L’allarme del deputato Matteo Pronzini: «Resterà solo un deserto di capannoni». L’esperto di diritto fiscale Marco Bernasconi: «Sarei cauto, ma il problema esiste»
BELLINZONA - «Da noi rimarrà solo un deserto di capannoni in un territorio devastato. Non occorre essere maghi per prevedere che le aziende venute in Ticino solo per interessi fiscali se ne andranno. La logistica dei grandi marchi ha i giorni contati in una realtà internazionale in cui le imprese pagheranno le imposte dove creano utili». A tracciare questo scenario fosco è il deputato dell’Mps Matteo Pronzini. La questione - con la riforma fiscale in cantiere - incombe: e se la moda in Ticino passasse di moda?
La protesi dopo le banche - Si tratta di un settore cresciuto enormemente negli ultimi tre decenni. Tanto che oggi la logistica dei marchi genera nel cantone un indotto fiscale di circa 90 milioni di franchi all’anno (su 350). In pratica “Fashion Valley” contribuisce quanto le banche nella loro stagione d’oro (ma senza lo stesso indotto per qualità di impieghi). Ed è stata una stampella decisiva per sorreggere le casse pubbliche dopo lo sgonfiarsi della piazza finanziaria.
La fine dei regimi privilegiati - «Nessuno è padrone del futuro» premette Marco Bernasconi, professore di diritto tributario. Che però alcune certezze le regala: «Nell’attuale e passata situazione i Cantoni erano autorizzati dalla legge a creare dei regimi fiscali privilegiati per certe aziende». Questo regime speciale, continua l’esperto, «già dal 2005 era sotto osservazione da parte della comunità internazionale che ne chiedeva la cessazione. Come? Con la legge di Riforma III che però è caduta nel 2017 in votazione popolare». Per paradosso se queste aziende hanno potuto beneficiare di un privilegio per ancora qualche anno è stato proprio grazie al referendum. «Se il progetto fiscale appena presentato dal Consiglio federale entrerà in vigore alla fine del 2018 o nel 2019 questi regimi saranno finiti. E dovranno finire, perché già ci hanno messo in una lista grigia. Rischieremmo di finire in quella nera».
Il braccio di ferro - La grande domanda è: come questi regimi cesseranno? «Tassando tutte le società allo stesso modo. L’attuale aliquota cantonale del 9% andrà abbassata in modo tale che queste aziende rimangono. Andrà fatto un calcolo aritmetico per recuperare la perdita sulle banche con la permanenza delle altre aziende». E se, argomento su cui punta Pronzini, la tassazione avverrà nel luogo di produzione? «È sicuramente una dalle possibilità - dice Bernasconi -. Sarei cauto, ma questo problema esiste. C’è da aspettarsi che sulla ripartizione degli utili di queste aziende ci sia un contrasto con gli altri Stati dove ci sono i ricavi».
Il potere dei manager - Infine il professore di diritto tributario evidenza un aspetto meno dibattuto: «A decidere dove trasferire le sedi delle aziende sono i manager. E siccome gli stessi manager tendono a favorire i cantoni dove la tassazione per le persone fisiche è più bassa, per il Ticino esiste anche questo problema di non concorrenzialità».
Insomma, un lavoro di sartoria non semplice attende la politica: ritagliare un abito fiscale di una taglia unica che calzi bene ai più. Affinché il Ticino non resti in braghe di tela.