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CANTONEDalle botte agli abusi: “151 minori in affido”

07.11.14 - 06:00
Le famiglie affidatarie aprono la propria casa ai giovani in difficoltà
fotolia
Dalle botte agli abusi: “151 minori in affido”
Le famiglie affidatarie aprono la propria casa ai giovani in difficoltà

BELLINZONA - Esistenze fatte a pezzi, esseri umani ai quali la vita ha spezzato le ossa sul nascere. Bambini e ragazzi che nelle proprie famiglie non trovano il calore di un focolare possono però contare su chi le braccia, per accoglierli, le ha spalancate. Affrontiamo il problema con Andrea Milio, responsabile dell’Atfa (Associazione ticinese famiglie affidatarie). "Bisogna prima di tutto dire che esistono due tipi di affido: l’Sos e il Family. Nel primo fanno parte quelle famiglie che accolgono nell’urgenza i allontanati rapidamente dalla propria famiglia e durano dai 3 ai 6 mesi. L’affido Family, invece, è quello a lungo termine".

Fenomeno in aumento - "Con l’Sos, quando abbiamo cominciato, avevamo 9 casi all’anno adesso siamo già a 43. Invece, per quanto riguarda gli affidamenti a lungo termine, i minori collocati nelle nostre famiglie sono 151 (nel 2007 erano 91)".

Le cause dell’impennata - "In primo luogo – sostiene Milio – pensiamo che negli anni siano aumentati i genitori o con disagi psichiatrici o vittime di dipendenze (alcol, droga, etc..). È anche vero che alcuni Servizi sociali sono venuti a conoscenze delle nostre famiglie con il tempo".

Tra abusi e botte - "Le ragioni per le quali viene deciso un affidamento sono i maltrattamenti, la trascuratezza e i sospetti di abuso. Ci sono anche casi in cui bambini molto piccoli sono stati trovati in situazioni critiche".

Adolescenza, età a rischio - "Quasi mai una famiglia si candida per ospitare un ragazzo adolescente. Per fortuna abbiamo due famiglie Sos su dieci che hanno deciso di accogliere questi giovani. Per questo motivo stiamo progettando una casa famiglia per adolescenti. Questi ultimi devono essere infatti sostenuti in una fase della loro vita molto delicata".

Diritto di visita, c’è chi dice “Nì”- "L’affido è nato per permettere alla famiglia affidataria di sostenere il figlio di qualcun altro con l’idea che il minore rientri nella sua famiglia di origine. Organizziamo così, a scadenze regolati, delle visite sorvegliate tra i genitori biologici e i minori”.

Il ritorno alle origine e quel sentimento di “appropriazione” – Il più delle volte il minore non rientra nella famiglia di origine. Ci sono bambini collocati da neonati che sono diventati adulti nella famiglia affidataria. Il rischio che si corre, a volte, è però quello che viene definito “rischio di appropriazione”. Il bambino deve sentirsi parte della famiglia, lo si deve vivere come il proprio figlio ma ricordarsi che… non è il proprio figlio. A volte le nostre famiglie fanno fatica a capirlo ed è per questo motivo che ci sono dei gruppi di aiuto organizzati dall’Atfa. Abbiamo inoltre dei momenti formativi per ricordare che è una situazione temporanea anche se può durare degli anni”.

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