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TICINO / CONFINERistorni, "Svizzeri, vi state tirando la zappa sui piedi"

13.03.12 - 15:53
Il sindaco di Lavena Ponte Tresa spiega perché occorre risolvere la questione prima che si immischi Monti
Foto archivio Ti-Press
Ristorni, "Svizzeri, vi state tirando la zappa sui piedi"
Il sindaco di Lavena Ponte Tresa spiega perché occorre risolvere la questione prima che si immischi Monti

PONTE TRESA – “Altro che ridurre i ristorni, andrebbero aumentati!” È un fiume in piena il sindaco di Lavena Ponte Tresa, Pietro Roncoroni, all’indomani della decisione del Consiglio nazionale elvetico di rinegoziare la percentuale dei ristorni sulle imposte dei frontalieri, che potrebbe scendere dall’attuale 38,8% al 12,5%, come già avviene con l’Austria.

Roncoroni, nato in Svizzera, a Sorengo, non nasconde le critiche al Paese che gli ha dato i natali. “Mi viene da pensare che la Svizzera sia veramente alla canna del gas se ha bisogno dei soldi dei frontalieri per mantenere le dinamiche dell’economia elvetica.”

Alla canna del gas? Sembra l’espressione di chi, dall’altra parte del confine, ha fatto della lotta ai frontalieri il suo cavallo di battaglia. Stesso linguaggio ma a bersagli incrociati? “Guardi, se c’è un inasprimento del dialogo è semplicemente perché i nostri governi, Roma e Berna, non risolvono la questione là dove va risolta. Tra noi uomini di frontiera c’è rispetto, io sono andato in televisione con Bignasca e abbiamo dialogato normalmente. L’unica cosa che mi fa arrabbiare è che si usano questi argomenti per arrivare ad acquisire un consenso politico.”

Attenti all’Europa! - Il problema, secondo Roncoroni, è che se Svizzera e Italia non si accordano un po’ in fretta, potrebbe subentrare l’Europa. Che non guarda in faccia a nessuno, men che meno alle regioni di frontiera. “Adesso Monti vuole coinvolgere l'intera Europa nelle diatribe di confine e io sono molto preoccupato da questo” spiega il sindaco di Lavena Ponte Tresa. “Mettiamo che l'Europa dica che tutti i lavoratori devono pagare le tasse nel paese di residenza: questo scenario sarebbe controproducente per tutti gli attori. Il Ticino non avrebbe più i soldi delle tasse, noi non avremmo più i soldi dei ristorni - anche se lo Stato italiano incasserebbe più soldi - e i frontalieri si vedrebbero raddoppiare le tasse pagate. Tutti e 3 gli attori sarebbero penalizzati. Uno scenario che non è così utopico, anche perché Roma al momento non vede un soldo dei frontalieri, mentre così riceverebbe tutte le tasse dei 54'000 frontalieri. E coi tempi che corrono sarebbero anche contenti di farlo."

“Più soldi per la socialità” - Quindi, anche per il Ticino, il male minore potrebbe essere quello di lasciare la situazione così com’è, secondo Roncoroni. “L'accordo attuale - che è stato siglato quasi 40 anni fa, in un momento in cui il rispetto tra i due stati era forte - era rispettoso degli equilibri tra lavoro e socialità. Ma nella realtà di oggi la socialità pesa sempre di più, per cui se si volesse adeguare l’accordo andrebbero piuttosto aumentati i ristorni per supportare gli accresciuti bisogni di socialità nel paese di residenza dei lavoratori. Non si può arrivare a dire che l'88% delle tasse deve rimanere in territorio straniero. Perché? Allora a quel punto è meglio mettere tutto in busta paga e tassare il lavoratore in Italia. Non si capisce cosa vuole la Svizzera dalle buste-paga dei lavoratori."

L’Austria non c’entra niente - A difesa della tesi ticinese, viene spesso citato il caso dell’Austria…  "È un esempio sbagliato, una situazione non paragonabile” irrompe Roncoroni. “ Tra Austria e Svizzera c'è una migrazione reciproca di lavoratori, che sono in entrambi i casi inferiori alle 10'000 unità. Qui abbiamo una situazione totalmente disequilibrata e non si può pretendere di applicare una dinamica simile. L'analogia va fatta piuttosto con il Canton Ginevra, dove la Francia riceve il doppio di ristorni rispetto a quanto versa il Ticino all'Italia. È fazioso questo tipo di informazione che viene data, sempre andando a cavalcare le informazioni più favorevoli e tralasciando le meno favorevoli."

“In Ticino non ci sono disoccupati” - Roncoroni, però, concorda sul fatto che il continuo aumento di frontalieri possa giustificare un certo protezionismo da parte svizzera. "Sì, credo che possa essere una spiegazione. Ma non mi risulta che l'aumento dei frontalieri abbia causato un aumento della disoccupazione in Ticino. La disoccupazione rimasta è quella che io chiamo "incancrenita", composta da quelli che anche se hanno un posto di lavoro non lavorano. Quindi, non essendoci disoccupazione “vera”, è la legge del mercato che fa venire i frontalieri in Ticino. Quando ci sarà meno lavoro i frontalieri diminuiranno, è tutto lì."

Frontalieri vittime del dumping - Magari la disoccupazione non è esplosa, ma di sicuro è aumentata però la pressione sui salari. "Può darsi” afferma Roncoroni, “ma anche noi siamo dell'idea che il Ticino debba prendere misure contro il dumping salariale. Perché, guarda caso, il lavoratore italiano in Ticino, rispetto ai frontalieri di altre nazionalità che lavorano in altri cantoni, patisce un dumping salariale di gran lunga superiore."

"Introdurre misure contro il dumping vorrebbe dire aumentare la paga prima di tutto ai lavoratori frontalieri. E secondo me l'industria ticinese andrebbe anche ad aumentarli come numero. Non si ricorre ai frontalieri perché costano meno, ma perché portano qualità. Questo è un dato di fatto."

Tempi grami… -E se anche la riduzione dei ristorni diventasse un “dato di fatto”? “I comuni più attenti, come stiamo facendo noi, per prudenza non hanno previsto in bilancio introiti derivanti dal settore dei frontalieri. Ma per noi i ristorni sono una possibilità di sviluppo, senza quei soldi non possiamo promuovere investimenti. Anzi, riusciremmo a malapena a riparare i buchi delle strade e a garantire l'acqua ai nostri concittadini."

 

 

 

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