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SVIZZERARespinto il ricorso del poliziotto federale che aveva denunciato delle magagne

03.06.19 - 12:00
Per il TPF Fedpol e la polizia del cantone di residenza avevano il diritto di intervenire al domicilio del ricorrente e di sequestrarne le armi
Tipress
Respinto il ricorso del poliziotto federale che aveva denunciato delle magagne
Per il TPF Fedpol e la polizia del cantone di residenza avevano il diritto di intervenire al domicilio del ricorrente e di sequestrarne le armi

BELLINZONA - Perquisito e poi licenziato per aver denunciato, in modo poco ortodosso, presunte disfunzioni interne all'Ufficio federale di polizia (Fedpol), un funzionario aveva querelato i suoi superiori per abuso di autorità. Ma il Ministero pubblico della Confederazione non era entrato in materia. Anche il Tribunale penale federale (TPF) ha ora respinto il suo ricorso.

L'uomo era da anni capo del Servizio di coordinazione per la lotta contro la criminalità su Internet (SCOCI, o KOBIK nella sigla tedesca), una sezione di Fedpol. Il 1° marzo 2018 egli aveva inviato per mail una lettera di dimissioni, accompagnata da allegati contenenti anche pornografia infantile (oggetto delle indagini dello SCOCI), rappresentazioni di violenza e diverse affermazioni diffamatorie riguardanti altri funzionari dell'ufficio federale.

In un rapporto di 140 pagine, secondo il quindicinale "Beobachter" che lo ha inserito tra i candidati al suo "Prix Courage" 2018, egli sosteneva di essere stato intralciato nel suo lavoro e che l'organismo di lotta alla cibercriminalità, a causa di competenze non chiare, ristrutturazioni interne e dipendenti frustrati era da mesi più o meno incapace di agire.

Secondo la sentenza pubblicata oggi dal TPF, la mail era stata inviata in copia a tutti i dipendenti di Fedpol, alla titolare del Dipartimento federale di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga come pure a tre persone esterne all'Amministrazione federale, membri di un comitato di vigilanza sullo SCOCI.

In un articolo pubblicato il 4 marzo 2018 anche il "SonntagsBlick" scriveva di essere in possesso dei documenti, ma non è stato chiarito chi abbia informato i suoi giornalisti. In uno degli allegati figuravano anche nomi e cognomi di tutti gli inquirenti sotto copertura dello SCOCI.

La mail in questione è stata il punto culminante di un conflitto che opponeva da tempo il capo dello SCOCI a una parte dell'Ufficio federale di polizia. Il funzionario aveva già scritto a più riprese alla sua direttrice Nicoletta Della Valle per rimettere in questione decisioni e criticare colleghi.

Fedpol ha reagito lo stesso giorno allertando il Servizio federale di sicurezza e il cantone di domicilio dell'uomo (Friburgo secondo il "Blick", che lo ha definito un "whistleblower"). Casa sua è stata perquisita e gli sono stati sequestrati l'arma di servizio e quelle personali.

Il 15 marzo, Fedpol lo ha denunciato per rappresentazione di atti di cruda violenza, pornografia e violazione del segreto d'ufficio e il 21 marzo lo ha licenziato con effetto immediato (misura che l'interessato ha contestato con un ricorso al Tribunale amministrativo federale). L'inchiesta avviata dal Ministero pubblico della Confederazione (MPC) è stata da questo archiviata nel settembre 2018, ritenendo che tali reati non sussistessero. L'MPC ha nel contempo disposto la restituzione di tutti gli oggetti e documenti sequestrati.

Lo scorso gennaio, l'ex funzionario ha presentato a sua volta una denuncia per abuso di autorità contro i dirigenti di Fedpol. In febbraio, l'MPC ha emesso una decisione di non entrata in materia contro la quale l'ex funzionario ha presentato ricorso al TPF.

Nella sentenza pubblicata oggi, la Corte dei reclami penali del tribunale con sede a Bellinzona respinge il ricorso. Essa rileva che il ricorrente non espone in quale misura egli risulti danneggiato dall'asserita lacunosa protezione dei dati da lui rimproverata a Fedpol. E aggiunge che non è il caso di entrare in materia su comportamenti delle autorità che sono ammessi, anzi indicati in talune circostanze.

Per i giudici di Bellinzona, Fedpol e la polizia del cantone di residenza avevano il diritto di intervenire al domicilio del ricorrente e di sequestrarne le armi. Da mesi, infatti, nelle mail inviate a volte giornalmente e perfino più volte al giorno per denunciare asserite magagne interne minacciava "di portare a una resa dei conti in un modo o nell'altro i collaboratori che hanno finora intrigato".

Il TPF giudica inoltre che non vi sono dubbi sulla competenza di Fedpol per ordinare l'intervento. Questa autorità - afferma - temeva che il dipendente detenesse documenti confidenziali al proprio domicilio. E che potesse attentare alla propria vita o a quella di altre persone dopo le minacce proferite.

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