I membri di Amnesty Svizzera hanno adottato una risoluzione, invitando gli elettori a respingere il testo
BERNA - I membri di Amnesty Svizzera, riuniti oggi in assemblea a Berna, hanno invitato a difendere il sistema europeo di protezione dei diritti umani. Esortano anche gli elettori a respingere chiaramente l'iniziativa dell'UDC "Il diritto svizzero anziché giudici stranieri".
I membri della sezione elvetica di Amnesty International (AI) hanno adottato una risoluzione contro questa iniziativa, che dovrebbe essere sottoposta in votazione il prossimo 28 novembre. Secondo l'ONG, «essa rappresenta una minaccia ai diritti umani».
Se fosse adottato, il testo potrebbe avere quale conseguenza un ritiro della Svizzera dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) e un indebolimento della protezione dei diritti umani, si legge in una nota odierna di Amnesty.
La CEDU, una linea rossa - L'iniziativa detta "dei giudici stranieri" interviene in un momento in cui le crisi dei diritti umani in Paesi come la Russia o la Turchia dimostrano la necessità di una protezione europea comune di questi diritti, precisa la risoluzione.
«Laddove i governi autoritari limitano le libertà e i diritti del loro popolo, la CEDU rappresenta una linea rossa il cui superamento avrebbe gravi conseguenze», si legge nel testo.
Avvertimenti dalla Russia - Nel corso di una tavola rotonda pubblica alla quale hanno assistito 300 militanti, Sergei Nikitin, ex direttore di Amnesty Russia, ha dipinto un quadro cupo della situazione dei diritti umani nel suo Paese.
«Il mio Paese ha poco rispetto per i diritti umani. Il Cremlino utilizza questo termine solo se può trarne vantaggio, in particolare per condannare l'Occidente. La maggior parte delle persone ignorano le violazioni dei diritti umani o le giustificano sulla base della propaganda di Stato», ha dichiarato Nikitin.
«Speriamo che la Svizzera (...) manderà un segnale chiaro in difesa della CEDU e dei diritti umani in Europa al momento del voto popolare», ha aggiunto.
E dalla Turchia - Dal canto suo Idil Eser, direttrice della sezione turca di Amnesty International, ha descritto le misure di rappresaglia con cui, dopo il fallito colpo di Stato del luglio 2016, il governo tenta di soffocare la società civile turca.
«Con il pretesto dello stato di emergenza, le autorità turche hanno di fatto avviato un progetto di smantellamento della società civile, di detenzione dei giornalisti e dei difensori dei diritti umani, e di chiusura delle ONG. La conseguenza è un clima di paura», ha concluso la Elser, lei stessa incarcerata per tre mesi nel 2017 in seguito all'accusa di terrorismo.