Chi non interrompe le relazioni commerciali con l'Iran incorrerà in sanzioni: l'industria orologiera e dei medicinali pesantemente colpita dalla decisione di Trump
BERNA - Abbiamo atteso l'annuncio un po' annoiati, come fosse qualcosa che in fondo non ci riguardasse; giusto per essere informati, sapere che cosa Donald Trump avrebbe deciso riguardo all'Iran e gli accordi per il nucleare. Eppure, il dietrofront e le sanzioni economiche imposte al Paese mediorientale sono tutt'altro che insignificanti per la Svizzera e l'industria elvetica.
L'ambasciata a Berna l'ha confermato ieri sulla SonntagsZeitung: le aziende che fanno affari con l'Iran avranno dai tre ai sei mesi di tempo per interrompere i rapporti commerciali. Altrimenti, incorreranno in multe e verranno escluse dalle transazioni in dollari.
Un grosso guaio soprattutto per le case farmaceutiche che non forniscono farmaci essenziali all'Iran, dove si colloca circa la metà delle esportazioni del settore. Parecchio penalizzata anche l'industria orologiera, protagonista nel 2016 del viaggio a Teheran del consigliere federale Johann Schneider-Ammann.
Il giro d'affari ammonta a 530 milioni di franchi: tale il valore della merce esportata in Iran nel 2017. È vero i 96 milioni di franchi nel primo trimestre 2018 sono ben poca cosa al confronto con i 57,3 miliardi diretti negli Stati Uniti. Ma, più che ai numeri, si guarda al potenziale: e l'Iran è un territorio che, con i suoi 80 milioni di abitanti e un'economia in sviluppo rapido, è carico di promesse.
Alle aziende svizzere dunque la scelta: indispettire gli Usa o lasciare Teheran? Una terza via potrebbe venire dall'Europa: i ministri delle finanze di Francia e Germania hanno lanciato un appello affinché l'Europa si unisca domandare deroghe ai provvedimenti. La Confederazione potrebbe accodarsi; oppure intervenire direttamente presso la Casa Bianca, come diversi schieramenti hanno già sollecitato il governo a fare.