Il presidente del carnevale bellinzonese Flavio Petraglio non è felice per la mossa di Chiasso di anticipare la manifestazione
CHIASSO-BELLINZONA - I soldi girano, sembrano tanti, ma alla fine spariscono. I carnevali ticinesi sono in crisi economica: lo si è scoperto oggi, con la decisione del comitato organizzatore di Nebiopoli di snellire la manifestazione di due giorni (da 6 a 4) e anticiparla di due settimane. Una cura dimagrante in cui la forbice è calata anche sul Martedì grasso (sparirà nel 2020), giorno-simbolo del carnevale chiassese e di un'abbondanza mai così lontana.
In realtà, la crisi serpeggiava da anni. Lo si vede dai budget: 300-400mila franchi nella città di confine, in calo da tre lustri. «Abbiamo esaurito le riserve finanziarie, ormai siamo alla frutta» ha detto fuori dai denti il presidente Alessandro Gazzani. «Una perdita di 30-40mila franchi a manifestazione non era più tollerabile. Dovevamo reagire».
Le stesse cifre – mille franchi più mille meno – valgono anche per Re Naregna a Biasca e Or Penagin a Tesserete. Più piene invece le casse del Rabadan a Bellinzona, dove ogni anno entrano (ma poi escono) poco meno di 2 milioni di franchi, spiega il presidente Flavio Petraglio. «Attenzione però. La gente pensa che con i carnevali si facciano utili eccezionali: non è vero e lo stiamo vedendo». Da una parte «i proventi da alcolici in particolare sono in costante calo» e dall'altra «i costi fissi della sicurezza e dei trasporti aumentano inesorabilmente». La coperta è stretta: per ora il Rabadan «non ha in programma misure simili a Chiasso» ma il rischio è che si scateni una guerra al ribasso.
«La mossa di Nebiopoli ci tocca direttamente e, non lo nego, ci mette in difficoltà – commenta Petraglio –. La soluzione alle difficoltà economiche non può essere anticipare le date. Ora dovremo reagire. Può darsi che contratteremo con alcuni carri un compenso più basso. Una contesa dei gruppi? Adesso ognuno deve pensare a salvaguardare la propria manifestazione». Insomma lo scherzo di Chiasso non è piaciuto: dopotutto, non siamo a Carnevale.