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LUGANO«Poche nascite? Questa sfiducia nella vita mi preoccupa»

04.12.18 - 14:12
Cinque anni da vescovo. Don Valerio Lazzeri si racconta in una lunga intervista. Spaziando dalle beghe dei preti ticinesi al “dramma” del Giornale del Popolo
«Poche nascite? Questa sfiducia nella vita mi preoccupa»
Cinque anni da vescovo. Don Valerio Lazzeri si racconta in una lunga intervista. Spaziando dalle beghe dei preti ticinesi al “dramma” del Giornale del Popolo

LUGANO – Un lustro da Monsignore. Don Valerio Lazzeri festeggia il 7 dicembre i cinque anni dalla sua ordinazione come vescovo di Lugano. Un traguardo significativo per il 55enne di Dongio (Blenio), confrontato anche con momenti di grande stress emotivo. Oggi si racconta a Tio/ 20 Minuti.  

Monsignor Lazzeri, cosa si ricorda del suo primo giorno da Vescovo?
Forse la percezione viva dell’intensità della fede e del sentimento di un popolo che chiede a un fratello di mettersi a disposizione. Perché a nessuno manchi l’annuncio del Vangelo e la possibilità di sperimentarne la fecondità e la bellezza.

All’inizio l’opinione pubblica si divise in due. C’era chi la riteneva molto preparato in teoria. Ma anche chi, proprio per questo, la giudicava poco avvezzo alle relazioni umane.
Era inevitabile che mi si attribuisse l’immagine del professore con poca pratica pastorale parrocchiale. Tuttavia, pur amando sempre moltissimo lo studio, la riflessione e il servizio della Parola, non mi sono mai identificato con il mio ruolo accademico. Ho sempre vissuto con grande gioia e riconoscenza le relazioni umane.

Ecco, parliamone…
Le vivo come l’aspetto più ricco e stimolante del mio ministero. Certo, ho dovuto abituarmi a un ruolo pubblico molto esposto e sollecitato, che non corrisponde immediatamente alla mia indole. In questo ambito, cerco di fare tutto ciò che è richiesto alla mia posizione, cosciente dei miei limiti.

Da 1 a 6 che voto si darebbe come Vescovo finora?
Citando San Paolo, potrei dire: “neppure giudico me stesso”, “il mio giudice è il Signore”.

Chiese vuote e Curia povera. Cliché che ricorrono spesso. Lei come vede questi due problemi?
Chi fa confronti con il passato, inevitabilmente constata una diminuzione della partecipazione numerica alla vita della Chiesa e, di conseguenza, di una contrazione del sostegno economico-finanziario alle sue realtà pastorali. Non si tratta ovviamente di negare i dati statistici, ma di evitare che diventino l’unico approccio possibile.

Dunque che tipo di approccio propone?
La realtà ecclesiale ticinese, ma non solo, è certamente in profonda trasformazione. Questo non significa che non ci siano chiari elementi di vitalità e di speranza per il futuro. Nei miei incontri con le persone, le comunità, le associazioni, i movimenti e i gruppi presenti in Diocesi, sono costantemente sorpreso dalla generosità, dalla perseveranza, dalla creatività che vi si manifestano.

La parola “secolarizzazione” le fa paura?
La parola “secolarizzazione” ha assunto nel corso degli anni così tante accezioni che oggi rischia di non significare più niente. Penso che molte volte venga utilizzata per ridurre in modo troppo schematico la profonda e complessa trasformazione umana, culturale e spirituale, che stiamo vivendo.

Parliamoci chiaro. A molti ragazzi delle nuove generazioni di Dio sembra importare poco…
Di fatto, Dio continua a essere all’opera nei cuori, anche quando le parole religiose umane sono inadeguate o finiscono per risultare irrilevanti. La grande sfida è quella di riuscire a rinnovare costantemente il nostro ascolto, sia della parola di Dio custodita dalle Scritture, sia delle parole con cui si esprimono oggi le esperienze umane più vitali e significative.

