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CANTONENoi, precursori del co-working: «Il posto fisso, però...»

11.10.17 - 06:20
Nato quattro anni fa per dare un ufficio (condiviso) a giovani freelance e lavoratori su commissione, in Ticino "Spazio 1929" ha fatto scuola: «Il futuro è questo, nonostante tutto»
Noi, precursori del co-working: «Il posto fisso, però...»
Nato quattro anni fa per dare un ufficio (condiviso) a giovani freelance e lavoratori su commissione, in Ticino "Spazio 1929" ha fatto scuola: «Il futuro è questo, nonostante tutto»

LUGANO - Sembra ancora ieri, invece sono passati quattro anni. Oggi gli spazi di co-working si moltiplicano, anche in Ticino. Chiasso, Mendrisio, Lugano di nuovo. Nel 2013 però sì, «ci sentivamo precursori. Eravamo consapevoli di essere i primi». A dare una risposta non convenzionale ai tempi che cominciavano a cambiare; e oggi continuano, in tutta fretta, fra maniere di lavoro sempre meno fisse e tipiche, sempre più autonome e a tratti anche precarie. 

Grande festa e porte aperte a tutti - «Il co-working è la risposta più interessante e utile a una situazione concreta di mutamento della società e del mercato del lavoro», riflette Nicola Bernasconi, 44 anni, produttore cinematografico. Lui c'era anche allora, quando esisteva il progetto ma non ancora la sede; quando poi fu fondato "Spazio 1929", che domani fa festa grande e apre le porte alla gente di Lugano per mostrare che cosa vuol dire condividere l'ufficio, spartirlo fra tante professioni differenti. Fotografi, ingegneri, designer, informatici, sceneggiatori, registi; mestieri che pretendono un po' d'estro e di talento, di visione. Non a caso loro amano chiamare quella villa di 500 metri quadri, immersa nel verde e nel centro di Lugano, un'«officina creativa».

Una casa ambiziosa per un progetto ambizioso - Una residenza del 1929 per otto ragazzi che all'epoca volevano lavorare come indipendenti, senza chiudersi per forza e alienarsi nella propria camera e la casa: una scelta un po' troppo ambiziosa, forse? «In effetti, la prima volta che siamo entrati a vederla, ce lo siamo detti. "No, aspetta, non si può". Ma l'affitto non era proibitivo, l'occasione era unica. Non c'era volontà di fare speculazione, essendo di proprietà della Cassa Pensioni che per anni l'aveva affidata alla Banca Zarattini. Cercbvano qualcuno che potesse destinarla a fini culturali. E Spazio 1929 fa anche cultura. Ospita mostre, eventi, workshop».

Dodici lassù nella mansarda - Poi ci sono loro, certo. I «liberi professionisti, lavoratori autonomi, studenti, piccole imprese» che passano di qui e si danno il cambio, in cerca di un posto dove stare qualche tempo. Dodici scrivanie su nella mansarda, open space che accoglie anche chi viene solo un giorno a settimana o due, chi mezza giornata, chi affitta un posto a ore, il tempo di concludere un lavoro e avanti il prossimo - si passa da 30 franchi al giorno a 325 al mese, secondo il tipo di contratto.

E uno "shop artistico" in arrivo - Cinque uffici, invece, al piano sottostante, da condividere però fra due o quattro, per un totale di altre quindici scrivanie e una maggiore privacy. Poi uno spazio espositivo, un atelier in mezzo al giardino e perché no, il giardino stesso. «In futuro potremmo pensare a dei laboratori, ci mancano». Intanto è pronto ad arrivare uno shop artistico, così da celebrare il traguardo che domani ufficialmente si raggiunge: «Lo allestiremo nell'area relax per mettere in vendita i nostri lavori. Ancora non esiste, lo realizzeremo con i fondi che raccoglieremo tramite asta».

Nuove persone a dare il cambio ogni mese - "Asta la festa", appunto, dalle 18 all'1 di giovedì 12 ottobre, quando ci sarà anche «un concerto, cibo, drink e birre artigianali, un esclusivo afterparty con dj-set» e la villa ospiterà ben più di quei 35 che ogni giorno arrivano, in sordina, per rimboccarsi le maniche e mettersi all'opera. «Allargarci? La misura è giusta. Inoltre stanno nascendo nuove realtà, che andranno ad assorbire eventuali altre richieste. La massa critica non è enorme, in Ticino. Ma non abbiamo mai avuto bisogno di far pubblicità». Tutte le volte che i numeri sembravano scarseggiare, tutte le volte che si diceva "Forse è il momento", «la gente arrivava prima». Liste d'attesa? «Dipende dai periodi. E tutto molto dinamico, flessibile». Ricambio? «Forte. Arrivano persone nuove ogni mese. Fissi saremo quindici venti», dice Nicola, appropriandosi di un aggettivo che, da queste parti, un poco in fondo stona. 

L'assunzione resta all'orizzonte, «ma non è più l'obiettivo» - Perchè qui si riuniscono ogni giorno professionisti cosiddetti atipici, estranei alla norma, l'abitudine e le certezze di un impiego dipendente. «L'età è fra i 30 e i 45 anni. Uomini, donne: nessuno prevale, si equivalgono. Anche le nazionalità sono diverse. Chi arriva qui, è proprio questo che cerca». Idee in circolo, un ambiente dove confrontarsi, mettere a profitto esperienze, conoscenze. Ma per metà è anche una scelta obbligata, una necessità legata alle difficoltà a trovare qualcosa di più stabile, che dia sicurezza. Il posto fisso, se si vuol essere sinceri, resta un desiderio. «È ovvio che rimane all'orizzonte. C'è anche chi comincia da noi, poi viene assunto e ci saluta. Magari ritorna, è capitato. Il posto fisso resiste, ma non è più l'obiettivo principale. Le nuove generazioni abbracciano una modalità lavorativa nuova, che spesso fa convivere il posto fisso, ma non al 100%, con l'attività individuale». 

Che cosa siamo, se non una piccola famiglia - È questo qui il futuro, dunque: è vero? Un lavoro che non ha confini definiti, che si avvale di spazi teoricamente accessibili 24 ore su 24, che sconfina là dove non dovrebbe? «È vero, rosicchia tempo alla sfera privata. Devi essere bravo tu a gestirlo. La direzione verso cui andiamo è questa, di pari passo con il mercato del lavoro, la flessibilità, la mobilità. Il co-working risponde a un'esigenza nuova, a una realtà dove cambiano le priorità, gli obiettivi, il concetto di famiglia». Però attenti, mette in guardia Nicola: «Non è solo lavoro. È socialità. Anche noi che cosa siamo, se non una piccola famiglia». 

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