08 ago 2008 - 09:58 Aggiornamento 17 nov 2014 - 04:35 0
Solitudini in avvio di concorso
di Ugo Brusaporco
Il Concorso di questo Festival numero 61 si è aperto con due film importanti, capaci di leggere il nostro tempo e di provocare le coscienze: il messicano Parque via del giovane Enrique Rivero e Sonbahar ( Autunno) di un altro giovane, il turco Özcan Alper.
Girati in due mondi lontani i due film sono accomunati dal fatto che potevano benissimo essere documentari, duri ed efficaci, e che si interrogano sul nostro tempo mettendo in evidenza storie che appartengono al nostro quotidiano.
Alla base del film di Enrique Rivero c’è la sua conoscenza con “Beto” ovvero Norberto Coria, un vecchio «indio» che fa il custode in una ricca casa di Città del Messico in attesa che sia venduta. La sua vita solitaria, segnata dai tempi delle violente notizie della tv (assassini, stupri, eccetera) è già di per sé un tema interessante. Ma il regista lo drammatizza di più aggiungendo un omicidio. Beto si autoaccusa di aver assassinato la vecchia proprietaria della casa dopo che questa l’ha venduta. Il tutto per guadagnarsi la serenità di una cella carceraria. Simile in questo al grande Totò di Viva la libertà, capolavoro di Rossellini. Qui non c’è commedia, c’è il confronto di un essere solo, che riempie la sua solitudine con la televisione, che lo abbruttisce. Nel film, Beto interpreta se stesso, mentre la padrona, Nancy Orozco, è nella realtà la madre del regista.
Ben girato, senza nessuna concessione allo spettacolo fine a se stesso, il film merita gli applausi che ha ricevuto. In una terra dimenticata, in Turchia, sul Mar Nero, ai confini con la Georgia, ci porta invece Özcan Alper, per dire di un ex studente che esce dal carcere, dove era stato imprigionato per una rivolta studentesca, dopo 10 anni e solo perchè lo scoprono con i polmoni malati in modo inguaribile. Torna così nel suo paese tra le montagne, scopre che il padre è morto e che la madre, socialista a capo del villaggio (l’unico villaggio socialista in Turchia), è invecchiata troppo e sta male. Scopre che gli amici con cui divideva gli ideali sono tutti sposati e tranquilli.
Incontra una giovane madre georgiana che ha attraversato il confine per prostituirsi. Si innamorano nella loro disperazione e riescono a dirselo dopo aver visto alla tv Lo zio Vania di Cechov. Ma non sanno aspettarsi, hanno troppa fretta di fuggire, da loro stessi prima di tutto.
Il film durissimo mette in scena l’Autunno del nostro tempo, delle illusioni finite, dei fondamentalismi religiosi islamici, cristiani e cattolici, che si combattono facendo dimenticare agli uomini il senso vero del loro vivere insieme. Film difficile, con qualche incertezza tipica di un’opera prima ambiziosa, giustamente e necessariamente ambiziosa e vera.