Non le sembra che alcuni sacerdoti abbiano ancora un modo troppo “tecnico” di esprimersi?
Il linguaggio troppo “tecnico” è certamente un ostacolo. Tuttavia, non si tratta soltanto di modificare la strategia comunicativa, bensì di cercare insieme la radice ultima di ciò che è autenticamente umano. A questo riguardo, sono convinto che la grande risorsa che avremo sempre come cristiani è la testimonianza, a noi affidata, della singolare qualità della vita filiale e fraterna di Gesù di Nazaret. C’è un’eloquenza del Vangelo che è più forte del rifiuto contemporaneo del linguaggio religioso e sacrale. Avere difficoltà con le espressioni ufficiali della “religione”, non vuole necessariamente dire che non si è interessati alla fede, alla speranza, all’amore.

Gli svizzeri fanno pochi figli. Gli immigrati, legati ad altre religioni, ne fanno tanti. Come cattolico, è preoccupato?
Sarei veramente preoccupato se non ci fosse più nessuno, né svizzero né immigrato, disposto a generare figli. Detto questo, il vero problema non è tanto quello di vedere aumentare i membri di altre religioni, ma di dovere constatare la sfiducia nella vita e la paura del futuro che caratterizzano le nostre società occidentali, dove le nascite diminuiscono continuamente. Che cosa spegne nei cuori il desiderio della trasmissione della vita e della fecondità?

Preti litigiosi, preti contestati dai parrocchiani. Negli ultimi mesi sono stati tanti i grattacapi per il Vescovo.
In questi cinque anni sono stati effettuati vari trasferimenti di parroci. La maggior parte di essi è avvenuta senza troppe difficoltà, con la collaborazione di tutti. Le variabili di cui tenere conto, in ogni caso, sono però davvero molte e può capitare che le cose non evolvano nel senso desiderato e si creino situazioni di conflitto.

Alcune vicende sono pure finite sui media. Come si gestiscono queste situazioni?
In un primo tempo, si cerca di ascoltare tutte le parti coinvolte cercando di favorire il dialogo, per contribuire a una migliore intesa reciproca e per trovare dei correttivi. Oggi, capita però che le persone siano meno disposte a entrare in un processo di confronto tra idee, posizioni, sensibilità diverse. Anche grazie alle nuove modalità di comunicazione, si arriva rapidamente ad atteggiamenti di contrapposizione frontale, che finiscono per paralizzare la vita delle comunità. Si cerca allora di intervenire tenendo presente il maggior bene possibile per le persone e per la missione propria della Chiesa.

Lei è stato il Vescovo che ha vissuto in prima persona il naufragio del Giornale del Popolo. Cosa si porta dietro di questa esperienza?
La grande sofferenza che, a tanti livelli, una decisione del genere ha inevitabilmente provocato. In primo luogo, a tutti coloro che hanno perso il lavoro, ma anche a tanti affezionati abbonati e lettori, che si sono visti improvvisamente privati di una voce importante per la loro vita e per la presenza e la missione della Chiesa in Ticino. Sono però convinto che essere pastore significhi anche, molte volte, portare le conseguenze di scelte che circostanze non volute rendono in certi momenti inevitabili.

In questi anni, di fronte anche a difficoltà oggettive, non ha mai pensato di gettare la spugna?
La nostra umanità ci espone continuamente alla sproporzione tra quello che ci è richiesto e quello che riusciamo effettivamente a fare. La tensione a volte è forte, ma finora ho vissuto i momenti più difficili come un’occasione per rinnovare il mio affidamento a Colui che può dare la forza. Cerco di vivere ogni giorno nella coscienza che se dovessi contare solo su me stesso, dovrei continuamente “gettare la spugna”.

Cosa fa il Vescovo di Lugano per staccare la spina?
Cerco di riservare il tempo per coltivare le relazioni importanti, gli incontri con gli amici, le letture. In passato, avevo più possibilità per la musica, il cinema e l’arte. Oggi è un po’ più difficile. Una giornata in valle, però, mi aiuta sempre a ritrovare il mio equilibrio interiore.

