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CANTONEGli identikit ticinesi: ecco cosa c'è dietro

02.05.18 - 09:13
La Polizia cantonale ne disegna una decina l'anno. E sono cambiati molto nel corso del tempo
foto tio.ch/polizia cantonale
Gli identikit ticinesi: ecco cosa c'è dietro
La Polizia cantonale ne disegna una decina l'anno. E sono cambiati molto nel corso del tempo

BELLINZONA - Il più incisivo risale al 2005. Ritrae un 19enne autore di una rapina a un tassista. «Un poliziotto della comunale di Bellinzona riconobbe il ragazzo nella zona dei Castelli e lo arrestò» ricorda oggi chi fece il disegno. «Fu uno dei primi realizzati al computer». Prima la polizia componeva a mano gli identikit dei ricercati. Come quello dell'accoltellatore "del Maghetti", un cuoco italiano che, nel 1994, fu protagonista di undici aggressioni ad altrettante donne per le vie di Lugano. Il suo volto sbarbato campeggia in una teca nei corridoi della Scientifica, alle Semine di Bellinzona. «Anche lui - raccontano in via Chicherio - fu infine riconosciuto da un agente della comunale».

Tecniche che cambiano - L’ispettore Marco Galli fa parte del piccolo team (tre agenti) che realizza gli identikit per la Polizia cantonale. Scorre le immagini sul computer portatile con cui, di volta in volta, si reca a casa di chi ha assistito a un reato. Agente e testimone siedono fianco a fianco, davanti al software: «Componiamo insieme le fattezze del ricercato. Naso, bocca, occhi, capelli.  Attingiamo a una banca dati con oltre 5mila elementi» spiega Galli, mentre con pochi clic compone volti a ripetizione. «Una volta non era così semplice».

Dai puzzle ai lucidi - Il vecchio sistema in uso fino al 2005 presso la polizia consentiva molte meno varianti, attraverso delle schede lucide sovrapponibili manualmente. Erano stipate in una pesante ventiquattrore, che Galli e colleghi ora conservano in ufficio per ricordo. «Prima ancora utilizzavamo dei cartoncini componibili, una specie di puzzle». E se non bastavano? «In un’occasione ci siamo rivolti a un caricaturista, per l’omicidio di Ponte Capriasca» raccontano.

Ad uso interno - Rispetto al passato, anche la frequenza degli identikit è cambiata. Con la diffusione della videosorveglianza nei locali pubblici, oggi «le ricostruzioni facciali vengono realizzate per lo più per reati avvenuti in ambiente domestico, o all’aperto» spiega Galli. «Ma ci limitiamo ai reati gravi, la media è di cinque-dieci casi l’anno». La maggior parte degli identikit vengono diramati ad uso interno, a pattuglie e posti di polizia, «solo in casi di pericolo pubblico li diffondiamo alla popolazione». La polizia, comunque, è ancora convinta dell’utilità di questi strumenti. «In alcune occasioni sono stati risolutivi. Si è trattato di casi rari. Ma per le indagini rappresentano ancora un valore aggiunto».  

«Un disegno sofferto»

Armando Boneff è autore dell'unico identikit disegnato a mano nella storia ticinese. Tutto accadde una mattina del dicembre 2002. «Fu una cosa velocissima. Ricevetti a sorpresa una telefonata dalla polizia – ricorda il caricaturista e deputato –. Mi chiesero se ero disposto a collaborare».

Nel giro di un'ora l'unica testimone dell'omicidio di Ponte Capriasca venne accompagnata a casa sua. «È stato un disegno sofferto, che non vorrei ripetere. La ragazza era ancora sotto choc, e dovetti indurla a ricordare. Il tutto senza esperienza e preparazione». Alla fine il killer fu identificato grazie a un radar stradale, ma il ritratto (il quinto nella gallery) a giudizio dell'autore «risultò per lo meno somigliante, seppur di scarso valore artistico». 

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