Il caso di un 40enne italiano residente sul Ceresio mostra che "comprare" un lavoro in Ticino è ancora possibile
LUGANO. Una denuncia interessante è stata presentata, e poi ritirata, a inizio mese in Procura a Lugano. L'incarto è stato pochi giorni sul tavolo del Ministero Pubblico, finché il denunciante non ci ha ripensato. Il contenuto: una testimonianza di come, dopo gli scandali sui permessi fittizi, è ancora possibile comprare una residenza in Ticino.
Contratto fittizio - A raccontarlo è il diretto interessato, un cittadino italiano senza lavoro che, nel 2016, decide di «tentare fortuna» a Lugano. Per quasi un anno avrebbe versato in nero una somma mensile di 1700 euro «consegnati a mano» a un intermediario finanziario di Paradiso, in cambio di un contratto di lavoro fittizio. Paga dichiarata: 5500 franchi.
«Non riesco a trovare un lavoro vero» - «Non ho mai lavorato un solo giorno e non ho mai percepito un soldo, anzi ero io a pagare» si auto-denuncia il 40enne, che col passare del tempo si è ritrovato «in gravi difficoltà economiche, non riuscivo a trovare un lavoro vero, e ho accumulato debiti e mesi di affitto arretrati». Dopo aver chiesto indietro parte dei soldi (rifiutati) ha deciso di querelare l'intermediario.
Accordo tra le parti - Contattato da tio.ch/20minuti quest'ultimo afferma di «non ricordare» se e per quanto tempo il finto-collaboratore abbia lavorato per lui («Il permesso? Io ne faccio tanti!») e invita a contattare il suo legale. L'avvocato dopo alcuni giorni ci avvisa che «tra le parti è stato raggiunto un accordo» e non aggiunge commenti. Risultato: querela ritirata. Al Ministero Pubblico l'incarto risulta aperto e chiuso nel giro di dieci giorni. Fine della storia? È così semplice?
Il dibattito pubblico - Pare di sì. Senza una denuncia di parte, la Procura non potrà verificare le accuse del querelante (pentito). Il quale, al telefono, spiega di avere «accettato una compensazione economica in un momento di difficoltà», con buona pace della legge. Peccato. Forse sarebbe interessato saperne di più ai parlamentari che, nei mesi scorsi, hanno presentato interrogazioni sui permessi farlocchi. Al Dipartimento delle istituzioni pendono «diverse» richieste sul tema. L'ultimo dato al riguardo è del 2015: in Ticino, solo in quell'anno, ne vennero ritirati ben 92.