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BELLINZONA"Basta ricevere soldi dallo Stato e spenderli in Italia"

21.09.15 - 08:20
L'attacco di Stefano Gazzaniga, direttore di Viscom Ticino: "Non si può continuare a fingere di non vedere". Ecco alcuni nomi di ditte ed enti che stampano oltre confine
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"Basta ricevere soldi dallo Stato e spenderli in Italia"
L'attacco di Stefano Gazzaniga, direttore di Viscom Ticino: "Non si può continuare a fingere di non vedere". Ecco alcuni nomi di ditte ed enti che stampano oltre confine

BELLINZONA - Il Centro culturale M.A.X. Museum di Chiasso, l'Archivio del moderno e l'Accademia di architettura di Mendrisio, la pinacoteca Züst di Rancate. In alcuni casi perfino l'archivio di Stato di Bellinzona. Sono solo alcuni degli enti pubblici che beneficiano di sussidi cantonali per stampare i loro cataloghi, ma che con una certa frequenza li fanno poi realizzare in Italia. La tendenza preoccupa, e non poco, Stefano Gazzaniga, direttore di Viscom Ticino, l'associazione che dà voce all'industria grafica. "Questi sussidi in fondo sono soldi che la gente versa con le tasse - tuona -. È scandaloso che finiscano in Italia".

Indignazione - La bomba è scoppiata dopo l'articolo di Ticinonline sui sussidi statali all'editoria ticinese. Quasi mezzo milione di franchi all'anno. Le reazioni di alcuni editori indignati sono state forti. Perché in molti non agiscono in modo corretto. "I sussidi pubblici - riprende Gazzaniga - andrebbero sempre spesi su suolo svizzero. Se uno non è d'accordo, allora rinunci all'aiuto statale. Non dimentichiamo poi che in molti casi un museo appartiene al Comune o al Cantone. I soldi utilizzati sono dunque completamente pubblici. Non solo per quanto riguarda i sussidi. Certe cose le paghiamo tutti quanti, con le imposte".

Motivazioni discutibili - Spesso chi decide di stampare in Italia motiva la scelta con una questione di maggiori possibilità di distribuzione. "Ma si tratta di frottole - replica Gazzaniga -. In Ticino ci sono editori che possono distribuire tranquillamente anche a livello internazionale. Diciamolo chiaramente: si va in Italia a stampare per risparmiare. E forse per una questione di prestigio. Già perché potersi vantare di essersi affidati a Skira, Silvana Editoriale, Mazzotta o Electa non è da tutti. Però, allora, si abbia l'onestà di non usare i soldi dei cittadini ticinesi per farlo":

Crisi nera - La situazione dell'industria grafica nella Svizzera italiana è precaria. E sono parecchie le tipografie che raschiano il fondo del barile. Alcune non possono nemmeno più permettersi di formare apprendisti. "La cosa vergognosa è che noi abbiamo già fatto presente questo fenomeno alle autorità cantonali. Ci hanno risposto che per loro l'importante è divulgare la cultura. Il luogo in cui viene prodotta l'opera sembra non essere determinante per lo stanziamento del contributo".

Stop ai furbi - Di queste condizioni approfittano anche diversi privati. Alcuni autori ricevono il sussidio statale e poi si affidano a editori svizzeri che spesso stampano in Italia. Da questa lista spuntano, ad esempio, le Edizioni Ulivo di Balerna e Gabriele Capelli Editore di Mendrisio. "Sono le autorità e i funzionari a doversi muovere adesso. Ma a livello generale. Pensiamo allo sport: tante società ricevono i contributi di Sport Toto, ma poi vanno a stampare le maglie in Italia. Vi sembra corretto? Bisognerebbe regolamentare il tutto. Chi riceve sussidi, deve mostrare i giustificativi che dimostrino come il prodotto sia realizzato su suolo svizzero. Qualche tempo fa era stata messa in piedi una commissione che si chinasse sul problema. All'inizio tanto entusiasmo, ma al secondo appuntamento è tutto crollato. Pazzesco".

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