Don Valerio Lazzeri ha un sogno nel cassetto per i prossimi anni?
Non sono tanto capace di tenere sogni nel cassetto. Quelli che ho preferisco cercare di condividerli con gli altri il più possibile. Credo che ci sia sempre la speranza di arrivare a sognare lo stesso sogno insieme e così cominciare a viverne da subito un inizio di realizzazione.

D’accordo, ma un desiderio concreto, da qualche parte, ce l’avrà anche lei, o no?
Il sogno più grande è per me la Comunione tra le persone, arrivare a estendere il più possibile su questa terra la gioia di essere amati e di potere amare, trasformare tutti i possibili motivi di divisione e di contrapposizione in esperienza autentica dell’alterità, che ti fa raggiungere la verità di quello che tu sei nell’incontro beatificante con chi tu non sarai mai.

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COMMENTI
 

Esse 5 anni fa su tio
...che livello qui sotto ...meglio che il trend rimanga tale ...mi vien da dire

volabas 5 anni fa su tio
vedo da diversi commenti, un auspicio a che i preti possano sposarsi...piu' che giusto, ma anche se non si sposano trombano ugualmente

F/A-18 5 anni fa su tio
Risposta a volabas
O per lo meno si autoarrangiano.

cle72 5 anni fa su tio
Beh! Che la chiesa inizi a levare il marcio spedendo tutti i preti vescovi arcipreti ecc ecc pedofili a marcire in galera altro che spostarli di curia e basta. Fare figli per poi mandarli al catechismo rischiando di essere violentato da questi. Preoccupati di questo!!! Chiesa mafia =

F/A-18 5 anni fa su tio
.....e le chiese si svuotano, per forza, non sono credibili.

siska 5 anni fa su tio
I bravi preti che si preooocuuupaaano? ah ah ah ah ah ah ah

clay 5 anni fa su tio
detto da un prete è tutto dire....che pensi al GdP...e non pensi ai figli che non ha !? (forse)

negang 5 anni fa su tio
Incertezza economica = pochi figli that's all. Ogni figlio costa come un appartamento. Se ne metti al mondo 4 e poi ti licenziano con l'attuale sistema vai a mendicare per strada, tu e tutti i tuoi figli. Ghe n'e' mia de ball !

Bandito976 5 anni fa su tio
Inutile dire che fare i figli al giorno d'oggi per poi vederli tra 40 anni soffocare nell'inquinamento

Lucadue 5 anni fa su tio
I figli fatti al giorno d'oggi potranno scegliere se fare il lavavetri o il lavapiatti. Non mi sembra un futuro allettante.

streciadalbüter 5 anni fa su tio
Se tutti facessero come il vescovo la crescita sarebbe sottozero.

BillieJoe 5 anni fa su tio
Gli Svizzeri fanno pochi figli perché costano più degli adulti e lo stato massacra lo stesso... Gli immigrati ne fanno di più, per ottenere il permesso, siccome i figli hanno la cittadinanza dove nascono, per non parlare di tutti i sussidi e soldi in più che ricevono... E come sempre, per qualsiasi cosa, gli Svizzeri vengono fregati in casa propria, mentre gli altri hanno solo benefici...

elvicity 5 anni fa su tio
Risposta a BillieJoe
I figli hanno la cittadinanza dove nascono? Dove qui? Nono

KilBill65 5 anni fa su tio
Ha ragione a porsi delle domande.....Sarebbe bello da Vescovo o da padre di famiglia?.....Sta qui la differenza!!....

dan007 5 anni fa su tio
Non è sfiducia la vita è cara e niente si fa per aiutare le famiglie anzi si rischia il licenzuamento

Pepperos 5 anni fa su tio
I figli costano e poi creano problemi! Lei signor vescovo questi problemi li tiene lontano...
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