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LOCARNODall'Italia arriva un pugno nello stomaco. Si chiama Pietro



08.08.10 - 18:26
Presentato al concorso internazionale "Pietro" di Daniele Gaglianone. Un film su chi vive ai margini, sulla solitudine. La critica applaude al regista, e c’è già chi parla di Pardo d’oro
Keystone
Dall'Italia arriva un pugno nello stomaco. Si chiama Pietro


Presentato al concorso internazionale "Pietro" di Daniele Gaglianone. Un film su chi vive ai margini, sulla solitudine. La critica applaude al regista, e c’è già chi parla di Pardo d’oro

LOCARNO – Un pugno nello stomaco. Non c’è altro modo per definire il film “Pietro” di Daniele Gaglianone, presentato oggi al concorso internazionale del Festival di Locarno. E’ uno dei film piu’ belli visti in questa 63esima edizione. Un film sugli ultimi della società, su chi vive ai margini, su chi vive nella solitudine. Insomma sugli invisibili, tanto per usare una definizione presa in prestito dal regista, Una categoria sociale che nella vicina penisola, e non solo, sembra diventare di giorno in giorno sempre più ampia.



Protagonista è Pietro l’attore Pietro Casella, la cui triste esistenza si divide tra un’occupazione precaria e mal pagata  (distribuisce volantini), e una vita privata in cui il fratello Francesco, l’attore Francesco Lattarulo, tossicodipendente e amico di Nikiniki, Fabrizio Nicastro, tenta di coinvolgere i due in loschi affari. Insomma un universo infelice dove Pietro subisce i soprusi di un capo violento, e le offese da parte di un fratello e i suoi compare. 



Un’unico spiraglio di luce sembra arrivare quando Pietro conosce una ragazza, forse più disperata di lui. Ma una sera la presenta agli amici del fratello, e subito la festa  prende una brutta piega.

“Questo film non ha mai trovato vita facile dal punto di vista produttivo” ha raccontato un commosso Daniele  Gaglianone, che ha lanciato diverse frecciate contro il sistema produttivo italiano. “Il progetto risale a 3 anni fa. Stavo attraversando un momento particolare della mia vita. Ero furente con l’ambiente cinematografico (il regista si era visto bloccare la realizzazione di “I mangiatori di Pietre”), avevo quasi pensato di lasciare questo lavoro. Da questa rabbia è nata una storia dura come quella di Pietro”. Un lavoro di 12 giorni, e il film é bello che girato. Un lavoro di gruppo, in cui il regista si è lasciato attorniare da amici e conoscenze, che hanno autoprodotto il film.

“Ho conosciuto molte persone simili a Pietro – ha raccontato il regista – gente ai margini della società, simboli della nostra solitudine. Non è un film sulla società italiana ma una storia di esseri umani”.

Commossi assieme al regista, c’erano anche gli attori Pietro Casella  e Francesco Lattarula. “Abbiamo osservato per giorni  interi i tossicodipendenti Fermi alla stazione del bus a Torino. Guardavamo i loro gesti, comportamenti” hanno raccontato i due attori. “Io, personalmente mi sono ispirato ad un mio amico che ha molto problem psicologici, e ci ho messo dentro anche parecchie mie paure personali” ha evidenziato Casella.

Sal Feo

Foto apertura: Keystone

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