Cerca e trova immobili

GAMBAROGNO«Mi puntavano la pistola e mi chiedevano di pregare per loro»

16.08.17 - 08:32
Don Angelo Treccani, il prete “ribelle” della Chiesa ticinese, racconta la grave crisi del Venezuela, dove da decenni, tra agricoltura e bambini abbandonati, segue un progetto diocesano
«Mi puntavano la pistola e mi chiedevano di pregare per loro»
Don Angelo Treccani, il prete “ribelle” della Chiesa ticinese, racconta la grave crisi del Venezuela, dove da decenni, tra agricoltura e bambini abbandonati, segue un progetto diocesano

GAMBAROGNO - Un “ribelle” della Chiesa ticinese confrontato con la grave crisi del Venezuela. Don Angelo Treccani, 77 anni, cresciuto nel Malcantone, fa il missionario a El Socorro, a sei ore di macchina da Caracas, dove gestisce un’azienda agricola e una casa di accoglienza per bambini abbandonati. In Ticino da amici, a Quartino (Gambarogno), racconta la discesa all’inferno del Paese sudamericano, alle prese con la dittatura di Nicolas Maduro e con le rivolte popolari. «Negli ultimi anni sono stato rapinato ben quattro volte – dice – sono in Venezuela dal 1983. È una terra che non riconosco più. L’emblema di come l’egoismo umano possa rovinare tutto».

Le proteste contro Maduro durano da mesi, i morti sono a decine. Che idea si è fatto della situazione?
«Se oggi siamo in queste condizioni, è anche a causa di come è stato gestito il Governo di Hugo Chavez. Lui era una persona intelligente, aveva buone idee. Ma applicate male. Tanto idealismo, ma poca sostanza. Distribuiva crediti a destra e a sinistra, sperando che la gente usasse questi soldi per fare investimenti, magari nell’agricoltura visto che il Venezuela ha terreni fertilissimi. Invece i giovani intascavano il denaro e si compravano le belle moto. Ognuno ha pensato per sé. La produttività si è fermata. E l’economia del paese è andata piano piano a rotoli».

Oggi i venezuelani fanno la fame…
«Sì. E pensare che il Venezuela avrebbe tutte le risorse per autosostenersi. Invece si muore perché mancano i farmaci più elementari. Lo stipendio medio di un operaio è al massimo di due dollari al giorno. Calcolate che una Coca-Cola costa mezzo dollaro e un chilo di zucchero un dollaro…»

Tutta colpa di Chavez, dunque?
«No. È stato circondato da persone sbagliate, che hanno pensato solo ad arricchirsi. Lui in fondo era un idealista. Dopo la sua morte è arrivato Maduro, che ha continuato a fare promesse senza poterle mantenere. Maduro ha perso la bussola. Vuole comandare da solo. E la gente è stufa. C’è molta incertezza. I paesi vicini chiudono le frontiere. Addirittura vengono annullati i voli aerei per il Venezuela. In questa terra c’era tanta allegria. Ora c’è solo miseria».

Lei porta avanti un progetto seguito dalla Diocesi di Lugano. Quanto risente di questa crisi?
«Tantissimo. I bambini abbandonati sono sempre di più. E le mamme sole anche. Noi accogliamo una ventina di ragazzini. Li accompagno io di persona a scuola, col pulmino. Qualche tempo fa sono arrivati alcuni disperati. E ce l’hanno rubato. Mentre mi puntavano la pistola, mi chiedevano di pregare per loro, affinché cambiassero strada. Si sono portati via anche tutti gli attrezzi che usavamo per i campi. La povertà fa fare brutte cose».

Che rapporto ha con la terra che coltiva?
«Intimo, bello. Lavoro con una decina di operai del posto. Coltiviamo mais, banane, meloni… Di tutto. L’idea iniziale del progetto era proprio quello di formare persone del luogo affinché potessero poi autogestirsi nell’agricoltura. Io ho deciso di restare in Venezuela, anche perché il clero ticinese per certi versi mi stava stretto».

