre ricordato che il tribunale del cantone di Basilea-Campagna ha giudicato "licenziamenti di ritorsione" quelli dei lavoratori frontalieri che non accettano peggioramenti delle condizioni salariali. Il versamento dello stipendio in valuta estera, infine, non esenta dall'obbligo di rispettare i salari minimi previsti nei contratti collettivi di lavoro. Per il governo queste garanzie sono sufficienti e non è quindi necessario vietare i salari in valuta estera.
La forza del franco svizzero nel 2011 ha indotto molte aziende a ridurre i costui di personale pagando in euro i dipendenti stranieri. Lo stesso è avvenuto nel gennaio 2015, dopo l'abbandono del tasso di cambio minimi fra franco ed euro da parte della Banca Nazionale Svizzera: molte imprese hanno aumentando gli orari di lavoro, riducendo le vacanze e i salari e versando le retribuzioni dei frontalieri in euro.