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SVIZZERASwissness, non piace il pacchetto di ordinanze

16.10.14 - 17:25
Swissness, non piace il pacchetto di ordinanze

BERNA - Troppo complicato, non abbastanza chiaro: alle piccole e medie imprese (PMI) e all'industria alimentare piace poco il pacchetto di ordinanze "Swissness" volto a migliorare la protezione delle denominazione "Svizzera" e della croce svizzera. Decisamente contrari invece gli agricoltori delle "zone franche" confinanti con la Confederazione, e dei cantoni di Ginevra e Vaud, secondo cui il progetto, posto il consultazione sino a domani, minaccia la collaborazione transfrontaliera.

Diverse decine di aziende agricole francesi dei Dipartimenti dell'Ain e dell'Alta Savoia commerciano da tempo con i cantoni svizzeri. I loro prodotti, in particolare quelli lattiero-caseari, hanno goduto finora di un trattamento privilegiato alla dogana. Oggi, in una conferenza stampa a Viry (F), eletti e agricoltori dei dipartimenti francesi d'oltre confine hanno espresso preoccupazione sulle conseguenze del progetto per le loro aziende.

Nel pacchetto di ordinanze, la Confederazione non ha infatti tenuto conto delle "zone franche" con ripercussioni "molto negative" per i contadini interessati. Le Latterie riunite di Ginevra, che raccolgono latte francese, ginevrino e vodese parlano senza mezzi termini di "forte rischio di fallimento". Circa 400 impieghi sarebbero in pericolo. Da qui la richiesta all'amministrazione federale di aggiungere le "zone franche" nell'articolo dedicato alle eccezioni.

Revisione "completa" - Dal canto loro, le PMI vogliono un'attuazione "semplificata e più chiara" della legislazione. L'Unione delle arti e mestieri (Usam) chiede che le aziende più piccole possano applicarla in modo prudente. La Federazione delle industrie alimentari svizzere (Fial) esige invece una revisione "completa" del progetto, "in collaborazione con le aziende che dovranno applicare la legislazione". A suo avviso, diversi aspetti del testo sarebbero "impraticabili".

La Federazione romanda dei consumatori (FRC) è a sua volta poco convinta dal progetto di ordinanze, ma per altri motivi. La FRC deplora "l'assenza di controllo e di sanzioni in caso di abuso" del marchio "Made in Switzerland" sulle derrate alimentari, il che svuota il testo della sua sostanza.

"Sì, ma..." dal settore orologiero - Il settore orologiero accoglie favorevolmente il progetto che deve rafforzare la "credibilità svizzera sul piano internazionale". Ma la Federazione dell'industria orologiera svizzera teme che la regolamentazione sia "troppo pesante ed esigente" o addirittura "irrealistica": ad esempio quando si vogliono applicare principi del settore agricolo a quelli "altamente industrializzati".

Le piccole e medie imprese orologiere sono preoccupate soprattutto dal nuovo tasso di "svizzeritudine" richiesto, salito dall'attuale 50% al 60%, sottolinea il responsabile della comunità di interessi Swiss Made, Ronnie Bernheim, che rappresenta circa 30 società del settore. Ciò significa che almeno il 60% dei costi globali dovrà essere generato in Svizzera. Tale soglia comprende i costi di fabbricazione e di assemblaggio, nonché quelli per la ricerca e lo sviluppo. Ma la Svizzera manca di fornitori di componenti, deplora Bernheim.

"Negoziati interminabili" - Dal canto suo, l'Unione svizzera dei contadini (USC) è globalmente soddisfatta del progetto. Secondo l'USC, il valore di "Swissness" è stimato in 400-800 milioni di franchi. Tuttavia l'organizzazione vorrebbe che l'acqua non sia inclusa nel calcolo della quota minima di materie prime svizzere. Altrimenti, un succo di mele a base di concentrato estero potrebbe ottenere il marchio protetto grazie a un'aggiunta di acqua minerale svizzera.

I produttori di latte, infine, accolgono positivamente le proposte della Confederazione, ma chiedono un'applicazione "rapida": a loro avviso, visto che il Parlamento ha adottato la legislazione nel giugno del 2013 dopo "negoziati interminabili", non v'è motivo di attendere ancora. Secondo l'organizzazione, l'entrata in vigore fissata ad inizio gennaio 2016, lascia il tempo necessario per adattarsi alla nuova legislazione.

Ats

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