Sempre più over 40 costretti a emigrare dal Ticino per trovare lavoro. Il caso di Giovanni Cislini, ingegnere che ogni giorno fa la spola tra il Locarnese e il canton Nidvaldo
RIAZZINO – Ogni giorno trascorre almeno quattro ore in auto. Quelle che, tra andata e ritorno, lo separano da casa sua, a Riazzino, al suo posto di lavoro, a Stans, nel canton Nidvaldo. Giovanni Cislini, 46enne ticinese, di professione project manager nel ramo della meccanica, è confrontato con una sfida tosta. Che dimostra come, spesso, il tema della fuga dei cervelli venga banalizzato. Giovanni, in un momento in cui l’emigrazione dei lavoratori ticinesi è più che mai sotto i riflettori, racconta la sua storia. «Perché ho deciso di fare questa follia? Perché in Ticino di lavoro non ce n’è. E se c’è, è mal pagato».
Numeri che fanno riflettere – Sono quasi 5'000 i ticinesi tra i 20 e i 39 anni che lavorano nel resto della Svizzera. Ma il dato che fa riflettere, elaborato dall’Ufficio cantonale di statistica e messo in evidenza in un recente articolo di 20 minuti/tio.ch, è anche quello delle persone tra i 40 e i 50 anni: nel 2001 erano 573 i lavoratori ticinesi fuori cantone. Nel 2016, ben 1'269. Dal 2009 le partenze sono raddoppiate. Effetto della crisi? Sarà.
Genitori anziani – Fatto sta che il trend è in netta ascesa. E se per alcuni la scelta è quasi indolore, per altri gli inconvenienti sono parecchi. «Io non posso permettermi di trasferirmi oltre Gottardo definitivamente – dice Giovanni – mia moglie ha il lavoro in Ticino e deve stare vicina ai suoi genitori anziani. E poi vorrei anche godermi la mia terra. È un aspetto che gli esperti sottovalutano, come se fosse un disonore restare accanto agli affetti. In passato ho lavorato per diversi anni a Langenthal e a Zurigo. E anche per una ditta che mi faceva girare il mondo. A un certo punto uno vorrebbe un po’ di stabilità».
Studiare a oltre 40 anni – Giovanni si è ritrovato a dovere fare il pendolare tre anni fa, dopo essere rimasto a piedi in seguito a una ristrutturazione aziendale. «A 43 anni ero di fronte a un bivio. Facevo le mie ricerche e tutti mi rispondevano di no. Nel frattempo ho pure portato a termine un bachelor. Non è evidente rimettersi a studiare a una certa età».
Lontano dal proprio mondo – Il 46enne locarnese evidenzia i tanti, piccoli, inghippi con cui è confrontato quotidianamente. «Avrei potuto affittare un monolocale nel canton Nidvaldo, per viverci dal lunedì al venerdì. Ma che vita sarebbe stata? Da solo e lontano dai propri cari. In più avrei avuto dei costi importanti. Si sarebbe pur sempre trattato di un secondo affitto. Ho scelto di fare qua e là».
Con bus e treno non si può – I mezzi pubblici? «L’idea l’ho presa in considerazione. Ci avevo anche provato. Ma la mia sede di lavoro è un po’ fuori mano. Mi sono reso conto che avrei perso ancora più tempo. Senza contare che i treni sono sempre pieni zeppi. Fino a poco tempo fa potevo dedurre dalle tasse gli oltre 12'000 franchi spesi per le trasferte di lavoro, considerando benzina e manutenzione dell’auto. Adesso è stato fissato un tetto massimo di 2'000 franchi. Una bella fregatura per chi paga le tasse in Ticino, ma fa il pendolare in auto».
La paura del radar – Percorrere ogni giorno il tunnel del Gottardo è logorante. Giovanni sembra averci fatto l’abitudine. «Quello che più mi stressa sono i continui cambi dei limiti di velocità sulle autostrade. Si passa dai 100 all’ora agli 80, e viceversa, in poche manciate di metri. Ogni volta, appena ti distrai, rischi di prendere il radar. C’è un clima repressivo che non fa bene a chi viaggia in auto. I cantieri infiniti, poi, fanno il resto».
Una decisione forzata – Ogni tanto Giovanni pensa alle possibili ripercussioni che un simile stile di vita potrebbe avere sulla sua salute. «A lungo andare, uno rischia il crollo nervoso. Si fa presto a dire “andate in Svizzera interna a lavorare”. Ma lo può fare liberamente chi non ha problemi famigliari. Ci sono difficoltà oggettive che vengono spesso tralasciate. A me fa male pensare che il cantone in cui sono nato non abbia un posto di lavoro per me. Sono stato costretto a prendere questa strada».