In che senso?
«Non è solo un problema ticinese. La verità è che la Chiesa è un po’ troppo istituzionalizzata. Dà tanta importanza alle regole e le usa per giudicare e dominare la gente. E poi è troppo ricca. Il gesto che la Chiesa dovrebbe fare per riavvicinare davvero i fedeli sarebbe quello di abbandonare la ricchezza. Non esiste che un prete viva nelle comodità. E poi, basta con le discriminazioni. La Chiesa dovrebbe accettare il diverso. Un cristiano che rifiuta l’altro perché è diverso non può definirsi cristiano. Prendiamo l’esempio dei gay. Sono stati esclusi per secoli. Per fortuna ora c’è un Papa che ci apre gli occhi su questo tema. Chi sono io per giudicare? Non ha tutti i torti».

Lei, prima di fare il missionario, è stato parroco in diverse località ticinesi. Che ricordi ha?
«Belli. Fare il parroco è gratificante. Però a un certo punto, negli anni Settanta, sono andato in crisi. E ho chiesto al vescovo un congedo per andare a lavorare in fabbrica. Mi sentivo ipocrita a predicare la parola di Dio senza avere provato la fatica. Ho lavorato per sei mesi in una falegnameria. E per quattro anni in una fabbrica di tappeti per automobili. Poi ho deciso di lanciare un progetto per i tossicodipendenti, a Indemini, nel Gambarogno. Sempre legato all’agricoltura. Fino a quando, nel 1982, ricevetti una chiamata del Vescovo Ernesto Togni. Aveva un’idea per me».

Vale a dire?
«Io non sono mai riuscito a vedere il prete staccato dall’impegno sociale. Lui sapeva di questa mia necessità. E mi propose di andare in Venezuela, appunto. Per formare e istruire famiglie di contadini. Poco dopo mi trasferii. Tornai solo per un periodo, tra il 1990 e il 2000, perché volevo stare vicino a mio padre malato. In quella parentesi fui parroco a Curio. Una bella esperienza, anche quella. Io non rimpiango niente».

Nell’immaginario collettivo il missionario è colui che converte nuovi popoli al cristianesimo. Si riconosce in questa definizione?
«No. Io non converto nessuno. Sono i valori umani a contare. E i valori non appartengono ad alcuna religione. Io non ho mai fatto propaganda. Cerco di portare la mia testimonianza di fede. Questo sì. Ma senza imposizioni. Rispetto il musulmano come l’ateo. Al momento della nostra morte, non penso che saremo giudicati per la religione che abbiamo avuto, ma per quello che abbiamo fatto, per come siamo stati».

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 

Lourmarin 6 anni fa su tio
Ottimo

faby76 6 anni fa su tio
Ho conosciuto Don Angelo 15 anni fa perchè sono stato in Venezuela a lavorare con lui per qualche settimana. È una persona stupenda che lavora molto. Con lui ci sono anche dei volontari ticinesi che da anni collaborano con lui. Un esempio lodevole che è da sostenere.

Cardani 6 anni fa su tio
Con tutto il rispetto per il comento di Navy trovo sia un poco egoista, egoismo come quello che parla Don Angelo. Trovo che non si possa comparare i problemi che ci siano qui in Svizzera o in Europa con quelli che ci sono in Venezuela. Parliamo di problemi di POVERTÀ, di vera povertà. Di povertà di istruzione, di formazione, di alimenti di prima necessità (cioè latte per neonati, acqua, riso, sapone, deodorante, ecc), mancanza di lavoro e sopratutto povertà assoluta di sicurezza; quella sicurezza che in Svizzera c'è ne per fortuna, se vogliamo comparare. Don Angelo ha portato un granito d'arena a un paese che grazie a persone che pensano solo a se stessi hanno lasciato al popolo Venezuelano da solo con la sua disgrazia. Questa è la realtà. Lui per quanto leggo ha portato lo più valioso che può avere un essere umano le conociese e formazione, trovo che in Svizzera di questo c'è ne sia. Le persone "povere" in Svizzera vengono comunque aiutate di un modo o l'atro, in Venezuela questo non esiste e grazie a persone come Don Angelo ci sono dei poveri che trovano una strada migliore per vivere che non sia la delinquenza e la criminalità. Mi creda che qui viviamo in un paradiso e lo dici una Venezuelana, figlia di emigranti europei e latinoamericani che è stata adottata 10 anni fa per la Svizzera e che ammira questo paese tanto quanto il mio. Ammiro la valentia e coraggio di Don Angelo per non abbandonare il popolo Venezuelano in questi momenti, un'altro avrebbe presso le valigie e sarebbe tornato. Saluti.

