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TicinoInterno di famiglia borghese con Freud

09.08.01 - 08:55
Giornata O.K. ieri in concorso, convince anche «Love the Hard Way», dal romanzo del cinese Pardo d’oro 2000 - Profondo, ricco di tensione, ben recitato «Comment j’ai tué mon père»
Interno di famiglia borghese con Freud
Giornata O.K. ieri in concorso, convince anche «Love the Hard Way», dal romanzo del cinese Pardo d’oro 2000 - Profondo, ricco di tensione, ben recitato «Comment j’ai tué mon père»
  • Marisa Marzelli

    Per una coincidenza, si sono già visti quasi tutti i film francesi in concorso. Il che suggerisce una piccola riflessione. Pur nella diversità tematica e stilistica, senza sottacere errori o discutibili scelte, ci si accorge subito di essere di fronte ad una cinematografia consolidata, a prodotti nati in un contesto cinematografico professionale sotto il profilo tecnico e consistente in tutte le componenti. Insomma, film non appesantiti da certe ingenuità che affliggono spesso opere di altra provenienza, nate in cinematografie di più giovani e di scarsa tradizione. Comment j’ai tué mon père (di produzione franco-spagnola) è uno dei migliori film visti sinora in concorso, solido nella sceneggiatura, ben recitato e capace di creare una tensione psicologica rimarchevole. Siamo nell’alta borghesia parigina, Jean-Luc (Charles Berling) è un medico affermato, ha una clinica dove i ricchi cercano di arrestare la vecchiaia; ha una bella moglie (Natacha Régnier) e un fratello fallito che viene impiegato come autista. Ma improvvisamente si rifà vivo il padre (Michel Bouquet) , un medico che trent’anni prima se n’è andato in Africa, senza dare più notizie di sé. Il figlio rimprovera al padre l’abbandono, quest’ultimo non tenta nemmeno giustificazioni, osserva e senza parlare sembra contrapporre la sua lontana scelta di solidarietà sociale al cinico carrierismo del figlio maggiore. Narrativamente non ci sono azioni spettacolari ma l’arrivo del padre assente obbliga tutti gli altri membri della famiglia a riflettere sulle proprie azioni. Il padre-catalizzatore, presenza estranea e giudice silenzioso, impone agli altri di fare i conti con silenzi e ipocrisie che sino ad allora hanno permesso di fingere un’armonia in realtà fasulla. Con uno scavo psicologico sottile ma continuo e in progressione (il titolo si rifà alla freudiana uccisione del padre, il cui ritorno è però da «genitor prodigo») il film di Anne Fontaine – già premiata a Venezia per Nettoyage à sec – è un ingegnoso viaggio mentale nei più intimi rapporti familiari, una sorta di tutto quello che avreste voluto sapere e non avete mai osato chiedere su ciò che i vostri parenti pensano di voi. Ma se questo è il livello di lettura sotterraneo, in superficie il racconto è un credibile spaccato di vita della buona società, elegante e inquietante come un racconto hitchcockiano, di cui Natacha Régnier sembra una classica eroina bionda in pericolo.

    Tra il cinese Pardo d’oro e «Cuore selvaggio»

    Strano il mondo del cinema. Il regista tedesco Peter Sehr (ha studiato materie scientifiche prima a Zurigo e poi a Oxford) ha tratto il suo Love the Hard Way dal romanzo Fuoco e ghiaccio dello scrittore cinese Wang Shuo, vincitore l’anno scorso a Locarno del Pardo d’oro con il suo primo film Baba. Ma Love the Hard Way (produzione statunitense-tedesca) si presenta come una storia americana, ambientata a New York e interpretata da attori famosi come Adrien Brody (La sottile linea rossa, Bread and Roses) e Pam Grier. Una storia di amour fou tra una studentessa perbene e un piccolo malavitoso che campa di truffe ma sogna di diventare scrittore. E c’è un’altra nota curiosa: il regista e cosceneggiatore Peter Sehr ha discusso a lungo della possibilità di ambientazione americana con lo scrittore e sceneggiatore Barry Gifford, anche lui a Locarno in questi giorni (cfr. intervista del CdT. del 7 agosto), tra l’altro sceneggiatore di film di David Lynch e autore del libro dal quale è tratto il film Cuore selvaggio. Quest’ultima informazione spiega perché Adrien Brody indossi una giacca di pelle di serpente come Nicolas Cage nel film di Lynch. Love the Hard Way, che può ambire anche ad un buon successo commerciale, si può leggere anche come una riflessione-omaggio alla letteratura americana su tipi sregolati, alla Bukovski o alla Hemingway.

    Corriere del Ticino del 9 agosto 2001

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