Molla il posto sicuro e diventa “cambiavalute virtuale”. Filippo Moor, 46 anni, padre di famiglia, si racconta. Intanto, il noto economista Sergio Rossi ribadisce: «Solo speculazioni»
LUGANO – A 46 anni ha deciso di mollare il posto sicuro in banca per lanciarsi nella sfida delle criptovalute. Oggi Filippo Moor, luganese, sposato e padre di due bimbi, è il responsabile di un cosiddetto “exchanger”. Fa, in pratica, il cambiavalute online di criptomonete. Stregato dai bitcoin, da qualche mese lavora per la più importante azienda del settore “Fintech” nella Svizzera italiana, il cui numero di impiegati supera le 70 unità. «E non si pensi che il passo sia stato facile – sostiene –. Non perché uno fa carriera bancaria, per forza se ne intende di bitcoin o di blockchain. Anzi, è più probabile che ne capiscano quelli che molti definiscono “nerd”, gli smanettoni del computer».
La piazza finanziaria ticinese non è più quella dei tempi d’oro. Lei avrebbe, comunque, potuto starsene comodo, comodo, per i prossimi 20 anni…
So che potrebbe anche andarmi male. Ma io ci credo, anzi sono convinto che questo è l’inizio di una vera e propria rivoluzione digitale.
Il bitcoin è, in sintesi estrema, un protocollo, un codice numerico. Come si fa a dare tanta fiducia a cifre create tramite algoritmi?
Anche internet in fondo è così. Quando nacque, agli inizi degli anni ’90, pochi gli diedero credito. Poi ha rivoluzionato il mondo. In realtà la vera rivoluzione sta nella blockchain, che potremmo definire come un libro mastro digitale. È un’innovazione tecnologica con un potenziale immenso, le cui applicazioni sono in parte ancora tutte da scoprire.
Si spieghi meglio…
La blockchain è sicurissima, immutabile, incensurabile e soprattutto inhackerabile. E permette transazioni senza la necessità di un intermediario. Il suo funzionamento è indissolubilmente legato al bitcoin. In futuro potrebbe servire per custodire qualsiasi genere di documento sensibile. Anche gli atti notarili, ad esempio.
Torniamo al suo lavoro. Chi sono i suoi clienti?
Persone che acquistano bitcoin (o altre criptovalute), aspettando che un giorno il loro valore salga. E persone che le vendono perché desiderano incassarne il profitto. Un bitcoin oggi vale poco più di 6.000 franchi.
Che senso ha acquistare bitcoin sperando che il loro valore salga?
I bitcoin in circolazione da qui ai prossimi anni potranno essere al massimo 21 milioni. A un certo punto, per la sua natura deflazionaria, il bitcoin non potrà che crescere in valore.
E cosa succede se un giorno il valore del bitcoin, dovesse effettivamente salire di molto?
Chi ne possiede, deciderà probabilmente di venderli. In modo da incassare magari il doppio, o il triplo o anche di più, di quanto ha investito.
Sembra un giochino simile alla borsa…
Non proprio. Mentre la borsa è limitata negli orari, dal lunedì al venerdì, le criptovalute si possono negoziare 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Cambiano valore in continuo. Tanto per farvi capire, io non ho più gli orari d’ufficio. Mi porto il lavoro a casa, alla sera, anche nel weekend.
Non è un po’ terrificante?
A me non pesa. Evito comunque di trascurare la famiglia. Sono spinto dall’entusiasmo e dalla convinzione che questa tecnologia avrà un impatto enorme sulle nostre vite.
Pagheremo mai in bitcoin, al posto che in franchi o in euro?
Già adesso è possibile fare acquisti in bitcoin. Ad Ascona, ad esempio, hanno messo in vendita una casa.
Intendevo per acquisti più quotidiani…
No. Non penso. Anche se si sente spesso dire che, a breve, i colossi dell’e-commerce accetteranno i bitcoin come mezzo di pagamento. Il bitcoin resterà una specie di riserva di valore, molto potente. Un po’ come l’oro.
