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CANTONE"Stiamo diventando un'enclave, reagiamo prima che sia troppo tardi"

30.01.15 - 11:58
Salari tagliati e retribuiti in euro, vacanze cancellate, degrado delle condizioni di lavoro, dipendenti ricattati. L'allarme di Borelli (Unia): "Intervenga la politica"
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"Stiamo diventando un'enclave, reagiamo prima che sia troppo tardi"
Salari tagliati e retribuiti in euro, vacanze cancellate, degrado delle condizioni di lavoro, dipendenti ricattati. L'allarme di Borelli (Unia): "Intervenga la politica"

BELLINZONA - La MES di Stabio è ormai diventata un simbolo del Ticino che cambia. Azienda industriale di medie dimensioni con 500 dipendenti, nel giro di pochi mesi ha disdetto il Contratto Collettivo, ha tolto la tredicesima, ha abbassato i salari del 17,5%, ha abolito la quinta settimana di vacanza per gli over 50 e ha rivisto le indennità di turno. La forza del franco svizzero sta rendendo difficile la vita alle aziende produttive votate all'export. E la MES non è l'unica azienda che si rifà sui suoi dipendenti. E' di ieri la notizia della decisione della Plastar, del Gruppo Fabbri SA di Muzzano, di ridurre lo stipendio del 15% ai frontalieri e del 5 % ai dipendenti residenti.

Lo scorso novembre Claudia Peter, sindacalista della tedesca IG Metall, ci aveva spiegato che questi fenomeni non sono per nulla sorprendenti in un sistema capitalistico e che si manifestano in quelle realtà, in quei paesi, dove non esistono contratti collettivi di lavoro e dov'è più facile mettere i lavoratori uno contro l'altro.

"Le buone condizioni di lavoro che vigono nelle aziende sono il risultato di un conflitto. I datori di lavoro non sono un ente benefico. Il capitalismo è questo", ci aveva detto. "La compagna ha ragione - ha commentato il segretario dell'Unia Enrico Borelli - anche nella nostra esperienza abbiamo constatato che in quelle aziende in cui erano calpestati i diritti, il conflitto ha portato a un  miglioramento tangibile sia per i lavoratori sia per l'azienda".

Nel passato tra i criteri che distinguevano i paesi evoluti e civili da quelli più arretrati vi era anche la cosiddetta "civiltà del lavoro".  "Oggi a pagare questa involuzione sono sempre e soltanto i lavoratori" - spiega Enrico Borelli che, riferendosi al caso MES, aggiunge: "come può sentirsi oggi il dipendente di un'azienda che in pochi mesi disdice il CCL, toglie la tredicesima, abbassa gli stipendi e toglie la quinta settimana di vacanza ai lavoratori più anziani? E’ ancora dignitoso per la dirigenza di questa azienda restare ancora qui?".

Borelli esprime tutta la sua preoccupazione per un degrado delle condizioni di lavoro che si manifesta in strati sempre più ampi dell'economia ticinese: "La classe politica deve dare al più presto dei segnali fortissimi". Secondo il segretario di Unia in Ticino si sta assistendo a uno scollamento considerevole tra il territorio in cui sono insediate le aziende e il suo sistema sociale ed economico ed urgono provvedimenti, al più presto, prima che sia troppo tardi: "Siamo a un bivio. Bisogna agire subito. Stiamo trasformando questo cantone in un'enclave, abbiamo Campione d'Italia, è già abbastanza. Una società parallela". Il segretario si riferisce al fatto che vi sarebbero sempre più aziende, soprattutto straniere, che si installano in Ticino, assumono personale residente all'estero e pagano stipendi in euro: "Retribuire i lavoratori in euro va contro le regole della libera circolazione perché viola il principio di trattamento paritario tra lavoratori. Inoltre le aziende, se vogliono operare in questo territorio, devono retribuire i propri dipendenti con stipendi che diano la possibilità ai residenti di poter vivere dignitosamente in questo cantone. Facile operare così, sfruttando il differenziale tra franco ed euro, pagare in euro e ricattare i lavoratori. Noi vogliamo un Ticino in cui si difenda il tessuto socio-economico del nostro territorio, in cui le aziende abbiano un rapporto con la società in cui operano e viga il rispetto delle regole del gioco. Perché se continuiamo a permettere alle aziende di fare tutto ciò che vogliono andrà a finire che la possibilità di assumere manodopera residente diventerà ancora più difficile". Borelli intravede il pericolo di entrare in una spirale pericolosa, dannosa per i cittadini che risiedono in Ticino e per le sue istituzioni: "Ricattare i lavoratori e pagarli in euro significa spazzare via la cultura del lavoro. Continuando così non si farà altro che creare una guerra tra poveri e sarà più difficile per i lavoratori far valere i loro diritti. Quando la  dignità viene sistematicamente calpestata, i lavoratori messi in concorrenza e il collega è visto come un concorrente che porta via il posto di lavoro allora sarà più difficile trovare la solidarietà necessaria per fare valere i diritti".

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