BELLINZONA - Lo scorso 9 agosto, i servizi competenti del Dipartimento della sanità e della socialità (Divisione dell’azione sociale e Ufficio del sostegno sociale e dell’inserimento) hanno fatto il punto, con il direttore dei Centri d’accoglienza per richiedenti l’asilo della Croce Rossa, sull’andamento degli arrivi, delle partenze, delle presenze di richiedenti l’asilo, della capacità d’accoglienza disponibile e del suo tasso di utilizzazione, dei costi, dei ricavi, dei rischi di disavanzo finanziario.
Nonostante la chiusura di due Centri nella città di Lugano (via Tesserete e Via del Tiglio) nonché del minore dei due Centri di Bellinzona e, prima, di quelli di Claro, Capolago e Olivone, non si potrà evitare, quest’anno, un certo disavanzo finanziario nella gestione complessiva dei Centri d’accoglienza per richiedenti l’asilo.
Per evitare che la situazione deficitaria perduri anche nel 2006 e per riportare la capacità disponibile al bisogno effettivo (mantenendo un margine di sicurezza), tenuto conto del tempo di preavviso necessario per la disdetta del contratto d’affitto di un Centro, il Dipartimento della sanità e della socialità, d’intesa con il Dipartimento delle Istituzioni, ha invitato la Croce Rossa a inoltrare tempestivamente la disdetta per la chiusura di un altro centro di media grandezza.
La scelta è caduta sul Centro di Canobbio, un centro di media dimensione – più piccolo di quelli di Chiasso, Paradiso, Lugano Besso, Cadro – che dispone di 65 posti utilizzabili, di cui solo 46 sono ora occupati. I 46 ospiti sono facilmente trasferibili in altri Centri con posti disponibili, a costi inferiori.
La chiusura di Canobbio permette un risparmio importante nel 2006 sui costi d’affitto e sulle spese, che dovrebbe scongiurare il rischio di nuovi disavanzi finanziari. Per ora, il personale occupato a Canobbio (un responsabile a metà tempo, un operatore sociale al 70% e un intendente al 50%) possono essere ricollocati nei centri rimanenti, almeno fino al momento in cui un’ulteriore drastico calo degli ospiti dovesse rendere inevitabile un’ulteriore riduzione del personale dopo quelle già attuate nel 2003 e nel 2004.