L’inventore del bitcoin non si è mai manifestato pubblicamente. Non teme che prima o poi emerga una “fregatura” colossale?
Sinceramente no. Ormai il bitcoin è slegato dal proprio inventore. Inoltre, i migliori sviluppatori di tutto il pianeta lavorano giorno e notte per migliorare questa tecnologia. Un’innovazione che è solo ai suoi inizi e che ha ancora enormi margini di miglioramento.
Il ticinese medio acquista bitcoin?
Alcuni sì. Io consiglio sempre di iniziare con piccole cifre. Di fare un passo alla volta. Anche perché poi, se per caso si perdono le password, chiamate in gergo “chiavi private”, non funziona come con la banca classica. Il rischio è di perdere i tuoi bitcoin per sempre.
Mi perdoni la schiettezza: a me sembra un sistema incredibilmente ansiogeno.
In realtà non è così complicato. Basta capire come funziona. In pratica tu diventi la banca di te stesso. Non hai più bisogno di un intermediario, di un istituto bancario. Tutto diventa decentralizzato.
Qualcuno sostiene che la blockchain, proprio perché esclude la necessità di un garante in transazioni sensibili, metterà in difficoltà le banche…
Infatti le banche temono la blockchain. Ma iniziano a guardare a questa innovazione. È destinata a cambiare radicalmente anche il settore finanziario. Borse come il Nasdaq, ma anche la borsa svizzera, hanno pubblicamente affermato di volere utilizzare la tecnologia blockchain. Se dovesse accadere, il treno del bitcoin partirebbe a tutta velocità.
Comuni come Chiasso e Zugo hanno lanciato la possibilità di pagare le imposte in bitcoin. Non è una follia?
È una bella trovata promozionale, soprattutto per attirare imprese internazionali attive nell’ambito “Fintech”. A scanso di equivoci, si pagano le imposte in bitcoin, ma istantaneamente l’equivalente viene tradotto in franchi, considerando il valore di cambio di quel preciso momento. E annullando di fatto il rischio che può generare la forte volatilità legata al prezzo del bitcoin.
Un’ultima domanda. A fine mese, lo stipendio glielo danno in bitcoin?
Che domanda. Come avviene tipicamente in questo settore, una parte del compenso può anche essere corrisposto in criptomonete.
Lo specialista Sergio Rossi resta scettico: «Solo speculazione»
Non ha mai cambiato di una virgola il suo pensiero. Tra gli acerrimi nemici del bitcoin, c’è, da sempre, Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e di economia monetaria nell’Università di Friburgo, uno dei personaggi economici più influenti della Svizzera. «I bitcoin sono rappresentati da una catena di blocchi numerici – sostiene – , la cui creazione non produce alcun reddito supplementare per l’insieme dell’economia. I bitcoin usurpano il potere di acquisto delle monete nazionali contro cui sono scambiati».
Insomma, per Rossi si tratta semplicemente di un’etichetta posta su depositi bancari legati originariamente a una moneta nazionale. «La volatilità dei tassi di cambio del bitcoin rispetto alle monete nazionali come il dollaro statunitense è al tempo stesso la causa e la conseguenza della speculazione su questa criptomoneta. Si acquistano e si vendono bitcoin con l’intento di speculare al rialzo o al ribasso su questo strumento finanziario».
Alcuni propongono che sia la banca centrale a emettere una criptomoneta nazionale. Rossi è possibilista. «Il bitcoin, come numerose altre criptomonete create fuori dal circuito bancario ufficiale, sparirà dalla circolazione a lungo termine, per lasciare il posto a criptovalute che saranno emesse nel sistema bancario tradizionale, dotato di una garanzia dei depositi fino a un certo importo e di una banca centrale che assicuri l’ordinato funzionamento del sistema dei pagamenti nell’economia nazionale».