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TicinoComment j’ai tué mon père: eccellente cast per un tormentato rapporto tra padre-figlio

08.08.01 - 16:21
Atmosfere stilizzate in una sceneggiatura vuota di sentimentalismi per il nuovo film di Anne Fontaine presente nel Concorso Internazionale.
Comment j’ai tué mon père: eccellente cast per un tormentato rapporto tra padre-figlio
Atmosfere stilizzate in una sceneggiatura vuota di sentimentalismi per il nuovo film di Anne Fontaine presente nel Concorso Internazionale.
È uno dei film francesi più riusciti tra quelli presentati nel concorso internazionale. Una bella sceneggiatura stilizzata con quella classicità che nobilita i lavori della regista francese Anne Fontaine. La storia si muove sul filo sospeso della tragedia. Un ricco medico gerontologo, appagato nella vita e nella professione, si vede arrivare improvvisamente in casa durante una festa il padre, anche lui medico, che era partito trent’anni prima in Africa e di cui si pensava fosse morto. L’arrivo dell’uomo coglie tutti impreparati e lentamente inizia a sgretolarsi quel mondo ovattato che il protagonista, Jean Luc, aveva costruito attorno a sé e i cui protagonisti sono un fratello che usa come facchino e una moglie convinta di non potere avere figli. Lo sguardo cinico del padre, un bravissimo Michel Bouquet, scruta, e nella sua tagliente analisi “arriva fino all’osso”, come gli rinfaccerà in seguito il figlio. Nel periodo di permanenza nella ricca casa di Jean Luc, il padre è una sorta di luce che aprirà gli occhi ai manichini che ruotano attorno al figlio: la moglie scoprirà che il marito l’ha sempre mentita circa la sua impossibilità di avere figli, e il fratello minore di Jean Luc si ribellerà alla sua situazione parassitaria per tentare di camminare con le proprie gambe.

Una sorta di atmosfera da tragedia incombente domina su tutto il film. La regista è stata molto abile nel ricreare un ambiente asettico, clinicamente freddo. Dal momento in cui il padre ritorna nella vita del figlio dopo trent’anni, si sviluppa un crescendo di tensione che porta allo scontro fisico tra i due. Un film che non annoia ma inchioda lo spettatore allo schermo in attesa che il dualismo padre-figlio sfoci in un dramma finale che avviene però solo in parte. L’intera tragedia si evolve sul non detto, attraverso una interiorizzazione di sentimenti violenti che solo grazie al padre, chiave di volta dell’intera vicenda, vengono esteriorizzati. Eccellente il cast, formato da attori francesi non famosissimi presso le nostre latitudini. Spicca tra tutti il protagonista, Michel Bouquet, che con il suo sorriso enigmatico diventa il motore del tormentato rapporto tra padre e figlio, la bellezza della giovane Natacha Regnier già vista in “La vita sognata degli angeli”.
Di Sal Feo

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