Natale archiviato con una sostanziale tenuta. Ora si guarda al Capodanno. Suter racconta come sono cambiati i tempi, al tramonto dell'epoca dell'abbondanza
LUGANO - Il Ticino dei consumi soffre. Lo ha ribadito, ancora una volta, Enzo Lucibello, il rappresentante della grande distribuzione ticinese, che non ha nascosto la preoccupazione e l'amarezza per l'ennesimo Natale sottotono.
Le feste non sono riuscite a ridare lo slancio ad un settore sofferente come quello della vendita, che da tempo ormai paga le conseguenze del franco forte, della concorrenza internazionale, del commercio online e della crisi del turismo.
Le dichiarazioni del direttore di Media Markt hanno sollevato il polverone. Giangiorgio Gargantini, rappresentante di Unia, ha teso la mano a Lucibello, invitando tutti gli operatori a riunirsi attorno a un tavolo per trovare soluzioni utili alla riscossa. Ma contemporaneamente ha ricordato l'aumento del costo della vita e la necessità di procedere ad una politica della ridistribuzione della ricchezza di fordiana memoria. «Difficile poter risollevare il settore, se i dipendenti della vendita guadagnano 3.100 franchi lordi», osservava martedì a Tio.ch/20 Minuti il sindacalista di Unia.
Per capire quanto sia stato avaro di soddisfazioni questo fine d'anno, è bastato scambiare due chiacchiere con chi nel campo ci lavora. «La diminuzione degli acquisti si è sentita», ha detto a microfoni spenti un addetto di un supermercato di alimentari ticinese. Pare che tra le cause della diminuzione degli acquisti per Natale, oltre alla spesa in Italia, vi si sia anche la tendenza di evitare lo stress della cucina ed andare al ristorante a mangiare nel giorno del 25 dicembre.
È vero? I ticinesi preferiscono trascorrere il Natale al ristorante anziché tra le quattro mura domestiche? A darci una risposta è Massimo Suter, presidente di Gastro Ticino che, dal suo osservatorio privilegiato, precisa: «Il giorno di Natale è stato abbastanza positivo, è vero. Bene o male, la volontà di andare in famiglia al ristorante c'è ancora, ma si nota un'inversione di tendenza. Sempre più persone prediligono le proprie quattro mura di casa». Per carità, la voglia di ristorante c'è ancora, e Suter non ha osservato particolari cambiamenti rispetto agli anni scorsi. «In linea generale, in tutti i casi, si ha meno voglia di spendere. Si è più accorti», precisa Suter. I bei tempi dell'abbondanza, della piazza finanziaria luganese che distribuiva bonus folli, che davano sfogo ad aperitivi pantagruelici ed a spese senza freni sono ormai un lontano ricordo. E allora ecco non si brinda più con lo champagne, ma con un prosecco. E durante il pranzo ci si limita con il vino, non si esagera con le bevande e dopo, pasto, si rinuncia all'ammazzacaffé e al dolce.
E per il grande veglione di Capodanno? Cosa si prevede? «Il capodanno è un po' anomalo. I veglioni classici, quelli dalle 8 di sera alle 3 del mattino per intenderci, vanno scomparendo. Dal 2000 in poi, quando sono arrivati i capodanni in piazza a Lugano e poi in altre città ticinesi, si è creata la moda di condividere la festa di fine anno. Le visite ai ristoranti ci sono. Ma si finisce a mangiare in fretta, con la scelta di menù non troppo pesanti né costosi. Alle 23 ci si dirige poi in centro città e poi ci si rintana in casa senza eccessivi formalismi».