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LUCERNAVoleva uccidere un'assistente sociale, non andrà in carcere

10.05.19 - 00:00
Nel 2017 l'uomo si era recato presso l'ufficio con un coltello. Il Tribunale lo ha condannato a 10 aliquote da 10 franchi e ha disposto una misura terapeutica "stazionaria"
Tipress (archivio)
Il Tribunale penale locale lo ha condannato solo per infrazione della legge sulle armi.
Il Tribunale penale locale lo ha condannato solo per infrazione della legge sulle armi.
Voleva uccidere un'assistente sociale, non andrà in carcere
Nel 2017 l'uomo si era recato presso l'ufficio con un coltello. Il Tribunale lo ha condannato a 10 aliquote da 10 franchi e ha disposto una misura terapeutica "stazionaria"

LUCERNA - Niente carcere per un uomo che una mattina di febbraio del 2017, convocato a Lucerna all'ufficio dell'assistenza sociale, della quale beneficiava da anni, vi si era recato con un coltello con l'intenzione di uccidere una assistente sociale, ma non era passato all'atto. Il Tribunale penale locale lo ha condannato solo a una pena pecuniaria di 10 aliquote giornaliere da 10 franchi per infrazione della legge sulle armi. E ha disposto una misura terapeutica "stazionaria".

Secondo quanto si apprende dal dispositivo della sentenza pubblicato oggi, il tribunale ha ritenuto il 34enne svizzero colpevole di atti preparatori punibili. Ma l'articolo 260bis del codice penale dice che «chi spontaneamente desiste dal consumare un atto preparatorio iniziato è esente da pena».

In aula l'imputato ha detto di essere stato tiranneggiato per anni dall'ufficio della assistenza. In occasione della sua visita temeva che gli fosse di nuovo sospeso l'aiuto sociale (era già successo più volte per asserita mancata cooperazione) o di perdere l'appartamento in cui viveva. «Speravo di finire in prigione. Lì avrei avuto un tetto sopra la testa e sarebbero anche finiti i problemi con l'assistente sociale». Per questo si era recato all'appuntamento con un coltello a farfalla, proibito dalla legge sulle armi.

Egli ha pure ammesso di aver rimuginato l'idea di accoltellare la donna alla gola, immaginandosi anche come sarebbe successo. Nello stesso tempo sapeva tuttavia che era sbagliato, e per questo non è giunto a compiere l'atto. Lasciato l'ufficio dell'assistenza è andato a raccontare tutto e a consegnare il coltello alla polizia, che lo ha arrestato.

Il pubblico ministero chiedeva una pena di sei anni e mezzo di carcere con l'accusa di tentato omicidio intenzionale o tentato assassinio. L'uomo, ha sostenuto, era entrato nell'ufficio con il coltello. Inoltre aveva pianificato e preparato l'uccisione della donna, facendo tra l'altro ricerche sull'ammontare della pena per lesioni, omicidio e assassinio, e aveva addirittura impacchettato abiti di ricambio per quando sarebbe finito in prigione. Il fatto che non sia passato all'atto - ha sostenuto - si deve attribuire solo all'inattesa presenza di una praticante al colloquio.

Il difensore ha invece definito quanto avvenuto un "grido d'aiuto": «fatto è che l'imputato non ha commesso l'atto» e ha mostrato di aver avuto scrupoli. L'avvocato ha dunque chiesto il proscioglimento dall'accusa di tentato omicidio o assassinio.

Il tribunale lo ha seguito in questo e ha esentato l'imputato da una pena per gli atti preparatori, avendo egli spontaneamente desistito dal passare all'azione. Oltre ai 100 franchi di pena pecuniaria per il coltello vietato l'uomo dovrà anche partecipare alle spese giudiziarie. La misura terapeutica stazionaria, chiesta anche dal pubblico ministero, è già stata posta in atto anticipatamente da fine 2017: il 34enne è ricoverato in una clinica psichiatrica dove dice di sentirsi ben custodito. Secondo una perizia soffre di un disturbo della personalità.

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