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BELLINZONAIn Svizzera da 36 anni: ora deve andarsene

30.04.18 - 06:02
L’appello di Maria Pizzolla, 58enne italiana, al Governo: «Mi cacciano perché sono depressa. Rivedete il mio caso». La sua è una storia fatta di ingenuità e molte ombre
Foto Tio/20minuti
In Svizzera da 36 anni: ora deve andarsene
L’appello di Maria Pizzolla, 58enne italiana, al Governo: «Mi cacciano perché sono depressa. Rivedete il mio caso». La sua è una storia fatta di ingenuità e molte ombre

BELLINZONA – «Ho lavorato quasi 20 anni. Ho sempre pagato i contributi sociali. Ora devo lasciare il Ticino, solo perché sono depressa». È la storia, controversa, di Maria Pizzolla, 58enne italiana, originaria di Taranto, in Svizzera da ben 36 anni. La sua è una lunga Odissea, fatta di burocrazia e di ingenuità. La lettera del Consiglio di Stato, tuttavia, parla chiaro. Maria, entro il 13 maggio, deve abbandonare la Confederazione. «Mi danno della furba e della scansafatiche. Eppure, ho sempre sgobbato. Finché ho potuto».

Le due campane – Difficile capire dove stia effettivamente la verità. Maria appare come una donna fragile. Da una parte c'è la "sua" verità. Dall'altra la decisione dell'autorità, che non fa una grinza. Quello che è certo è che vicende come quelle di Maria, contraddistinte da poca conoscenza delle leggi e da molte ombre, sono piuttosto frequenti.   

L’arrivo a Basilea – È il mese di agosto del 1982 quando Maria dalla Puglia si trasferisce a Basilea, col marito, anche lui cittadino italiano. Maria riceve subito il permesso C. «All’epoca funzionava ancora così. Te lo davano immediatamente. Avevo, da subito, gli stessi diritti degli svizzeri». Nel 1983 nasce il primo figlio. Nel 1987, arriva la secondogenita. «Dopo i primi anni da casalinga e mamma, dal 1992 ho iniziato a lavorare. Ho fatto soprattutto pulizie, nonostante avessi in tasca un diploma di educatrice infantile».

 Il trasferimento in Ticino – Nel luglio del 2002, dopo la separazione dal marito, Maria si sposta in Ticino, dove farà la barista, la cameriera, l’operaia in fabbrica. «Me la sono sempre cavata da sola. Ma allo stesso tempo sentivo dentro di me la depressione che avanzava. Anche in seguito alla morte di mio padre».

 L’episodio chiave – Nel 2008 accade un disguido che si verificherà decisivo per il destino di Maria. La donna si trasferisce da Agno a Viganello. Ci sono problemi burocratici, relativi a una sua presunta parentesi in Italia. Emergono difficoltà nel rinnovo del permesso C. «A quel punto mi consigliano di ripartire dal permesso B. Io, stupidamente, ho accettato. Nella convinzione che tanto, di lì a cinque anni, avrei potuto riavere il permesso C, come da prassi».

Il crollo – Due anni più tardi, però, la malattia di Maria prende una brutta piega. «Avevo un malessere dietro l’altro. Dopo una serie di controlli ho scoperto di avere un’artrosi cervicale acuta e un’ernia al disco. A livello morale ho avuto un crollo. Passavo dal ridere al piangere in pochi minuti».

Il paradosso – A un certo punto, dopo una lunga degenza, la donna perde il suo lavoro presso un’impresa di pulizia. E scivola nel limbo dell’assistenza. Nel 2011 si sposta a Bellinzona, suo attuale luogo di domicilio. E qualche anno più tardi le autorità si fanno vive per il canonico rinnovo del permesso. «Il permesso B lo puoi avere solo se hai un lavoro. È chiaro. E io non ce l’avevo più, per colpa della mia malattia. Il paradosso sta nel fatto che per anni avevo avuto il permesso C, che mi garantiva serenità e tranquillità. Mi sembra di vivere un incubo».

L’appello – Scatta così un lungo, infinito, braccio di ferro con le autorità cantonali. Che di fatto si attengono alle leggi in maniera corretta. «Sono stata seguita da un avvocato – ribatte Maria –. Non capisco come abbia operato. Non ho mai potuto parlare con le autorità direttamente. Io sono disposta anche a lavorare, nel limite delle mie possibilità fisiche. Ora, però, devo lasciare la Svizzera. È un dato di fatto. Chiedo al Governo di rivedere la mia situazione. In Italia non ho nessuno. Non so neanche dove andare».

Ecco quando uno straniero deve lasciare la Svizzera
Cosa dice la legge? Lo spiega Thomas Ferrari, capo della Sezione della popolazione

Quello della signora Maria Pizzolla è un caso isolato? Quante sono le situazioni analoghe che il Cantone è chiamato ad affrontare ogni anno? Lo abbiamo chiesto al Dipartimento delle istituzioni. A rispondere è Thomas Ferrari, capo della Sezione della popolazione, che subito specifica di non potere rilasciare informazioni sulle circostanze specifiche di casi concreti. Per questo motivo non si esprime sul racconto della nostra interlocutrice.

Quante sono al momento le persone con un permesso B o C in Ticino?
In base ai dati regolarmente pubblicati dalla Segreteria di Stato della migrazione a fine febbraio figuravano un totale di 36.857 permessi B e 60.715 permessi C attivi. Si tratta del totale complessivo dei permessi attivi a prescindere dalla data di rilascio o rinnovo.

Quali sono i motivi principali che possono condurre a una decisione negativa su un permesso di soggiorno?
Tutte le decisioni presentano peculiarità diverse e possono essere adottate anche per più di uno dei motivi previsti dalle disposizioni applicabili. Possono condurre a una decisione negativa motivi di ordine pubblico, dipendenza dall’assistenza, dimore fittizie, perdita dello statuto di lavoratore UE/AELS.

In presenza di una decisione negativa quali sono le opzioni per il destinatario?
Ogni decisione emessa dall’Ufficio della migrazione può essere impugnata tramite le ordinarie vie di ricorso. Sia le decisioni dell’Ufficio della migrazione, sia le determinazioni delle istanze superiori, indicano chiaramente le motivazioni che le contraddistinguono. Tecnicamente si tratta di decisioni negative emesse sotto forma di revoca, non rinnovo o non rilascio di un permesso, le quali si concretizzano con la fissazione di un termine di partenza. 

L’autorità può tenere conto di circostanze particolari nell’ambito della fissazione dei termini di partenza?
Le condizioni per fissare i termini di partenza sono definite in maniera restrittiva dalle disposizioni applicabili e permettono la concessione di tempistiche particolari solo in circostanze di comprovata necessità.

 

 

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