«Per l'adesione a Schengen i tiratori erano dalla parte del Governo. Adesso però non ci resta che il referendum: senza armi non possiamo sparare»
BERNA - Vietando ai privati cittadini di possedere armi da fuoco, la direttiva UE sulle armi condurrà a un disarmo progressivo in Svizzera. È quanto sostiene il comitato referendario che si oppone alla revisione parziale della legge in votazione il prossimo 19 maggio. Gli oppositori se la sono presa anche con la consigliera federale Karin Keller-Sutter rea, a loro avviso, di diffondere menzogne per rassicurare la popolazione.
Il comitato denominato "No al diktat dell'UE che ci disarma" ha presentato oggi a Berna gli argomenti contrari alla modifica della legge sulle armi. Essa si prefigge di limitare la diffusione di quelle semiautomatiche, come richiesto dalla Direttiva dell'Unione europea, in seguito agli attentati terroristici di Parigi.
Le modifiche per la Svizzera - Dieci giorni fa la responsabile del Dipartimento di giustizia e polizia aveva dichiarato ai media che la Svizzera è riuscita a mitigare alcuni aspetti della direttiva e a preservare alcune sue peculiarità legate alle armi in quanto Stato membro di Schengen.
Secondo Karin Keller-Sutter, nell'attuazione il Consiglio federale e il Parlamento hanno sfruttato il margine di manovra concesso dalla direttiva salvaguardando in questo modo la tradizione svizzera del tiro.
Questi argomenti non hanno però convinto il comitato referendario. Oltre l'80% delle armi utilizzate da chi pratica il tiro sportivo saranno immediatamente vietate se la revisione fosse approvata in votazione, ha spiegato oggi in una conferenza stampa a Berna Olivia de Weck, vicepresidente di ProTell, associazione che rappresenta gli interessi di cacciatori, tiratori e collezionisti di armi.
A suo avviso, le armi normalmente in commercio verranno proibite, malgrado tutte le promesse di autorizzazioni eccezionali. Secondo Olivia de Weck, il diritto di detenere armi è di importanza fondamentale per garantire la libertà individuale.
Più nessuna arma sarà disponibile per talune discipline, le ha fatto eco il consigliere nazionale Werner Salzmann (UDC/BE) co-presidente del comitato referendario. Inoltre, il democentrista bernese deplora il giro di vite che sarà applicato ogni cinque anni e che potrebbe portare a un divieto assoluto della detenzione di armi semi-automatiche, senza eccezione alcuna.
Clausola del bisogno - La revisione della legge introduce pure una clausola del bisogno, secondo la quale il possesso di un'arma diventa un privilegio. Tuttavia il popolo aveva bocciato questa clausola nel 2011 respingendo l'Iniziativa per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi, ha spiegato Luca Filippini, presidente della Comunità di interessi del tiro svizzero (CIT), che riunisce 14 organizzazioni del settore.
Si tratta di un voltafaccia opportunistico del Consiglio federale e del Parlamento, deplorano gli iniziativisti. «Per l'adesione a Schengen i tiratori erano dalla parte del Governo. Adesso però non ci resta che il referendum: senza armi non possiamo sparare», ha sottolineato Luca Filippini.
La modifica della legge non servirà affatto in materia di lotta anti-terrorismo, ha aggiunto Werner Salzmann. Non v'è alcun adeguamento tra gli inasprimenti che essa contiene e l'obiettivo ricercato in materia di sicurezza. Secondo il democentrista, nessun attentato compiuto in Europa è stato commesso con armi legali.
Altro argomento avanzato dagli oppositori: la revisione parziale della legge genererà ulteriore burocrazia. A loro avviso, la polizia sarà sviata dai suoi compiti di sicurezza sul terreno, comprese le misure di lotta contro il terrorismo. I controlli effettuati oggi sono già sufficienti e opportuni, ha testimoniato Tobias Dillier, funzionario di polizia del canton Obvaldo.
Gli oppositori hanno pure respinto al mittente l'accusa di rimettere in discussione la partecipazione della Svizzera a Schengen-Dublino, in caso di no. A loro avviso, è semmai il Consiglio federale a sviare l'attenzione sulla vera posta in gioco della modifica della legge.