Il dato, preoccupante, è in crescita. Uno studio commissionato alla Supsi svela il suo identikit: «In prevalenza uomini, sui 43 anni e spesso senza figli a carico»
BELLINZONA - Nel periodo 2012-2015 erano 25'334 gli assicurati morosi in Ticino. Di questi, 3'548 persone nel 2016 erano inserite nella cosiddetta “lista nera” e si sono viste sospendere le coperture delle prestazioni mediche non urgenti. Il motivo? Il mancato pagamento (ripetuto e spesso ingiustificato) dei premi della cassa malati.
Una situazione «preoccupante» che ha convinto la Commissione della gestione e delle finanze a richiedere un’analisi qualitativa relativa a questi assicurati sospesi. «Questo è dovuto – spiega il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Paolo Beltraminelli durante una conferenza stampa a Palazzo delle Orsoline – alla nuova legge federale sulla LAMal. Il Cantone paga l’85% dei costi (le casse malati coprono l’altro 15%, Ndr), ovvero 17 milioni all’anno, per sostenere gli assicurati morosi. Con l’introduzione della "Black List" abbiamo avuto un risparmio di circa 4 milioni. Il nostro obiettivo non è però solo finanziario ma soprattutto quello di responsabilizzare maggiormente i morosi. Attualmente un terzo di loro regolarizza la propria posizione prima o dopo la sospensione con il pagamento dei premi dovuti». Beltraminelli sottolinea poi che circa il 40% degli assicurati morosi viene «tutelato» da Cantone e Comuni. «Tra questi – puntualizza il direttore del DSS – molti sono minorenni, persone a carico dell’AI o che beneficiano dell'AVS. Non vogliamo infatti che queste persone, già di per sé fragili, debbano convivere con ulteriori difficoltà».
L’identikit - Lo studio fornisce un identikit delle persone presenti (in tre quarti dei casi da più di tre anni) nella “Black List”: in prevalenza si tratta di uomini (due casi su tre), hanno in media 43 anni e nella maggior parte dei casi (80%) non hanno figli a carico. Questo perché spesso «un figlio responsabilizza le persone», sottolinea Beltraminelli.
Sempre più casi – Dal 2013 al 2016 gli individui presenti nella "Black List" sono passati da 881 a 3'548. «Le uscite da essa sono abbastanza regolari mentre vi è stato un aumento delle persone che entrano nella lista», spiega Spartaco Greppi della Supsi, che con due colleghi ha elaborato lo studio. I dati sono stati raccolti in 1'212 nuclei familiari tassati in via ordinaria (42%) e d’ufficio (38%). Da qui la Supsi ha potuto creare un profilo. «Come già detto da Paolo Beltraminelli l’età media si attesta sui 43 anni e questo perché andando avanti con gli anni il rischio di cronicità aumenta. In maggioranza sono uomini, spesso non sposati. Le donne single sembrano invece abbandonare più facilmente la lista, così come i giovani che sono il profilo più presente tra i casi di successo.», precisa Greppi.
I fattori per l’uscita – Alcuni sospesi sono beneficiari di una copertura completa dei premi. «Questo – sottolinea il professore – aumenta le possibilità di successo dell’uscita dalla "Black List"». Altri motivi che favoriscono l’uscita dalla lista nera sono la presenza di figli a carico e avere un lavoro al momento della sospensione. Ma non solo. Possono accelerare l’abbandono della lista anche la presenza di sostanza mobiliare o immobiliare «per paura di perderle», come pure un aumento nel reddito nei due anni precedenti che è chiaro sintomo «di un miglioramento della situazione economica dei nuclei familiari».
Difficoltà – Trovano invece parecchie difficoltà ad abbandonare la “Black List” quelle persone che lavorano come indipendenti, che presentano debiti aziendali o che hanno sostanziosi debiti privati. «Questi tre fattori inibiscono in maniera pesante l’uscita dalla lista».
Un raggio di sole – Il lavoro svolto dalla Supsi ha dato delle risposte al Governo. «Ci confortano. Ora abbiamo delle piste per trovare delle soluzioni. Magari sensibilizzando pure i nostri deputati di Berna», ipotizza Beltraminelli. La soluzione ticinese è duplice: in primo luogo in termini preventivi e solo in seguito sanzionatori. «Si vuole sensibilizzare e responsabilizzare il cittadino. Ci sono diverse persone che non pagano anche se potrebbero permetterselo. Queste penalizzano chi agisce in maniera corretta e vanno quindi sanzionate».
Benefici - Beltraminelli poi guarda al positivo. «Un terzo degli assicurati morosi ha regolarizzato la sua posizione». La soluzione ticinese ha quindi portato vari benefici (anche grazie al ruolo dei Comuni). «Ha ridotto il rischio d’insolvenza, contenendo l’evoluzione della spesa a carico di Cantone e Comune e attivando la possibilità di intervento con prestazioni complementari a chi ne avesse bisogno».
Sguardo al futuro dei minorenni - Le misure finora adottate hanno quindi già portato effetti concreti, ma il DSS guarda avanti. Al futuro dei ragazzi ora insolventi minorenni che potrebbero portarsi dietro, una volta compiuta la maggiore età, un fardello parecchio pesante. «Non è giusto - conclude Beltraminelli - che i figli paghino per i debiti contratti dai genitori».