Il noto stilista stigmatizza il comportamento dell’Ispettorato del lavoro «particolarmente aggressivo». Mangiavano una pizza a tarda sera. «Lugano a quell’ora offre poco in fatto di ristorazione»
LUGANO - «Non sono i controlli il problema, ma la modalità con cui sono stati effettuati». Philipp Plein è di fretta. Sta salendo su un aereo, ma ha voluto ugualmente offrire una dettagliata precisazione circa lo sfogo affidato ai social dopo l'ennesimo controllo dell'Ispettorato del lavoro.
Prima di tutto ha voluto ricordare che, assieme a lui nello stabile di Lugano, ieri sera erano presenti dei fornitori italiani: «Erano venuti per discutere la collezione, presentare materiali, prototipi e prodotti di questo genere. Purtroppo - sottolinea lo stilista - Lugano offre limitate possibilità di ristorazione esterne a quell'ora. I fornitori dovevano rincasare e, nell'esercizio di una normale ospitalità, abbiamo deciso di offrire loro da mangiare».
Da qui le pizze messe a disposizione: «Il tutto per un'occasione conviviale - aggiunge Plein -. Il problema si è presentato con l'intervento delle autorità, particolarmente aggressivo. Ci hanno intimato di lasciare l'ufficio».
Per lo stilista non era necessaria quella modalità per un controllo: «Il mio stabile è interamente a vista. Siamo assolutamente trasparenti. Nessuno voleva nascondere niente». Riguardo le ripetute segnalazioni di chi afferma di vedere sempre le luci accese nei suoi locali precisa: «È quantomeno superficiale giudicare gli orari di lavoro dall'illuminazione degli uffici. Le luci sono accese giorno e notte per rendere visibile la postazione. Gli orari di lavoro sono monitorati tramite un controllo automatizzato di ingressi e uscite. Per un'ispezione non c'è bisogno di questo tipo di scene».
Plein assicura l'assoluto rispetto degli orari dei propri collaboratori: «Non si verifica quasi mai che ci siano dei dipendenti al di fuori degli orari di lavoro». Quindi non nasconde la propria delusione: «L'atteggiamento coercitivo delle autorità ci ha indignati e danneggiati. È quantomeno triste da parte di autorità che vogliono rendere Lugano una destinazione attrattiva per gli affari. Comprendiamo la necessità di fare delle verifiche, ma intervenire in piena notte, manu militari, in presenza dei fornitori ci lascia interdetti».
Lo stilista teme per il suo lavoro e gli investimenti futuri: «Amiamo Lugano, ma siamo molto preoccupati da questo tipo di attitudine. Stiamo cercando di installare in Ticino tutte le funzioni del mondo della moda, dallo showroom all'e-commerce. Siamo l'unico marchio che vuole realmente fare questo a Lugano. Abbiamo preso ulteriori 1000m2 di shoowroom per presentare ai clienti che arrivano da tutto il mondo i nostri lavori. Questo viene fatto in un limitato periodo dell'anno. Se il cliente è in ritardo o ci sono imprevisti è necessario poter assicurare flessibilità. L'e-commerce, inoltre, richiede assistenza clienti anche nel weekend. Ma per il momento non abbiamo ottenuto i necessari permessi per assicurare questo tipo di attività. Si vuole essere davvero attrattivi? Bisogna comprendere anche i nostri bisogni».