negang 6 anni fa su tio
Tanto di cappello a questo prete ! Uno dei pochi che mi piace. Questo deve essere la chiesa. Però ritengo che con le preghiere poco si possa fare. In un paese come il Venezuela ci sono problemi che non si possono risolvere con le semplici preghiere. Perché rapinano ? Perché rubano ? Io ne ho sentiti tanti che sono stati rapinati come turisti ma anche tra coloro che abitavano la da anni che sono dovuti scappare e lasciare la tutto perché non si poteva più vivere. Non è che c'è un po' di sovrappopolazione ? In altri paesi più poveri non fanno queste cose perché la gente ha comunque una morale ed una cultura diversi. La caratteristica che accomuna i paese dell'America latina invece e' la violenza. Sempre presente in Brasile, in Venezuela, lo era in Colombia e non so cosa sia cambiato .. .mi cheido come mai. Sinceramente non ci sono mai stato e non posso comprendere.

F/A-18 6 anni fa su tio
Questo personaggio é da lodare, ha capito l'essenza della vita e l'ha messa in pratica. Purtroppo noi esseri umani siamo troppo egoisti e pensiamo solo al nostro orticello, apparenza e denaro, vuoti dentro, questa é per molti la nostra società.

navy 6 anni fa su tio
Caro Don Angelo, mi rincresce leggere delle difficoltà del popolo Venezuelano. I problemi ci sono anche da noi e anche se meno complicati vanno risolti. In Venezuela, come in altri paesi del mondo, i problemi sono diventati giganti perché non si è stati attenti a far ciò che non avvenisse. Pertanto, prima di andare dall'altra parte del mondo a risolvere grandi problemi, facciamo in modo che, davanti al nostro zerbino, i problemi siano trattati subito e rimangono così piccoli ma non, per questo, meno importanti. Saluti.

miba 6 anni fa su tio
Risposta a navy
Ciao navy, hai ragione, la situazione in Venezuela (in cui ho vissuto e lavorato per 2 anni)è davvero complicata ma mi fa piacere che Don Angelo non si è schierato né con Maduro né con l'opposizione e questo perché in quel meraviglioso paese per migliorare veramente le cose si dovrebbe (anche se è pura utopia...) fare una bella pulizia sia del governo che dell'opposizione...

navy 6 anni fa su tio
Risposta a miba
Ciao miba, grazie per leggermi e commentare! ne sono felice anch'io che non si sia schierato con nessuno. Nel tuo commento vi è parte di quanto, già io, ho espresso. Andare dall'altra parte del mondo a portare aiuti è senza dubbio lodevole ma se vi è eccessiva utopia, rischia di essere fine a se stesso e, pertanto, non del tutto utile per non dire inutile. In Europa abbiamo tante magagne ed è spesso solo per metterci, in qualche modo, la coscienza a posto che portiamo aiuti lontani ed omettiamo di guardare alla porta affianco ed essere solidali e provare empatia. Sono certo che capisci il mio pensiero e ti auguro una splendida giornata.

pulp 6 anni fa su tio
Risposta a miba
In casi simili, schierarsi é pericoloso..... quindi la scelta credo sia dettata più da ragioni "pratiche" che non ideologiche. Purtroppo in taluni stati, quando si parla di governo e opposizione, si arriva alla metafora tra la peggio feccia e la squallida feccia - ma sempre di feccia si parla. Per il resto, non credo che l'esempio di questo prelato abbia connotazioni negative sui vari problemi che ci sono da noi....ben vengano queste persone che donano se stesse per fare del bene all'umanità, in barba ai politici, alle regioni ecc. ecc.
NOTIZIE PIÙ LETTE